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Napoleon

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VOTO: 7

Splendida ricostruzione storica con difetti di sceneggiatura

E’ il 1789 e la regina Maria Antonietta, in piena rivoluzione francese, viene condotta alla ghigliottina in mezzo alla folla parigina che l’insulta. Tra il pubblico c’è il giovane ufficiale d’artiglieria Napoleone Bonaparte (Joaquin Phoenix), desideroso di servire al meglio la nuova repubblica la quale, con grande spargimento di sangue voluto da Robespierre, ha preso il posto dell’odiata monarchia.
Sono anni lunghi di terrore e conflitto, anni in cui i rivoltosi tramano ognuno alle spalle dell’altro e in cui si cerca di evitare che le altre potenze europee approfittino della situazione. E’ una grande occasione per Napoleone, incaricato di colpire le truppe britanniche che hanno occupato la città di Tolone e ancorato le loro navi nell porto della città. La battaglia per la fortezza che sorveglia i moli è una vittoria che serve finalmente a mettersi in luce: l’inizio di una scalata al potere inarrestabile e che finisce per incidere in profondità nella storia di tutta l’Europa. Nel frattempo, mentre la politica corteggia l’uomo ormai promosso a generale, fa la sua entrata in scena Giuseppina de Beauharnais (Vanessa Kirby), una donna già vedova di un ufficiale caduto in disgrazia e ucciso durante il periodo peggiore della rivoluzione. Sofisiticata, ambiziosa quanto Napoleone, diventa un oggetto del desiderio in grado di stregare il condottiero corso. Il loro matrimonio, che termina solo quando è chiaro che da esso non può arrivare alcun erede, è il contraltare di una narrazione punteggiata dai rapporti con gli altri regnanti europei e da una serie di battaglie che hanno cambiato il volto del mondo. Finalmente diventato imperatore, incoronato nientemeno che dal Papa, la figura di Napoleone è invisa a qualsiasi altro stato si senta minacciato da una personalità tanto ingombrante, una vicenda drammatica che ha il suo epilogo nel celebre scontro di Waterloo contro il generale inglese, il Duca di Wellington (Rupert Everett).
E’ difficile definire un film come questo. Napoleon è imponente, grandioso, sfarzoso eppure a tratti poco emozionante. L’ambizione di Ridley Scott, pari probabilmente a quella del suo protagonista, è quella di raccontare quasi trent’anni di storia, affrontandoli tutti d’un fiato con il suo sceneggiatore David Scarpa, il quale aveva già lavorato con lui per Tutti i soldi del mondo (2017). E’ un ampio periodo, tumultuoso ed estremamente complesso, ma che si cerca di comprimere nelle due ore e quaranta di durata della pellicola. Sembra un tempo lungo ma, a ben vedere, è tutt’altro che sufficiente a spiegare per bene molti dei passaggi storici che riviviamo. Naturalmente, nessuno pensa di andare a vedere un documentario piuttosto che uno spettacolo cinematografico, eppure alcuni dei momenti che ci vengono proposti sembrano non seguire un filo logico: cosa spinge lo Zar di Russia ad attaccare più volte la Francia? Perché, parole sue, vuole chiamare Napoleone “fratello” salvo poi inviargli contro i suoi soldati? Le altre potenze europee come si muovono, cosa cambia durante i decenni? Come mai la campagna d’Italia è totalmente ignorata, relegata a una battuta di un dialogo fuori campo? E i rapporti con lo Stato della Chiesa, quando si giunse perfino ad arrestare Pio VII? Assistiamo a una serie di scene, non di rado piuttosto brevi, nelle quali dialoghi didascalici ci informano che qualcosa è cambiato per poi passare subito ad uno dei lunghi incontri fra Napoleone e Giuseppina, sequenze che scadono di frequente in un’atmsofera da soap-opera o che mostrano alcuni imbarazzanti amplessi, non si sa bene se con un vero e proprio intento farsesco o meno.
Si salta così da una situazione a quella successiva mentre l’unica cosa chiara è che l’imperatore francese sta davvero poco simpatico agli altri europei. Intanto, c’è spazio per un sofferto divorzio e per un altro matrimonio dal quale finalmente nasce il sospirato erede al trono, con qualche personaggio di contorno che svanisce senza lasciare traccia (il fratello Giuseppe o la seconda moglie Maria Luisa d’Austria non pervenuti). Poi l’esilio sull’isola d’Elba e la fatidica battaglia di Waterloo, in Belgio, che sancisce la definitiva caduta di Napoleone e il conseguente secondo esilio, stavolta nella lontanissima isola di Sant’Elena, oltre l’Equatore, il luogo dove il sovrano di Francia muore sei anni più tardi mentre i titoli di coda ci tengono a ricordarci quanti milioni di morti è “costata” all’Europa la sua esistenza.
E’ una sceneggiatura che sembra una corsa a perdifiato a cavallo tra Settecento e Ottocento, nella quale è quasi impossibile guardarsi attorno, si arriva in fondo col fiatone, e in cui sono stranamente poco efficaci alcuni passaggi che invece dovrebbero essere momenti chiave, uno su tutti l’incendio di Mosca e la conseguente, disastrosa ritirata durante il letale inverno russo.
Però qui è necessario dire una cosa senza mezzi termini: la messa in scena è mozzafiato. La maestria di Ridley Scott nel creare immagini di enorme impatto visivo, a tratti quasi dei dipinti in movimento, è impressionante: abiti, uniformi, oggetti, scenografie, ogni dettaglio è curato in modo quasi maniacale, perfino gli oggetti in tavola e il cibo. E’ uno spreco non poter osservare tutto a causa della rapidità di alcune inquadrature, dove qualche dialogo scarno è incorniciato da una profusione di comparse i cui abiti sono ognuno un capolavoro di sartoria. La fotografia, curata anche nella resa delle luci come forse solo Kubrick aveva saputo fare nel suo Barry Lyndon (1975), riesce a immergerci in un’atmosfera che spesso dà l’impressione di averci condotto in una macchina del tempo e non in una sala cinematografica. E proprio per questo si tratta di un film che va assaporato solo sul grande schermo, l’unico che possa davvero rendere giustizia a un tale sforzo rievocativo. Il fascino che emana da alcune sequenze, anche terribili, è innegabile: per noi vale su tutte l’annientamento delle forze austriache e russe sprofondate nel lago ghiacciato sul campo di Austerliz, ma potremmo elencarne molte altre che a più riprese ci hanno lasciato a bocca aperta.
Con notevole presunzione, avremmo suggerito a Ridley Scott di realizzare almeno due film, per poter abbracciare in modo più efficace una vicenda di così ampio respiro: invece, ci troviamo di fronte ad uno spettacolo indubbiamente sontuoso ma che può diventare confuso oppure, come nel caso del racconto della tormentata vita coniugale con l’infedele Giuseppina, melenso.
Tuttavia rimane un’opera da vedere per poterne apprezzare quantomeno gli intenti, ammirarne le immagini portentose e, forse, rammaricarsi dei suoi difetti.

Massimo Brigandì

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