Il tramonto della società occidentale
Ad Eleusi han portato puttane
carogne crapulano
ospiti d’usura.
Ezra Pound
Tra le proposte più ardite dell’Indiecinema Film Festival, la cui prima sessione on line si è da poco conclusa, vi è senz’altro Occidente. Un requiem sfrontato. Un vero e proprio canto del cigno che, con cruda malinconia, vela l’agonia della società occidentale di folgoranti suggestioni filosofiche, non peregrine intuizioni estetiche ed ispirate riflessioni sulla natura più profonda dello sguardo cinematografico. Un po’ come per il Michael Haneke de Il tempo dei lupi, la cornice vagamente apocalittica di questo visionario racconto è più che altro terreno fertile per continue digressioni sul post-umano, su una cultura occidentale agli sgoccioli, sull’inevitabile declino della stessa società post-industriale. Un mondo in avanzato stato di dissoluzione, insomma, le cui cartoline degradate ricordano quadri di Sironi, tempestati qui da amare riflessioni sull’essenza stessa del Mito. “Il declino di Ajax è causato da un temperamento che non è più presente tra la sua gente. Ajax passa dall’eroismo alla pazzia, e dalla pazzia all’autodistruzione. Non può essere aiutato perché è l’unica persona sana tra i suoi simili, l’unico che porta avanti la loro eroica tradizione in un mondo che ha perduto tutti i suoi valori.“, dice uno dei protagonisti nelle prime battute del film, alludendo all’Aiace Telamonio sapientemente tratteggiato da Sofocle.
Nell’arco di questa fosca parabola appaiono comunque scorci di una crepuscolare, struggente bellezza. Le inquadrature notturne della fabbrica. I lineamenti fieri di un uomo. Quelli di una giovane donna. E la dignità residuale dei loro volti, assediata ma non ancora travolta dalle laide presenze che li circondano.
La fuga dei due dallo squallido centro abitato, dove la loro presenza deve essere registrata, spiata e all’occorrenza sfruttata da decadenti poteri baronali, è una sorta di volontario esilio, cui si unirà ben presto un terzo “ribelle”. Detour filosofico attraverso non-luoghi fortemente evocativi, Occidente di Jorge Acebo Canedo assume nella sua scheletrica narrazione accenti da Nouvelle Vague, con piste di genere parafrasate un po’ alla maniera di Agente Lemmy Caution: missione Alphaville o di altre pellicole “godardiane”.
Del resto, nella sua prassi straniante, il lungometraggio del film-maker spagnolo non lesina certo piccoli teoremi sulla visione, che hanno nei traumi del Novecento, negli albori del Cinematografo e nella Storia dell’Arte il proprio fulcro; coagulandosi, poi, in quella folgorante carrellata di opere figurative, analizzate rapsodicamente a partire dall’ingresso dei protagonisti in una caverna (il celebre mito platonico, affrontato a ritroso?), dove sono custodite antichissime pitture rupestri. Di sicuro una delle sequenze più ispirate e magnetiche di Occidente.
Giancarlo Marmitta
Gracias por tu comentario, humildemente, tan certero. A veces, algunos hacemos películas solo para cada persona que quiera ponerse verdaderamente frente a ellas. No aspiramos a nada más que eso, a aportar algo a este mundo y confrontarlo con el otro, que nos aguarda. Muchas gracias.