Home In sala Archivio in sala Naples ’44

Naples ’44

154
0
VOTO: 6

Nostalgia partenopea

Dal romanzo di Norman Lewis, ufficiale britannico che partecipò allo sbarco alleato il 9 settembre del 1943 a Salerno, Francesco Patierno trae un’opera cinematografica di ragguardevole interesse ma che pone decisamente troppi quesiti irrisolti al proprio interno. Il primo riguarda la messa in scena: Naples ’44 vuole essere un documentario oppure una ricostruzione di finzione dell’ultimo periodo di guerra? Il regista alterna materiale d’archivio ad elementi di fiction – addirittura inserti di pellicole aventi protagonisti Totò e Marcello Mastroianni – per ribadire o smussare gli angoli di alcuni concetti, peraltro ben chiari poiché esplicati dalla voce narrante di Lewis, per l’occasione interpretata, almeno nella versione originale, da un attore rigoroso e sulla cresta dell’onda come l’inglese Benedict Cumberbatch. Definiamo allora Naples ’44 una docufiction, anche se è difficile capire, oltre alla ricostruzione di una memoria storica sempre benvenuta, dove il lungometraggio voglia andare a parare nella propria totalità. Dapprincipio il flusso dei ricordi di Lewis pare convergere sul versante squisitamente politico, con un’evidente sottolineatura delle responsabilità dell’alleanza, la cui mancanza iniziale di strategia portò ad ingenti perdite di vite umane tra i civili campani. Poi prosegue secondo un’ottica di descrizione sociale, narrando la povertà estrema che affliggeva una popolazione affamata dalla guerra e preda di malattie, nonché disponibile ad ogni tipo di sotterfugio per sopravvivere. Quindi si lascia andare al mero folclore, attraverso racconti boccacceschi dei rapporti tra donne locali e militari di differente grado inglesi e americani. Per poi chiudere con l’addio di Lewis all’amata Napoli causa differente dislocazione a lui ordinata, non senza però affermare senza timore alcuno che considererebbe l’Italia il posto ideale dove eventualmente rinascere. Non prima di aver criticato apertamente il multipartitismo presente all’alba di quella democrazia ed affermare con altrettanta nettezza che i napoletani – proditoriamente eletti a simbolo dell’Italia intera – in quel momento avrebbero di certo rimpianto l’ordine imposto dal Duce e dalla dittatura fascista. Decisamente troppa carne alternata senza un criterio omogeneo sul simbolico fuoco di un documentario comunque di ricostruzione di una verità realmente accaduta, a prescindere dai mezzi cinematografici adoperati per lo scopo.
A merito del lavoro di Patierno va invece una certa, insinuante, poesia che emerge dal racconto delle piccole/grandi storie scaturite dall’osservazione diretta di Norman Lewis e perciò assai credibili. Su tutte l’improvvisata cerimonia funebre per un gruppo di bambini dilaniati dall’esplosione – un tragico e delittuoso scoppio “ritardato” organizzato delle truppe naziste già ritirate – di un edificio; oppure l’irruzione nel ristorante dove l’ufficiale era solito consumare i suoi pasti di alcune ragazzine non vedenti, attratte sul posto dall’irresistibile odore del cibo in un momento in cui, come si scriveva poc’anzi, dilagava in città la miseria più assoluta. E non ultima la descrizione della frenetica attività vitale dei vicoli, così accurata da trasformarsi, per lo spettatore, quasi in una sorta di percezione tattile.
Anche se comunque non si è raggiunto il punto d’incontro ideale tra la visione del romanzo e quella del cineasta napoletano Patierno, Naples ’44 – opera inserita nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2016 – rimane comunque un film da vedere e ascoltare; se non altro per non permettere al tempo che scorre inesorabile di cancellare dalla memoria delle generazioni che si sono susseguite da allora, il ricordo di quei tempi senz’altro drammatici ma anche pregni di una volontà di riscatto della quale, oggi, si sono purtroppo perse le tracce nel nostro paese. Cancellate da decenni e decenni di immobilismo etico che ha ridotto il nostro paese a dover contare sulla benevolenza altrui (leggasi Europa a cultura economica germanocentrica, per essere il più chiari possibile) per continuare ad andare, dignitosamente, avanti. Ora come allora, secondo corsi e ricorsi storici che dovrebbero far meditare anche i distratti.

Daniele De Angelis

Articolo precedenteThe Accountant
Articolo successivoThe Last Laugh

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

tredici − 9 =