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Miss Marx

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VOTO: 6.5

L’ombra del padre

Non si può certo affermare che un film come Miss Marx – presentato in Concorso alla settantasettesima Mostra del Cinema di Venezia – soffra di carenza di ambizione. La regista Susanna Nicchiarelli, reduce dal riuscito biopic Nico, 1988 (2017), imbocca la medesima strada ma alzando sensibilmente l’asticella. Miss Marx, lo si intuisce sin dal titolo, infatti si muove su molteplici dimensioni, provando a comporre un ritratto tra pubblico e privato della figlia minore di Karl Marx, Eleanor detta Tussy (1855-1898).
Inevitabile dunque che la Nicchiarelli, pure in veste di sceneggiatrice, si confronti anche con il temibile Moloch del Marxismo, con tutta probabilità, almeno per le nuove generazioni, qualcosa di totalmente astratto e lontano sia in chiave temporale che, a maggior ragione, ad una lettura ideologica. Il risultato, forse scontato, è che nel rappresentare l’impegno politico della protagonista il lungometraggio cada in qualche eccesso di didascalismo, complice anche la discutibile scelta di far abbattere talvolta al personaggio la cosiddetta “quarta parete”, facendo rivolgere l’oratoria del personaggio in questione direttamente allo spettatore. Effetto collaterale: in alcuni momenti Miss Marx appare come una sorta di lezione storica su ciò che il Marxismo avrebbe potuto rappresentare a livello teorico senza riuscire a farlo nella pratica. In questo senso funziona bene, nell’opera della Nicchiarelli, l’incastro tra la purezza del pensiero politico di Eleanor Marx e le difficoltà incontrate nella sua vita sentimentale, frutto di un gigantesco compromesso tra passione e razionalità. Innamorata dell’uomo sbagliato, il volubile e bugiardo Edward Aveling, si trova a sacrificare in nome dell’affetto verso la controparte maschile buona parte della propria esistenza. Prima nei confronti dell’illustre padre (con annesso segreto famigliare svelato in corso d’opera), sulla cui sepoltura si apre efficacemente il film; poi dell’unico uomo amato, non meritevole di cotanta attenzione. Un tradimento “morale” che risulterà fatale alla psiche di Eleanor, conducendola in seguito ad un gesto definitivo.
Miss Marx mette dunque in scena un cortocircuito tra l’etica estrema di un’istanza politica già di per se difficilmente realizzabile e l’imperfezione congenita della natura umana, sin troppo esposta ad elementi destabilizzanti quali istinti e passioni. Logico allora sarebbe stato innestare maggiore pathos in un’opera che invece si muove quasi sempre sui binari di un apparato formale piuttosto classico, ben impaginato ma sostanzialmente privo di quelle emozioni che avrebbero potuto e forse dovuto fuoriuscire dal grande schermo. E non sono sufficienti, nel considerare Miss Marx opera perfettamente compiuta, gli innesti di modernità che vorrebbero, nelle intenzioni della Nicchiarelli, portare il discorso verso una comparazione simbolica tra Eleanor Marx e la condizione femminile contemporanea. Perché la questione della parità dei diritti, nonostante gli indubbi passi avanti, rimane, ora come allora, drammaticamente insoluta. E se anche il personaggio principale, forte in apparenza ma fragile nell’intimo, non è riuscita ad elevarsi ad icona di un eventuale movimento femminista ante litteram, allo spettatore maturo di Miss Marx non resta che porsi qualche interrogativo all’acre sapore del rimpianto. Un doloroso fallimento, quello esistenziale di Eleanor, speculare, duole dirlo, a quello della dottrina paterna. Risulta quindi a dir poco stonata anche la frase di lancio presente sulla locandina del film: “Il futuro è dalla nostra parte” rispecchia poco il messaggio, praticamente un epitaffio simbolico dal plurimo significato, veicolato forse inconsapevolmente da Miss Marx. La cui attrice protagonista – ottima performance attoriale della generosa Romola Garai – avrebbe forse meritato un’opera maggiormente coraggiosa e “radicale” più confacente alla natura del personaggio, per l’occasione cinematograficamente illustrato solo in modo parziale.

Daniele De Angelis

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