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Midnight

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VOTO: 7.5

Notte da incubo

In una kermesse come il Florence Korea Film Fest interamente dedicata alla cinematografia sudcoreana, tra le più attive dal punto di vista dell’esplorazione dei generi, non poteva mancare nella line-up della sua ventesima edizione un serial-thriller. Nel filone in questione la Corea del Sud ha, infatti, dato alla luce pellicole che hanno lasciato un segno del loro passaggio sullo schermo tra cui Memories of Murder di Bong Joon-ho e I Saw the Devil di Kim Jee-woon. Sono solo due delle tante opere che hanno raccontato le macabre gesta omicida di assassini seriali immaginari o realmente esistiti come quello al centro del film del 2003 diretto dal regista premio Oscar per Parasite, attivo fra il 1986 e il 1991 a Hwaseong, nella provincia di Gyeonggi.
Quello che troviamo tormentare le due malcapitate di turno in Midnight di Kwon Oh-Seung, presentato alla rassegna toscana dopo l’anteprima mondiale al Fantasia International Film Festival di Montreal nel 2021, fortunatamente è solo il frutto della mente dello sceneggiatore Jero Yun. Vittime designate della furia omicida di questo sadico predatore notturno sono due donne, entrambe sordomute, che loro malgrado si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato, diventando testimoni oculari di un possibile delitto. Loro sono Kyung-mi e sua madre. Lavora in un call center, e un giorno scappa via da una serata poco piacevole insieme ad un suo cliente, dopo essere andata a prendere sua madre. Nel frattempo, l’assassino Do-sik tiene d’occhio la madre di Kyung-mi, che sta aspettando la figlia mentre sta parcheggiando. I piani dell’assassino cambiano non appena passa di lì una ragazza, So-jung, che sta parlando al telefono. So-jung viene accoltellata e il suo corpo viene trovato da Kyung-mi, diventata adesso la nuova preda di Do-sik.
Parte così, con il piede costantemente pigiato sull’acceleratore, l’odissea notturna al centro di un lunghissimo ed estenuante inseguimento da vivere in apnea, dove ai personaggi e al pubblico non è concesso nemmeno un momento per rifiatare. Midnight è un meccanismo di pura tensione che procede a ritmo spedito con l’unico obiettivo di tenere lo spettatore in uno stato di allarme perenne. E in questo l’opera prima di Kwon Oh-Seung si differenzia moltissimo dai film dei connazionali Bong Joon-ho e Kim Jee-woon, quest’ultimi più focalizzati sulla costruzione della linea mistery e sul disegno dei personaggi, aspetti che il regista esordiente e il suo sceneggiatore hanno messo in secondo piano a favore di altri. Al netto di qualche dinamica che lascia qualche dubbio in merito alla credibilità e al realismo, il film si presenta nella sua interezza come un accumulatore seriale di tensione che cresce mano a mano che scorrono i minuti per implodere in un finale al cardiopalma. Si tratta del resto di un prodotto di genere, che nasce da una storia di pura fantasia, motivo per cui si può chiudere anche un’occhio su certi aspetti nel momento in cui il risultato mette a segno altri colpi. In questo caso una sapiente gestione e un ottimo dosaggio della suspence, che sale e scende come una montagna russa grazie a scene dal forte impatto in termini di coinvolgimento: dagli inseguimenti nel garage e tra i vicoli di Seoul, dall’aggressione nella stazione di polizia alla già citata resa dei conti finali.
Non originale, ma comunque assai funzionale alla vicenda, l’espediente sonoro di togliere l’audio quando siamo nella testa di Kyung Mi. Il ricordo torna ad Hush – Il terrore del silenzio, il thriller-horror del 2016 diretto da Mike Flanagan, in cui un personaggio disabile deve vedersela con un assassino convinto di avere un enorme vantaggio, al quale se vuoi si possono andare ad aggiungere le cacce all’uomo di The Hitcher, Duel e Sexy Durga. Così facendo il personaggio acquista la giusta centralità e lo spettatore segue l’evolversi di questa lotta per la sopravvivenza attraverso la prospettiva di chi la sta vivendo, con i suoi occhi e le sue orecchie che diventano anche le nostre estensioni sensoriali. Il ché aumenta in maniera esponenziale il livello di coinvolgimento del fruitore nei confronti degli accadimenti e del destino della protagonista e di sua madre. Queste sono interpretate con grande efficacia da Ki-joo Jin e Hae-yeon Kil, la stessa efficacia che ritroviamo anche nella performance di Wi Ha-Joon che dopo essere stato un poliziotto in Squid Game, passa dall’altra parte della barricata dando corpo e voce a una figura inquietante quanto spietato serial killer.
Sono dunque la capacità di costruire la tensione, il modo in cui il regista la fa crescere nei 100 minuti a disposizione, lo stile eclettico di una regia che sa come coinvolgere il pubblico e le convincenti performance attoriali, a rendere Midnight un buon prodotto di intrattenimento senza pretese autoriali, che guarda moltissimo alla sostanza.

Francesco Del Grosso

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