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Maya

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VOTO: 7.5

Realtà velate

È Maya, il velo ingannatore, che avvolge il volto dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o anche rassomiglia alla corda gettata a terra, che egli prende per un serpente
Arthur Schopenhauer

Se il nome “Maya” campeggia beatamente, in un cortometraggio che vede una realtà illusoria frutto di conquiste tecnologiche sostituirsi a qualche drammatico vissuto personale, risulta difficile immaginare che non si senta particolarmente legata al pensiero di Schopenhauer la sua autrice, Sophia Tamburrini. Grazie a lei anche la fantascienza ha fatto capolino nella così variegata selezione dell’IRISHFILM FESTA IN SHORT. Ma ha fatto il suo ingresso con un passo discreto, determinato da toni indubbiamente minimalisti, intimi e riflessivi.

Non si può d’altro canto affermare che il plot di Maya contenga elementi in assoluto originali. La tragica dicotomia esistenziale per cui futuristiche invenzioni separano dallo squallore del loro presente alcune coscienze, tenute in una condizione di vita sospesa da sofisticati macchinari, per proiettarle in simulazioni più rosee alimentate da ricordi o dall’immaginazione, è un topos assai presente nella science fiction contemporanea. E per restare sul formato breve ci vengono in mente alcuni episodi davvero illuminanti di The Twilight Zone.
Tuttavia la traccia seguita da Sophia Tamburrini ci è piaciuta molto. Nella storia dell’uomo rimasto solo (da segnalare l’ennesima grande prova di Pat Shortt, già apprezzato in lungometraggi importanti tra cui Garage, The Guard e il più recente The Flag), con un grave lutto alle spalle, abbiamo trovato riscontri che paiono amaramente veritieri sia sul piano personale, privato, che in una dimensione sociale più ampia; sì, perché il fatto che costui sia prima spinto ad accettare un’esistenza virtuale ricostruita da una macchina sulla base dei sui ricordi ed effetti personali, per vedersela poi negare quando le proprie finanze non sono più sufficienti a sostenere i costi del programma, dice molto anche della delicata condizione in cui siamo oggi costretti a vivere. Ossia all’ipotetico (e non poco angosciante) incrocio tra futuri improbabili, passati ingombranti e quel presente, talvolta così difficile da digerire e accettare.

Stefano Coccia

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