Lo stretto indispensabile
“Il libro della giungla” viene riadattato per l’ennesima volta in versione cinematografica. Quello che in principio era un semplice racconto per bambini, è diventata occasione di sfogo delle idee per cineasti e registi vogliosi di mettere su pellicola le loro sensazioni personali provate durante la lettura dei racconti di Mowgli o dopo la visione del cartone animato firmato Walt Disney. Dopo l’ultimo lungometraggio firmato da Jon Favreau nel 2016, è arrivata su Netflix – che ne è anche produttore insieme alla Warner Bros – la versione riadattata e diretta da Andy Serkis, scritto da Callie Kloves. La versione dell’ex interprete di Gollum e Cesare è piuttosto originale con l’ausilio di una fotografia più oscura, senza rinunciare a far scorrere sangue sul corpo del giovane ragazzo lupo, primo regista a spingersi tanto oltre. Nell’idea dell’attore e regista britannico, il film diventa un prodotto totalmente inadatto ai bambini più giovani – film vietato ai minori di 13 anni – a favore di un pubblico più adolescente e adulto. Anche la storia subisce alcuni cambiamenti; guardando il film, si ha come la percezione che sia diviso in due parti nel corso dell’intera durata. Nella prima parte dell’opera, che occupa circa un’ora di proiezione, Mowgli cerca di farsi strada tra la diffidenza di parenti e amici nel tentativo di diventare parte del branco che lo ha adottato da cucciolo. Mowgli viene cresciuto dai lupi Nisha e Vihann (interpretati e doppiati tramite motion capture da Naomi Harris e Eddie Marsan) appartenenti al branco guidato dall’anziano saggio Akela (Peter Mullan). Inoltre, ad aiutare il giovane cucciolo d’uomo nella propria crescita ci sono la pantera Bagheera (Christian Bale) e l’orso bruno Baloo (Andy Serkis). Mowgli viene considerato diverso ed estraniato dal branco, il quale lo accusa di aver attirato la malvagia tigre Shere Khan (Benedict Cumberbatch) sulle sue tracce. Il ragazzo sarà forzato a lasciare il branco per andare a vivere dai suoi simili umani; ed è qui che inizia la seconda parte dell’opera. Giunto in un piccolo villaggio, viene accudito dalla giovane Meshua (Freida Pinto), della quale si affeziona, e dal cacciatore John Lockwood (Matthew Rhys) che iniziano a fargli conoscere la civiltà umana. Tuttavia, quando il branco verrà nuovamente minacciato dalla tigre Khan, il ragazzino tornerà nel suo habitat per guidare il suo branco e combatterla.
A differenza di altre versioni, in questo lungometraggio da “Il libro della giungla” si tende a spettacolarizzare il tutto rendendo la giungla più fedelmente possibile alla realtà. Dietro al contesto, c’è un ottimo lavoro di scenografia e CGI. Anche il trucco che segna il giovane Rohan Chand (interprete di Mowgli) è piuttosto realistico. Se i film precedenti servivano per regalare ai bambini l’emozione di vedere sul grande schermo una versione più realistica della storia, in questo caso si opta per regalare al pubblico una più possibile fedele realtà. Il lavoro di regia di Andy Serkis è di ottimo livello; molto bella una ripresa in una scena tra Mowgli e Bagheera dopo la cattura del piccolo cucciolo d’uomo da parte degli uomini. Degli attori abbiamo già citato Rohan Chand che si presenta benissimo; il suo mowgli è molto più realistico rispetto al predecessore del film di Favreau (interpretato da Neel Sethi). Ad accompagnare il giovane attore, ci sono nomi di primissimo livello ai quali bisogna aggiungere anche l’australiana Cate Blanchett doppiatrice del serpente Kaa facente anche da narratrice della storia. Mowgli – Il figlio della giungla è un film che tende a smitizzare una favola per bambini mostrandone anche i lati più cruenti; la visione del regista londinese penetra l’animo degli spettatori e ne innalza il livello di gradimento. Un esperimento molto complesso viste le molteplici pellicole realizzate nel recente e nel remoto passato della storia. Serkis vuole trasmetterci ciò che per lui è, ed è stato, il libro della giungla, riuscendo nel suo intento. C’è molto dell’attore di Cesare in questa pellicola.
Stefano Berardo