Tra favola e realtà, una storia di violenza e pregiudizi
Non è mai semplice scrivere di violenza sulle donne; a volte i toni possono essere troppo crudi, altre ci si sofferma su un qualche cliché stereotipato. È un crimine su cui si sta sempre più alzando il velo, che per anni ha coperto il femminicidio come delitto d’onore o comunque depenalizzandone la gravità, facendo ricadere, troppo spesso, la colpa della violenza sulla vittima stessa. Ecco, il cortometraggio Miss Agata di Anna Elena Pepe mostra un modo nuovo e delicato di trattare il tema in oggetto, mettendo al centro una protagonista a metà tra Amélie ed Alice nel Paese delle Meraviglie che arriva al cuore dello spettatore.
Miss Agata è una coproduzione italo-inglese (Ladybug Crossmedia e Tabit Films) che grandi consensi internazionali sta raggiungendo: sta volando in questi giorni verso New York per il Queens Underground Black History Month Film Festival (festival rivolto alla cultura black negli Stati Uniti) dove la presentazione ufficiale è avvenuta nelle date del 14 e 15 aprile presso il Jamaica Performing Arts Center. Il cortometraggio, scritto, diretto (in tandem con Sebastian Maulucci) e interpretato dalla talentuosa Anna Elena Pepe, unisce infatti in sé diverse tematiche importanti: oltre allo stalking e alla violenza sulle donne parla anche di razzismo, integrazione, pregiudizi stereotipati.
Con l’ingenuità di Amélie, la giovane e buffa Agata (Anna Elena Pepe) è già una donna in fuga, perseguitata da un ex fidanzato violento dall’aspetto gentile (Andrea Bosca) ed ignorata nelle sue richieste d’aiuto dalle istituzioni. Rifugiatasi nella città della nonna, cerca di rifarsi una vita: trova un lavoro, una collega con cui confidarsi che si rivela un’amica superficiale ed ottusa, un sostegno inaspettato nel richiedente asilo Nabil, ma il senso della paura è sempre all’erta. Tra sogni premonitori che sembrano materializzarsi, equivoci e… mafia nigeriana, Miss Agata scorre piacevolmente sui binari della comedy drama, dove nulla è scontato e la violenza è accennata con delicatezza, mentre quello che sembra essere un risvolto romantico del cortometraggio, complici i cliché stereotipati sugli immigrati, vira inaspettatamente verso il thriller, mantenendo però sempre toni ovattati da favola.
Una favola attuale, quella raccontata dalla Pepe; in una pittoresca Ferrara, dove sembrano incontrarsi continuamente tutti, la dolce Agata trova la forza di lasciarsi alle spalle un passato di soprusi e violenze anche psicologiche per ricominciare a vivere; ma le cicatrici fanno ancora male e son pronte a bruciare all’approssimarsi dell’uomo che l’ha costretta alla fuga, come quella di Harry Potter in vicinanza di Voldemort. Alla storia di Agata, che rappresenta tutte le donne vittime di stalking e violenza obliate per disistima dell’entità del problema, si accompagna quella di Nabil, che porta in luce un altro aspetto importante dei nostri giorni: quello dei pregiudizi nei confronti degli immigrati, che qui assumono forma comica al limite del ridicolo ma raccontano, in retroscena, una verità attuale.
Sfruttando quella sospensione dell’incredulità che è componente essenziale del teatro, in Miss Agata la Pepe riesce a rendere verosimili situazioni e stratagemmi narrativi fantasiosi e divertenti, che danno luce a problematiche importanti allegerendone però la fruizione da parte dello spettatore, permettendone una maggiore potabilità di pubblico.
Rimanendo in equilibrio tra realtà e fantasia, da menzionare che accanto alla Pepe e a Boschi, nella parte di Nabil un vero richiedente asilo del Gambia, che all’epoca delle riprese aveva ancora la domanda di asilo in valutazione.
Michela Aloisi