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One for the Road

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VOTO: 8

Un cocktail (cinematografico) di gran classe

Prodotto da un Maestro come Wong Kar-wai, la cui aura sembra aleggiare nei momenti più ispirati del film, One for the Road ha rappresentato in realtà il ritorno sul set di uno dei cineasti asiatici più talentuosi e interessanti in circolazione, il thailandese Baz Poonpiriya. Pochi film all’attivo (ma di grande successo), altri progetti cinematografici dal potenziale notevolissimo all’orizzonte, le credenziali di quest’astro nascente della settima arte che si divide (come i suoi personaggi, almeno in questo caso) tra New York e il Sud-Est asiatico sono in continua crescita, al pari di un approccio alle riprese magari un po’ camaleontico ma che pure a livello stilistico denota sempre una certa personalità. E del resto Baz Poonpiriya qui a Udine si era presentato non bene, benissimo: proprio grazie al suo adrenalinico lungometraggio d’esordio, Countdown, era stato infatti premiato al FEFF 2013 con l’ambito Audience Award, unico film-maker thailandese a ricevere finora tale riconoscimento.

Se i suoi precedenti lavori cinematografici, tra i quali occorre citare il bizzarro, originale e labirintico Bad Genius (2017), si erano fatti apprezzare per il ritmo assai sostenuto della narrazione e per i tanti virtuosismi di montaggio e riprese, One for the Road s’impone allo sguardo in modo alquanto diverso. Anomalo buddy movie il cui plot a incastri assorbe e rifrange la turbolenta amicizia tra due giovani dal carattere differente ma parimenti complesso, quello di Baz Poonpiriya è un detour esistenziale “on the road” che propone di continuo accelerazioni e momenti contemplativi, fughe nella propria interiorità e memorabili per quanto malinconici incontri.
Ad accendere la miccia il repentino rientro dagli Stati Uniti di Boss, eterno “Peter Pan” che qualche anno prima aveva lasciato la Thailandia per tentare la fortuna come barman a New York: il suo viaggio è dovuto allo stato di salute, drammaticamente compromesso, del vecchio amico Aood, intenzionato a far leva su una forma di cameratismo maschile per avere chi lo accompagni in quella peregrinazione attraverso diverse località del Siam, che gli consenta di rivedere – forse per l’ultima volta – quelle ex che ne hanno maggiormente segnato la vita sentimentale. Specie al momento della rottura, dell’addio.
Da ogni incontro una sensazione diversa. Magari una rivelazione. E a ogni donna finirà per legarsi, grazie alla creatività dell’amico dietro il bancone, un particolare cocktail. Nell’andirivieni tra America e Asia, tra presente e passato prossimo, una regia dall’impronta deliziosamente “freestyle” crea ponti immaginifici tra personaggi e luoghi, facendo così sprofondare anche lo spettatore in una ricerca che avrà esiti all’inizio imprevedibili; un viaggio alla scoperta dell’animo umano, insomma, il cui iter può vantare di volta in volta qualche rimando cinefilo, conservando pur sempre una propria cifra autoriale. E se il mood di One for the Road ci ha ricordato, marginalmente, quello che affiora a tratti nelle pellicole di David O.Russell o – in misura maggiore – di Alexander Payne (sebbene in filigrana si intenda omaggiare deliberatamente Wong Kar-wai stesso), lo sguardo e le intuizioni narrative di Baz Poonpiriya continuano ad apparirci qualcosa di unico, personale. E più di una volta da brividi sotto la pelle.

Stefano Coccia

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