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Passo falso

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VOTO: 5.5

L’impresa della solitudine

Passo falso, film del 2014 diretto da Yannick Saillet, narra la storia di Denis soldato francese in missione in Afghanistan, unico sopravvissuto di un’imboscata rimane bloccato con un piede su una mina antiuomo, se si muove è morto.
L’impresa di Saillet è quella di dover gestire e riempire 76 minuti di film con praticamente solo un personaggio e per di più bloccato; non una sfida nuova per il cinema: se non si vuole andare tanto indietro con la memoria basti pensare a 127 ore di Danny Boyle, sicuramente una forma interessante che però qui non viene sviluppata brillantemente.
Saillet mostra chiaramente di essere alla prima esperienza con un lungometraggio dosando in maniera grossolana l’incedere della narrazione sui 76 min di durata.
Nella sua immobilità e solitudine Denis, interpretato in maniera eccellente da Pascal Elbé, è paradossalmente quasi mai solo: egli è all’inizio in compagnia di un suo collega, cinico e arrogante ed egoista come da stereotipo di war movie americano, poi la costante presenza di una prigioniera legata e imbavagliata su un furgone, poi  delle donne e un bambino, dei cani randagi, un insetto.
Tutti questi personaggi più o meno importanti danno quasi l’impressione di essere dei riempitivi. Risulta perciò evidente la difficoltà di Saillet di gestire la durata del film in cui il suo personaggio non può fare niente se non stare fermo ad aspettare i soccorsi chiamati per radio; e allora è come se fornisse al suo protagonista degli elementi con cui interagire, elementi però quasi improvvisati e quasi altrettanto estranei all’interno della narrazione, che paiono servire solo a guadagnare minuti intervallandosi tra di loro in maniera quasi episodica. Terminato il frangente del cinico commilitone inizia quello dei cani, poi delle donne, poi del bambino, poi quello degli aiuti alla radio, quello dell’estremista islamico, ecc.
Saillet non riesce nemmeno a definire in maniera interessante questi personaggi, che invece sono abbozzati in maniera schematica e del tutto privi di profondità, a differenza del protagonista.
Alla confusione data da questi continui episodi atti a cercare di riempire la narrazione si aggiunge quella del messaggio del film o dei temi trattati, gestiti anche in questo caso in maniera pressoché accidentale e soprattutto disorganizzata e non approfondita. Saillet pare iniziare a parlarci della difficoltà dei soldati a riuscire a tornare ad una vita normale e tranquilla una volta a casa lontani dal fronte perché sconvolti e irrimediabilmente segnati dagli orrori della guerra; poi con l’episodio del bambino pare parlare della presenza anche “tra le linee nemiche” di persone buone e innocenti per poi chiudere però con un finale totalmente a favore di quelle che sono le “ragioni” e gli stereotipi occidentali  nei confronti dei conflitti in zone remote come appunto Afghanistan o Medio Oriente.
Passo falso è un film che partendo da un’idea intrigante seppur non originalissima si sviluppa in maniera confusionaria e senza riuscire ad andare a parare da nessuna parte, mostrando in maniera evidente la fatica e l’inesperienza del regista nell’amministrare un lungometraggio.
Gestire un film di questo tipo con un unico personaggio bloccato è un’impresa che viene superata dal punto di vista attoriale dall’ottima interpretazione di Elbè, ma che invece fallisce sul piano della narrazione. Saillet affronta la difficoltà dell’immobilità narrativa buttando episodi e temi perdendo però chiarezza ed efficacia.

Giovanni Montanari

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