Due simpatici pasticcioni
Fiona è una libraia timida e impacciata che vive in un freddo e ventoso villaggio canadese. Dom è un bizzarro senzatetto parigino con velleità da latin lover. Quando Fiona si recherà nella ville lumière per raggiungere un’anziana zia in fuga e che non vuole essere rinchiusa in una casa di riposo, i due si incontreranno per puro caso, eppure, da qual giorno in avanti, le vite di entrambi prenderanno una piega del tutto inaspettata. Una storia apparentemente semplice e magnificamente leggera, questa, quintessenza del singolare lungometraggio Paris pieds nus (nella versione italiana Parigi a piedi nudi), diretto e interpretato dal duo artistico Gordon&Abel e presentato in anteprima italiana al Rendez-vous del Cinema Francese 2018.
Sono ben venticinque anni che Fiona Gordon (australiana di nascita, ma canadese di adozione) e Dominique Abel (belga) lavorano insieme. Dapprima solamente come interpreti, ma dal 2006 (con L’iceberg) anche come registi, i due si sono sempre distinti grazie al tono volutamente naïf e a tratti favolistico delle loro commedie, all’interno delle quali sono sovente presenti importanti riferimenti e omaggi ad artisti come Jacques Tati (lo stesso Dominique Abel ha una formazione da mimo), ma anche Aki Kaurismaki e, non per ultimo, Otar Iosseliani. Che, dunque, anche questo loro ultimo lavoro verta su toni del genere, è una cosa che ci si aspetta facilmente. E infatti, per poco meno di un’ora e mezza, le avventure degli strambi ma simpatici Fiona e Dom stanno continuamente a ricordarci un certo cinema del passato, grazie anche ad atmosfere dal gusto spiccatamente rétro e a una fotografia dai toni prevalentemente pastello che, a tratti, sta a somigliare anche alle pellicole del nostro contemporaneo Wes Anderson.
Ed è proprio pensando a quest’ultimo che, probabilmente, i due attori/registi hanno optato, in apertura del lungometraggio, per movimenti attoriali eccessivamente schematici, quasi meccanici, e volutamente innaturali, oltre a composizioni del quadro e carrellate che tanto stanno a ricordarci alcuni dei momenti visivamente più accattivanti di Grand Budapest Hotel. Peccato, però, che, dopo un’apertura rivelatasi più che accattivante, l’intera pellicola perda di pathos, finendo per sgonfiarsi come un palloncino e con soltanto qualche sporadico guizzo d’ingegno durante tutta la durata.
Il problema principale di un lavoro come Paris pieds nus, infatti, sta proprio nello script, volutamente, ma, allo stesso tempo e paradossalmente, involontariamente ingenuo, che a tratti risulta eccessivamente debole e sfilacciato e che finisce anche per lasciare in sospeso elementi tirati in ballo che sembravano inizialmente promettere parecchio (vedi, ad esempio, la figura del poliziotto incontrato da Fiona in aeroporto).
Malgrado le non poche imperfezioni, tuttavia, i due attori e registi hanno indubbiamente saputo dar vita a momenti di grande impatto visivo ed emotivo – quali, ad esempio, il balletto con in primo piano i piedi della zia di Fiona e di un amico di lei su una panchina del cimitero di Pére Lachaise, o anche la scena finale in cui vediamo la stessa zia, insieme ai due protagonisti, seduta in cima alla Tour Eiffel a rimirare l’alba parigina – veri e propri valori aggiunti a una gradevole commedia che, tutto sommato, non fa che regalare un po’ di buonumore anche allo spettatore più esigente. Buonumore che, però, viene incrinato solo dall’inevitabile malinconia che nasce nell’osservare la grande Emmanuelle Riva (nel ruolo dell’anziana zia) durante la sua ultima performance cinematografica, avvenuta appena prima della morte. Ormai appartenente al passato, eppure, grazie alla Settima Arte, ancora oggi viva più che mai.
Marina Pavido