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Pets – Vita da animali

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VOTO: 6.5

Un “ordinario” giorno da cani

Se, comprensibilmente dal loro punto di vista, gli animali domestici si chiedono cosa facciano i rispettivi padroni una volta che li lasciano a casa per recarsi, ad esempio, sul luogo di lavoro, forse sarebbe il caso porsi anche la domanda contraria: cosa combinano i nostri amici a quattro zampe e non solo allorquando vengono lasciati nelle abitazioni dagli umani? Dormono e basta? Non esattamente. Questo è lo spunto narrativo che anima il simpatico lungometraggio d’animazione Pets – Vita da animali, opera che segna il ritorno alla regia di quel Chris Renaud – per l’occasione coadiuvato da Yarrow Cheney – già abbondantemente conosciuto dal grosso pubblico per i due Cattivissimo me, realizzati rispettivamente nel 2010 e nel 2013.
All’attivo di Pets, giusto per entrare subito nel vivo di un discorso più o meno critico, troviamo un comparto tecnico ineccepibile, che gioca volutamente a disegnare la diversità dei vari animali quasi mai rispettando le proporzioni reali. Tra le righe di un film tutta azione – peraltro arricchita da una stereoscopia visiva efficiente anch’essa – troviamo dunque il consueto messaggio di auspicata convivenza razziale, con istinti atavici (esempio il falco predatore, cattivo solo per pochi secondi di film) prontamente bloccati dalle capacità cognitive di cui è provvisto ogni animale messo in scena in una New York quanto mai attraente e lussureggiante, anche quando si decide di scendere nel suo ventre per esigenze narrative. La scarsa aderenza alla realtà, con conseguente edulcorazione della stessa, può anche risultare accettabile, trattandosi in fondo di prodotto favolistico indirizzato ad un pubblico di bambini. Quello che potrebbe al contrario risultare un pochino indigesto ad una platea adulta è invece, oltre ad un originalità narrativa piuttosto latitante, una pressoché totale mancanza di riflessione su fatti che possono capitare nella vita degli animali come degli esseri umani. C’è un momento della storia che spiega assai meglio di molte parole ciò che si vuole intendere: ad un certo punto Max suggerisce a Duke – sono i nomi dei due cani protagonisti di una piccola odissea nella Grande Mela, alla disperata ricerca della strada di ritorno alla propria abitazione – di tornare dal suo anziano padrone, dal quale si era casualmente allontanato anni prima, nella speranza che possa dar loro una mano. Trovando però la casa occupata da una giovane famiglia, con Il gatto di casa che annuncia loro la dipartita del precedente proprietario. Si fosse trattato di un’opera targata Pixar – tanto per fare un esempio affatto casuale – si sarebbe vissuto un autentico momento di spleen totalmente empatico, sia al di qua che al di là dello schermo; nel caso di Pets, per precisa scelta di sceneggiatura, il turbamento del gigantesco Duke dura lo spazio di pochi secondi, per lasciare nuovamente campo libero a nuove, sfrenate, avventure.
Insomma, al netto della simpatia che ispira ogni personaggio soprattutto animale del film, c’è da registrare che in Pets – Vita da animali ci si muove su binari di collaudato “conservatorismo ideologico”: le bestioline hanno bisogno di un padrone umano, e persino il coniglietto in versione Jekyll e Hyde a capo del gruppo anarchico che rivendica il diritto di non sottostare alla dipendenza delle persone ed anzi lottare contro tale consuetudine, cede di schianto alle moine della bambina che lo concupisce quasi a forza per adottarlo. E ogni cosa, compresi i vari animaletti che hanno vissuto una giornata fuori dall’ordinario a zonzo per New York, rientra nell’alveo del più logico e ragionevole degli status quo.
Niente di nuovo, dunque, sotto il sole spesso foriero di liete sorprese dell’animazione a grosso budget.

Daniele De Angelis

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