Il gioco è finito e inizia la guerra!
Ci sono film nei quali il racconto e la drammaturgia non sono altro che degli accessori al servizio della confezione, con la scrittura che si vede costretta a ridurre al minimo sindacabile il suo contributo alla causa. Di conseguenza lo spettatore si trova a fare i conti con dei gusci vuoti nei quali la narrazione e lo sviluppo dei personaggi passa del tutto in secondo piano, lasciando campo libero alla cinetica e all’azione fine a se stessa, concepita per il mero intrattenimento. Monster Hunter è uno di questi.
Basato sull’omonima serie di videogiochi diventata un fenomeno globale, il film attinge dall’universo del media franchise fantasy giapponese creato nel 2005, sviluppato e pubblicato dalla software house Capcom. E chi meglio di Paul W. S. Anderson poteva occuparsene, lui che si è specializzato nella fantascienza e negli adattamenti cinematografici di game di successo come Mortal Kombat e Resident Evil. Al regista britannico è toccato dunque ancora una volta il compito di trasferire dalla console al grande schermo un mondo pre-esistente e con esso la galassia sterminata di personaggi che lo popolano. In Monster Hunter si è trattato di trasferirne due che coesistono parallelamente e che sono destinati a entrare in rotta di collisione. Oltre al mondo che conosciamo, infatti, ne esiste un altro, abitato da potenti e pericolosi mostri che dominano il loro territorio con grande ferocia. Quando un’improvvisa tempesta di sabbia porta il Capitano Artemis (Milla Jovovich) e la sua unità (TI Harris, Meagan Good, Diego Boneta) in un nuovo mondo, i soldati rimangono scioccati nello scoprire che il nuovo ambiente, ostile e inesplorato, ospita enormi e terrificanti creature immuni alle loro armi. Durante la loro disperata battaglia per la sopravvivenza, il gruppo incontrerà il misterioso Hunter (Tony Jaa), il cui unico talento è essere un passo avanti alle potenti creature. Mentre Artemis e Hunter instaurano lentamente un legame di fiducia, il Capitano scopre che Hunter fa parte della squadra guidata dall’Ammiraglio (Ron Perlman). Affrontare un pericolo così grande potrebbe minacciare di distruggere il loro mondo e i coraggiosi guerrieri uniscono le loro capacità uniche e le loro forze per lo scontro finale.
Già nel leggere la sinossi si possono intravedere i limiti drammaturgici oltre il quale il plot non può andare. Le dinamiche interne e lo sviluppo dei personaggi, a cominciare da quello della protagonista, non offrono grandi margini, motivo per cui dalla componente narrativa non si poteva pretendere di più. Ecco che il risultato è un prodotto audiovisivo che si appoggia unicamente alla forma, ma non nel senso estetico del termine, che ai contenuti. Di quest’ultimi c’è solo un respiro flebile, lo stretto necessario a pompare ossigeno ai polmoni dello script e dare una base sulla quale stendere la timeline. Trattasi però di un problema atavico con i quali gli sceneggiatori e i registi devono fare i conti con adattamenti di videogiochi. In tal senso si contano sulle dita di una mano quelli che potevano mettere a disposizione della materia prima narrativa sulla quale lavorare. La recente débâcle della trasposizione di Assassin’s Creed per mano di Justin Kurzel con Michael Fassbender nei doppi panni di Callum Lynch e Aguilar de Nerha è la riprova. Dunque la presenza di un videogioco noto non garantisce nulla di concreto dal punto di vista cinematografico, se non il possibile elemento di richiamo per i fan di turno, incuriositi più che altro dal passaggio e che nella stragrande maggioranza dei casi ne rimane deluso.
Non resta altro da fare che puntare tutto sull’elemento action per dare un senso all’operazione. Questo perché Monster Hunter altro non è che un giocattolone senza libretto d’istruzione, che toglie al fruitore l’interattività del joystick per consegnargli la passività della poltrona di una sala cinematografica. A monopolizzare lo schermo di fatto ci sono la regia, la messa in quadro e l’abbondante utilizzo di VFX, che garantiscono all’opera una dose massiccia di linfa vitale per esistere. Discrete sequenze d’azione come i combattimenti con i Diablos (che riportano alla mente Tremors) nel deserto o quelli con gli insetti giganti (che ricordano quelli di Starship Troopers) nelle caverne, servono a iniettare negli occhi e nelle vene dello spettatore il giusto quantitativo di adrenalina. L’unica cosa che resta al termine dei titoli di coda, con la scena finale che dichiara apertamente che la guerra tra cacciatori e mostri purtroppo è destinata a proseguire.
Francesco Del Grosso