Ripensando il suo cinema, in attesa di incontrarlo il 12 dicembre a Roma
Il Molo Film Festival 2023 apre i battenti martedì 12 dicembre, cioè oggi, con due appuntamenti al Caffè Letterario di Roma assolutamente da non perdere. Alle 19.30 la lezione spettacolo di Serafino Murri, intitolata “Dal monologo all’assolo: viaggio nella costruzione delle emozioni filmiche in Anna Magnani”. Ma prima ancora, intorno alle 18.30, sarà il turno dell’attesissimo incontro con il regista Fulvio Risuleo. Il cineasta romano, segnalatosi molto presto con la realizzazione di cortometraggi come Theremin (2012) e Lievito madre (2014), ci racconterà attraverso i propri lavori il suo percorso di filmmaker e autore: dagli inizi al Centro Sperimentale di Cinematografia fino agli schermi dei più grandi festival europei. Ma per noi di CineClandestino che abbiamo amato le opere cinematografiche da lui realizzate praticamente da subito, sarà anche occasione imperdibile di ripensare il suo cinema e quella poetica così personale.
A partire magari dal lungometraggio che ci ha lasciato le impressioni più durature. Difatti un focus a parte senz’altro lo merita Guarda in alto, film datato 2017 che, attraverso la visione quasi onirica di una Roma inedita ed affascinante, aveva portato lo spettatore a guardare il mondo con gli occhi di un bambino e a perdersi in favole e racconti ormai lontani, dal paese delle meraviglie di Alice descritto da Lewis Carrol ai bimbi sperduti del Peter Pan di James Matthew Barrie e al giro del mondo in mongolfiera narrato da Giulio Verne.
Già il plot è qualcosa di insolito nel panorama italiano: il protagonista di Guarda in alto è Teco (il cui nome significa “con te”), un giovane assistente fornaio che, durante una pausa sigaretta sul terrazzo in cima al palazzo dove lavora, vede precipitare un gabbiano e si allontana dai due colleghi per andare ad aiutarlo. Inizia così, il suo viaggio sui tetti della Città Eterna, dove scoprirà una sorta di mondo parallelo, una diversa comunità con le sue regole e le sue abitudini: dai finti gabbiani, droni telecomandati contenenti reliquie fatti volare dalle suore di un convento, alla banda di bambini sperduti, dai viaggiatori in mongolfiera ai due gemelli naturisti che giocano a padel nudi, dall’anziano e singolare apicultore Baobab al nano fabbricante di razzi che manderà Teco sulla Luna. Se il viaggio al centro della Terra di Verne ci portava giù, nella profondità del nostro pianeta, quello di Risuleo porta Teco, e noi con lui, lassù in alto, mostrandoci Roma da una angolazione aerea tuttaffatto particolare, per arrivare sino alla Luna.
Un film poetico e naif, surreale e romantico; accompagnando Teco (interpretato da Giacomo Ferrara) a spasso sui tetti, inseguendo “una libellula sul prato” di battistiana memoria, ci si trova a tu per tu con un mondo fantastico, pieno di giardini segreti e di passaggi nascosti, e personaggi indimenticabili; un irriconoscibile Lou Castel nei panni dell’apicultore eremita Baobab, l’indomita Stella (una brava Aurélia Poirier) che si paracaduta direttamente da una mongolfiera nella vita del nostro eroe guidandolo (come la Stella Cometa) nelle tortuosità di questo strano mondo, la banda di bambini sperduti nascosti da maschere guidati dal Muto, un nano (lo spagnolo Emilio Gavira) che dietro la maschera si finge bambino anch’esso, per costruire un razzo pronto per essere lanciato nell’occhio della Luna, i due gemelli che vivono, nudi, sui tetti, e che porteranno Teco e Stella nel ritrovo di questa singolare comunità, dove l’attrazione principale è la corsa delle lumache. Da qui il nostro stralunato protagonista verrà portato via dal Muto, verso il suo vero destino: la Luna. Da semplice curioso del mondo, Teco si scopre prima esploratore e poi astronauta, trovando il suo posto in un mondo che gli era alieno, guardandolo prima dall’alto, un po’ come il Barone Rampante di Calvino, poi entrandoci dentro come Alice nel paese delle meraviglie, per volare via, rapito dall’avventura, come nei libri di Verne.
Risuleo ha un occhio bohemienne e naif nel descrivere il viaggio del suo alter ego Teco, alternando splendidi panorami ed immagini di una Roma misconosciuta alla singolarità dei suoi personaggi, mentre le musiche originali del musicista sperimentale texano Sun Araw regalano una sonorità ipnotica alla storia; il risultato è un’opera sorprendente leggera e delicata, che al contempo arriva a toccare le corde dell’anima di chi ancora è capace di sognare.
A seguire Risuleo aveva girato Il colpo del cane (2019), rispetto al quale fu Marina Pavido a scrivere, proprio sulla nostra rivista: “Non possiamo non renderci conto dell’indubbia voglia, da parte di Fulvio Risuleo, di dare spazio alla fantasia e a un cinema allegro, giocoso, che, pur presentando al proprio interno una ben precisa morale, evita ridondanti argomenti già più e più volte trattati nel corso degli anni precedenti. E, si sa, di cambiamenti e di nuovi punti di vista all’interno del nostro cinema, ce n’è mai come oggi un grande, grandissimo bisogno.”
A proposito di cambiamenti, chissà che Fulvio Risuleo non si trattenga persino più tempo, oggi pomeriggio, a parlare di Notte fantasma, la sua ultima fatica: lungometraggio dai toni decisamente più lividi presentato nel 2022 presso la sezione Orizzonti Extra della 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e riproposto poi nello stesso anno alla Festa del Cinema di Roma. Trovando peraltro due ottimi protagonisti nel giovanissimo Yothin Clavenzani e in un Edoardo Pesce mai così bravo, nei panni rispettivamente di un ragazzo beccato col fumo addosso e di un misterioso poliziotto alle prese con una grave crisi esistenziale, Fulvio Risuleo ha saputo trovare qui un bilanciamento assai interessante tra il piccolo “teatro dell’assurdo” di cui erano intessuti i suoi primi lavori e una trama molto più spessa, robusta; capace specie nelle battute finali di trasfigurare il disagio dei personaggi principali e il loro acceso confronto a ben altri livelli. E chissà che questa evoluzione narrativa non sia il presagio di altre sorprese, da parte del cineasta capitolino…
Michela Aloisi