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Non essere cattivo

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VOTO: 8

L’ultima fatica

Il 26 Maggio scorso si spegneva a Roma Claudio Caligari, vero outsider del cinema italiano che si è sempre distinto per l’asprezza delle storie narrate, affreschi crudi e impietosi della vita periferica e di borgata: Caligari è stato il portavoce di un cinema brutale perché vero, libero da effetti speciali ed esercizi di stile, che proprio per questa sua durezza si è sempre scontrato con le case di produzione e con i gusti del pubblico italiani, poco avvezzi ad un prodotto esente da quelle indorature che lo renderebbero tanto maneggiabile quanto inoffensivo.
Nonostante ciò, il suo esordio Amore Tossico, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1983 e vincitore del Premio speciale nella Sezione De Sica, è diventato ben presto un cult per più di una generazione, merito dello stile narrativo schietto ed incensurato con il quale raccontava l’insediamento dell’eroina nelle borgate pasoliniane attraverso le vicissitudini di un gruppo di amici, interpretati da attori non professionisti. Caligari sarebbe tornato alla regia solo quindici anni dopo con L’odore della notte, tratto da un romanzo di Dido Sacchettoni e che racconta una storia di malavita romana con protagonista Valerio Mastandrea, presentato sempre alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Fuori Concorso.
Nel Maggio di quest’anno, e quindi diciassette anni dopo L’odore della notte, conclude il montaggio del suo ultimo film Non essere cattivo, che figura sempre nella sezione Fuori Concorso di questa 72esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia: con il suo ultimo lungometraggio, ultimato e prodotto da Valerio Mastandrea, Caligari intende mostrare il nuovo volto del commercio di stupefacenti che ha luogo nelle borgate, ricollegandosi quindi al suo primo lungometraggio (la prima sequenza di Non essere cattivo, identica a quella di Amore Tossico, è un’autocitazione) ma con la messa in scena ed il ritmo serrato del secondo. Non essere cattivo è un lavoro curato e coinvolgente, in grado di inscenare la realtà senza cedere alla tentazione di estetizzarla con filtri e finzioni narrative. Dominano il cinismo, il dolore, la rabbia e la disillusione contro la quale sempre ci si scontra nel momento in cui si avverte l’incapacità di dominare una situazione che noi stessi ci siamo creati.

Siamo ad Ostia, nel 1995, e Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi) sono due amici ventenni, che han condiviso prima l’infanzia e poi una vita di eccessi. Vittorio comincia ad avvertire il bisogno di una vita diversa, un lavoro, una famiglia; mentre cerca faticosamente di realizzare i suoi propositi, Cesare, che vive con la madre e la nipotina gravemente malata, si smarrisce ogni giorno di più, e i suoi tentativi di eguagliare Vittorio sembrano destinati al fallimento.
Caso più unico che raro nel cinema italiano dei nostri giorni, il film di Caligari riesce ad essere provocatorio senza deragliare nell’artificio: Non essere cattivo poggia su una sceneggiatura ben scritta, che in più punti dimostra di avere i giusti tempi comici (come nella scena in cui Vittorio, sotto l’effetto della cocaina, è preda di allucinazioni dai contorni felliniani) e di saper gestire i momenti drammatici (uno fra tutti, la morte della nipote di Cesare). Non essere cattivo è la prova che, per fare buon cinema d’autore, non è necessario un copione intriso di virtuosismi o voli pindarici di macchina: un montaggio pulito e cadenzato, una fotografia naturalistica, e scelte registiche non fini a se stesse sono in grado di confluire in un’opera assieme delicata ma altrettanto dirompente.
La pellicola postuma di Caligari può anche vantare un cast di alto livello, grazie al quale le vicende messe in scena acquistano la dovuta credibilità: Luca Marinelli, viso intenso e espressività ben calibrata, ci consegna la sua migliore interpretazione, mentre Alessandro Borghi non è da meno nel dare vita ad un personaggio che nella sua bontà risulta comunque combattuto.
Dopo un film come Non essere cattivo, non rimane più alcun dubbio sul rimpianto che necessariamente accompagna la morte di un autore come Claudio Caligari: il suo stile asciutto, personale, e recalcitrante ad ogni compromesso non ha mai ricevuto la dovuta attenzione, e ci auguriamo che questa edizione della Mostra del Cinema di Venezia possa rappresentare in qualche mondo una rivincita.

Ginevra Ghini

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