Home Festival Roma 2019 Nomad: in the Footsteps of Bruce Chatwin

Nomad: in the Footsteps of Bruce Chatwin

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VOTO: 7.5

Moto perpetuo

Non si può dire che nella sua vita e nella sua carriera sin qui, Werner Herzog non abbia fatto la conoscenza di figure straordinarie. Ad alcune di queste il cineasta tedesco ha deciso di dedicare dei ritratti, oppure ha chiesto loro di accompagnarlo anche solo per un tratto di strada in una delle sue innumerevoli avventure cinematografiche. Tra questi c’è Nomad: in the Footsteps of Bruce Chatwin, presentato nella Selezione Ufficiale alla 14esima Festa del Cinema di Roma prima dell’uscita nelle sale nostrane con Wanted Cinema e Feltrinelli Real Cinema, dove parla del compagno di vecchia data Bruce Chatwin, uno dei più grandi scrittori del Novecento, colui che è stato in grado di reinventare la letteratura di viaggio con una serie di racconti mitici capaci di trasformarsi in veri e propri tour della mente.
Legati da una profonda amicizia, i due artisti negli anni si sono influenzati a vicenda: i primi film di Herzog hanno avuto una rilevante importanza per la scrittura di Chatwin, mentre il regista tedesco ha adattato Cobra verde proprio da un romanzo dell’amico. Quando il leggendario scrittore e avventuriero Chatwin stava morendo di AIDS, ha chiamato l’amico Werner chiedendogli di vedere il suo ultimo lavoro su un membro di una tribù del Sahara. In cambio, come regalo d’addio, Chatwin ha donato al regista lo zaino che lo aveva accompagnato nei suoi viaggi intorno al mondo. Trent’anni dopo, portando con sé quello stesso prezioso cimelio, Herzog inizia il suo personale viaggio, ispirato dalla comune passione per la vita nomade e il desiderio di conoscenza.
Un viaggio che si rivelerà fisico quanto emozionale, affrontato con lo stile inconfondibile che abbiamo imparato a riconoscere al primo sguardo, lontano dalle biografie o dai reportage tradizionali, come era stato a suo tempo per Echi da un regno oscuro, Little Dieter Needs to Fly, Il diamante bianco o Grizzly Man. Il risultato è un diario a capitoli che partendo dalla Patagonia toccherà le terre del Galles, dell’Australia e dell’Africa Centrale, al fine di ritornare sulle tracce dei percorsi letterari dello scrittore britannico, le cui pagine (tra cui quelle di “Il Viceré di Ouidah”) vengono utilizzate dal cineasta tedesco come linee guida per dare forma e sostanza alla narrazione. Quest’ultima accompagnata da pregiati materiali d’archivio video e fotografici, documenti (taccuini e quaderni di appunti) e oggetti appartenuti al compianto scrittore.
Lungo il cammino incrocerà storie di dinosauri, tribù perdute, tradizioni aborigene, viandanti e sognatori, ma anche una serie di persone che daranno modo all’autore di disegnare l’identikit umano e artistico di Chatwin. Due su tutte la moglie Elizabeth e il suo biografo. Ed è proprio attraverso le loro parole che vengono a galla le emozioni più forti e toccanti del documentario.
Il grande merito del documentario è quello di rimanere sempre lontano dalle sabbie mobili dell’agiografia, quelle nelle quali molte operazioni analoghe finiscono con lo scivolare con estrema facilità. Se ciò non si verifica in Nomad è perché Herzog è stato mosso da un desiderio sincero e intellettualmente onesto di rendere all’amico Bruce un omaggio che fosse il più veritiero possibile. E per farlo non si è limitato a tessere le doti del soggetto in questione, ma ne ha restituito moltissime delle sfumature caratteriali, comprese quelle più complesse, controverse e spigolose.

Francesco Del Grosso

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