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Mistero di un Impiegato

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VOTO: 7

L’occhio della telecamera ci osserva

Un comune impiegato e il frenetico tran tran quotidiano. La tecnologia che regna sovrana e il consumismo che, ormai, fa parte della vita di ognuno di noi. E poi, improvvisamente, l’impellente desiderio di ritrovare sé stessi. Questo è ciò che accade in Mistero di un Impiegato, ultima fatica del regista Fabio Del Greco – il quale, per la presente opera, ha curato anche la sceneggiatura e il montaggio. È così che, dunque, ci viene raccontata la singolare storia di Giuseppe Russo – dal nome particolarmente comune – che, con a fianco una moglie che sembra dedita solamente a ciò che è superficiale, non desidera altro che trovare sé stesso e capire quale sia il suo posto nel mondo. Il suo desiderio sembra realizzarsi nel momento in cui un anziano signore gli porge un vecchio vhs contenente alcune registrazioni di quando lo stesso Giuseppe era giovane. Che ci sia, in realtà, qualcuno che vuole spiarlo? All’uomo la cosa non sembra interessare, ma, al contrario, è disposto ad andare fino in fondo per scoprire dove tutto ciò lo porterà.

Con la sua messa in scena molto personale e che non ha paura di tentare nuove strade e nuovi linguaggi, anche questa volta Fabio Del Greco ha dato vita a un lungometraggio che ben sa mescolare realismo e scene prettamente oniriche, inserendo, però, anche l’elemento metacinematografico che, in questo lavoro su tutti, fa sentire forte la sua presenza e – diciamolo pure – anche il suo fascino. Particolarmente d’impatto sono, a tal proposito, i momenti in cui vediamo il protagonista, ora disorientato, ora semplicemente nostalgico, osservare lo schermo della televisione e osservarsi in un passato che sembra ormai lontano.
Una sceneggiatura complessa e stratificata, questa di Mistero di un Impiegato. Una sceneggiatura non semplice, arricchita anche da salti temporali, da passato e presente che si sovrappongono e da diverse realtà che vanno a confondersi tra di loro. Eppure, malgrado i numerosi elementi tirati in ballo, Fabio Del Greco è riuscito a dar vita a un prodotto ricco di pathos, che si situa perfettamente a metà strada tra il thriller e il dramma personale, con tanto di elementi surreali presi direttamente dall’immaginario onirico.
Per il tema trattato – la costante ricerca di sé stessi – e anche per il fatto che il ruolo del protagonista sia stato interpretato dallo stesso Fabio Del Greco, possiamo affermare con certezza che il presente Mistero di un Impiegato può classificarsi di diritto come l’opera più personale del regista, il quale, a sua volta, pur avendo, ormai, un’importante carriera alle spalle, continua a militare nel circuito underground ed è riuscito a farsi conoscere grazie ai suoi lavori liberi dai dettami produttivi quasi sempre imposti dalle grandi case di produzione. Limitato, dunque, da un budget complessivamente ridotto, questo suo ultimo lungometraggio vanta comunque, dal punto di vista estetico, una resa complessivamente buona e, tirando le somme e ripensando ai precedenti lavori dell’autore, denota anche una notevole maturità artistica.

Marina Pavido

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