Un “amaro Montenegro”, per aprire il Fantafestival
Dopo la presa della Bastiglia, la presa del Barberini. Una 34ª edizione del Fantafestival che, a spulciare il programma dei prossimi giorni, promette davvero bene, si è aperta il 14 luglio a Roma con un palinsesto giornaliero non solo fitto, ma anche qualitativamente interessante e vario. Dal trash irresistibile di Orc Wars a quel gioiellino che si è rivelato essere I am a Ghost di H.P. Mendoza, dal controverso Chimeres ad alcuni corti decisamente brillanti, su tutti Kosmodrome di Youcef Mahmoudi e il fantascientifico nostrano Closer, opera di un Angelo Licata che aveva già stupito i fan di Star Wars con l’operazione Dark Resurrection.
Una giornata nel complesso assai positiva si è conclusa con l’evento forse più atteso, considerando che per la presentazione di Nymph (titolo originale Mamula) sono intervenuti, insieme agli organizzatori del festival, sia il regista Milan Todorovic che una star del calibro di Franco Nero. Un’accoppiata simpatica e dai modi alquanto guasconi, confidenziali, quella formata dal grande attore italiano e dal cineasta serbo, che ha impressionato i presenti per via dell’altezza, degna di certi giocatori di basket delle sue zone. Insieme hanno parlato di come è nata la loro collaborazione artistica, per un progetto che ha assunto sin dall’inizio il profilo di un divertito B-Movie, forte di un soggetto piuttosto originale (ci sono di mezzo addirittura le Sirene, lontane parenti di quelle che nel mito tentarono Ulisse e i suoi compagni), nonché di qualche location indubbiamente affascinante: Franco Nero in particolare si è soffermato volentieri sull’atmosfera creatasi nel piccolo villaggio costiero del Montenegro, che ha ospitato una parte consistente delle riprese, sottolineandone sia la bellezza un po’ selvaggia che l’assenza pressoché totale di servizi.
“Amaro Montenegro”, verrebbe da dire quasi per gioco, dopo aver visto un film che comunica amarezza non tanto per le inquietudini del racconto, che pure ci sono, quanto piuttosto per le incertezze di scrittura e per una interpretazione registica solo a tratti coerente, incisiva, tutte cose che fanno di Nymph-Mamula una piccola grande occasione mancata. I presupposti del plot, come dicevamo prima, potevano far sperare di più, vista anche l’eccentricità di quel retaggio mitologico, qui parafrasato nel presente di un suggestivo angolo della costiera adriatica. Esauritosi il prologo, che introduce già al mistero e ai pericoli celati nelle acque di certi porticcioli mediterranei, la trama si accende con l’arrivo in Montenegro di due ragazze americane, ospiti per le vacanze di un loro vecchio amico. Insieme con altri decidono di avventurarsi all’interno di Mamula, una vecchia fortezza militare ormai abbandonata, sita in un’isola non lontana dalla costa. Durante l’esplorazione della fortezza, però, capiscono di non essere soli. C’è lì qualcuno a loro ostile che non si fermerà davanti a nulla, pur di proteggere l’orribile segreto nascosto in quel luogo, un segreto dotato di pinne, canto melodioso e lineamenti femminei…
Milan Todorovic, che già in Zone of the Dead (primo zombie movie serbo di una qualche rilevanza, realizzato nel 2009) aveva dimostrato di avere buone idee per l’horror, ma di saperle sviluppare solo a metà, conferma qui pregi e limiti del suo cinema. Al carattere così intrigante di tale racconto cinematografico corrisponde anche la configurazione non banale del set, un interesse per le ambientazioni che l’ha spinto a individuare, per Nymph-Mamula, qualche location senz’altro evocativa e di un certo impatto visivo, come la tetra fortezza posta sull’isola. Ma poi si rischia, per la caratterizzazione troppo stereotipata dei personaggi, i dialoghi scialbi e le inquadrature non sempre all’altezza della situazione, che il potenziale ansiogeno della narrazione si disperda proprio nei momenti cruciali, sottraendo mordente a una storia che prometteva molti più brividi e angoscia.
Stefano Coccia