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Melancholic

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VOTO: 7.5

Un brillante e stravagante racconto di formazione

Uno dei piaceri maggiori che il Far East Film Festival di Udine riserva a chi ogni anno vi si rechi è la capacità di spiazzare e di stupire che possiede il vasto ventaglio di film proiettati. Capita, quindi, di assecondare lievi cambi di programma sulla nostra agenda quotidiana che vengono condizionati da quella che potremmo definire una combinazione d’istinto e fortuna. Si finisce seduti sulle poltroncine del Teatro Nuovo sperando di avere fatto la scelta giusta ad essere lì, ad assistere a quella determinata proiezione che inizialmente avevamo scartato, confidando di non stare per perdere tempo prezioso per recensioni, incontri per la stampa, ecc. E il più delle volte, al Far East, la magia accade e si viene conquistati da titoli che in un primo momento avevamo del tutto ignorato.
Per quanto riguarda chi scrive, ciò si è verificato sabato pomeriggio. Il film in questione è il giapponese Melancholic, esordio alla regia di Tanaka Seiji.
La vicenda ruota attorno al personaggio di Kazuhiko, giovane timido e insicuro. Kazuhiko si è da poco laureato all’università, ma non sembra interessato ad ottenere un posto di lavoro fisso, fino a quando, per amore di una ragazza che lì si reca spesso, non decide di farsi assumere al bagno pubblico vicino a casa. Qui, però, tra le sale, le vasche, gli asciugamani e il sapone, si cela un segreto: il posto, infatti, durante la notte, è utilizzato dalla yakuza per le esecuzioni dei rivali e dei nemici. Kazuhiko, coinvolto suo malgrado in questa situazione, dovrà presto imparare le regole del “gioco” per sopravvivere.
Il protagonista di Melancholic è un ragazzo introverso, impacciato, che invece che dire “sì” spesso bofonchia imbarazzato ed è ricoperto da un amore materno a tratti soffocante. L’unica cosa che pare in grado di sbloccarlo da questa situazione di stallo, anche se invero molto lentamente e con difficoltà, è la nascente passione che lo legherà a quella che è destinata a diventare la sua ragazza. Ma sarà il violento impatto con la cruenta realtà della yakuza a scatenare un autentico processo di rinnovamento nella sua personalità. Costretto a ripulire l’interno del bagno pubblico dai cadaveri e dal sangue che si rapprende sul pavimento, Kazuhiko evolverà la propria indole e il proprio carattere, a tal punto da desiderare di lavorare sempre di più durante le uccisioni notturne, dal momento che questo secondo impiego viene pagato decisamente meglio rispetto al primo, vale a dire quello mattutino. Melancholic, insomma, è un vero e proprio racconto di formazione, condito da picchi di humor nero che stemperano quello che è il (tremendo) contesto della yakuza. Le figure che si muovono all’interno del film sono scostanti, rivelano tratti della propria personalità in precedenza nascosti man mano che la storia procede. È il caso di Matsumoto, collega di Kazuhiko, in apparenza poco sveglio, ma in realtà killer al servizio della yakuza momentaneamente a riposo. I due ragazzi porteranno avanti per conto loro una sorta di ribellione nei confronti dei loro capi più anziani, grazie alla quale Tanaka Seiji sembra proporre una situazione di scontro sociale nel Giappone contemporaneo, senza per altro avere la pretesa di risultare esauriente sul tema o di far assumere alla propria creatura una connotazione politica. Melancholic è una valida opera prima, porta alla luce una figura di nerd capace di trasformarsi prima in criminale e poi in eroe e soprattutto scorre con leggerezza, senza mai far perdere interesse allo spettatore, anzi garantendogli, come affermato in un buon italiano dal regista in sala, di non terminare la visione malinconico, a dispetto del titolo.

Marco Michielis

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