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Pino Daniele – Il tempo resterà

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VOTO: 6.5

Tutti a bordo

19 marzo 2017, Teatro San Carlo di Napoli. Quale data e quale cornice migliore se non queste per l’anteprima di Pino Daniele – Il tempo resterà, il documentario che Giorgio Verdelli ha realizzato per rendere omaggio al compianto e indimenticabile cantautore e musicista partenopeo a due anni dalla sua scomparsa. Nelle sale con Nexo Digital dal 20 al 22 marzo (con una parentesi festivaliera nel programma della 15esima edizione del Busto Arsizio Film Festival), il film avrà il suo battesimo di fuoco proprio nella città natale, nel giorno del compleanno di Daniele, il sessantaduesimo per la precisione.
Come avrete notato dall’introduzione non ci piace parlare di Pino Daniele al passato, perché lui e soprattutto la sua musica sono, e continuano ad essere, presenti nei luoghi, nella memoria e nelle parole di chi lo ha conosciuto, ma anche di tutti coloro, noi compresi, che hanno fatto proprie le canzoni della sua straordinaria discografia. In tal senso, il titolo dell’opera ci sembra calzare a pennello, rispecchiando in pieno le intenzioni e il modus operandi con i quali Verdelli ha cucito i fili della narrazione. Il tempo al quale si riferisce ha dunque un doppio significato: da una parte il ritmo, dall’altro lo scorrere inarrestabile delle lancette dell’orologio.
In Pino Daniele – Il tempo resterà è la discografia il punto di partenza dal quale il regista prende il via per provare a mettere insieme tutti i pezzi (o gran parte di essi) della vita e della carriera dell’artista napoletano. Per farlo, quelle pochissime volte che è possibile, l’autore mescola senza soluzione di continuità la sfera privata con quella pubblica, anche se a conti fatti la prima viene nella stragrande maggioranza dei casi bypassata per lasciare più spazio alla seconda. La totale assenza dei familiari e degli affetti all’interno della nutrita schiera di intervistati, che comprende colleghi, amici, fan e addetti ai lavori, ne è la riprova. Una scelta ben precisa, questa, che se da una parte consegna alla platea una linea drammaturgica ben precisa al racconto, dall’altra non consente al potenziale spettatore di entrare in contatto con l’altra faccia della medaglia, ossia quella dell’uomo. Gli aspetti più intimi della vita, se non in rarissimi passaggi, non trovano spazio nella timeline, probabilmente per volontà degli stessi familiari e di una scelta ben precisa portata avanti dall’autore. Di conseguenza, quella firmata da Verdelli non può e non deve essere considerata come una biografia a tutto tondo, piuttosto un ritratto parziale che focalizza l’attenzione sul Pino Daniele artista, ma anche sul suo modo unico di vivere e concepire la musica. Il tutto si respira a pieni polmoni dal primo all’ultimo fotogramma utile, quelli che vanno a comporre i 105 minuti del documentario. Alla fine della visione non potrete dire di aver conosciuto o scoperto l’uomo, ma la grandezza e la bellezza di ciò che ha lasciato musicalmente parlando si.
Pino Daniele – Il tempo resterà non è il classico biopic, ma un viaggio fisico ed emozionale attraverso i testi e le note che dagli anni Settanta al 2014 ci ha regalato, molti dei quali sono e continueranno a risuonare nelle orecchie, nelle case e per le strade di Napoli e non solo (la stessa linea seguita da Giuseppe Sansonna nel suo Pino Daniele e il Naples Power). Il capoluogo campano è di fatto il co-protagonista del film, non solo lo sfondo dove Verdelli torna con la macchina da presa per raccogliere testimonianze e immagini. Una scelta praticamente obbligata, imprescindibile, vista l’appartenenza di Daniele a quella terra, anche se non viene fatto il minimo accenno ai motivi che portarono il cantautore a lasciare Napoli a favore della Capitale. Un tasto dolente al quale si è scelto di non fare riferimento, ma non sta a noi muovere una critica a riguardo. Si tratta di scelte, aspetti privati e dinamiche nel quale preferiamo non entrare. Quest’ultimi sono stati epurati in maniera funzionale e sulla base di un progetto che ha puntato sin dalla fase di scrittura su altro.
La pellicola si trasforma in un viaggio con e attraverso la musica di Pino Daniele, che fa le sue tappe principali tra le strade, i tetti, le piazze e i vicoli di Napoli. Sono le canzoni il leit motiv che accompagna queste tappe a piedi e a bordo di un autobus di linea sul quale salgono alcuni collaboratori storici di Pino Daniele (da James Senese a Tullio De Piscopo), molto di più delle interviste raccolte e assemblate, troppe e alcune delle quali evitabili. Attraverso questo tour, il fruitore di turno avrà l’opportunità di rivivere sul grande schermo il percorso professionale dagli anni ’70 agli ultimi concerti di questo grande artista che ha rivoluzionato e profondamente segnato tanta parte della musica italiana. Come? La risposta per chi non lo sapesse è racchiusa molto bene nel film. Un viaggio spazio-temporale che mette insieme presente e passato attraverso un mix riuscito di materiali appositamente realizzati e di preziosi filmati di repertorio (concerti, incontri, prove e interviste allo stesso protagonista), in gran parte inediti. Questo fa di Pino Daniele – Il tempo resterà un documento importante da vedere e rivedere, tutte le volte che la nostalgia per la mancanza di Daniele si farà sentire.

Francesco Del Grosso

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