Generazione Vietnam
Non è così facile, volendo mettere le mani avanti, tirare fuori dal cilindro un immaginario che dia l’impressione di essere più distante da quello fantascientifico, rispetto a quello che propone usualmente una nazione come il Vietnam. Ovvero un paese in cui, anche a livello artistico e culturale, la precedenza pare accordata da tempo all’urgenza del reale, un’urgenza attigua peraltro al ricordo dei fatti così drammatici che hanno orientato l’evoluzione di tale società, a partire da quel sanguinoso, memorabile conflitto e quindi dalla seconda metà del Nocecento.
Emblematico che in Italia le vicende cui andò incontro l’Indocina in quegli anni evochino anche un progetto musicale d’impronta militante molto apprezzato all’epoca, ossia la pubblicazione dell’album Generazione Vietnam da parte del Canzoniere delle Lame. Ma tornando al cinema, nelle tante edizioni del friulano Far East Film Festival che abbiamo seguito sin dalla sua nascita, le sparute produzioni provienti dal Vietnam avevano di solito un taglio realistico e incline al sociale. Fanno eccezione quei film di genere, il cui numero è senz’altro aumentato nel corso degli ultimi anni, che tendono però verso l’horror, il thriller, magari il cinema di arti marziali. Ha quindi il sapore della scoperta la presentazione nell’Education Program (sezione con pochi titoli ma con una funzione assai interessante) del Trieste Science + Fiction Festival 2022 di un lungometraggio come Maika: The Girl From Another Galaxy, che a detta degli organizzatori viene spesso indicato come la prima opera di fantascienza rivolta alle famiglie e ai ragazzi mai prodotta in Vietnam. Un po’ come se E.T. l’extra-terrestre fosse sbarcato nell’immaginario del Sud-Est asiatico con qualche decennio di ritardo.
Da Generazione Vietnam si è passati, pertanto, a un cinema d’impronta generazionale che proprio nella poetica “spielberghiana” pare avere un saldo punto di riferimento. Preceduta dal breve, simpatico video-messaggio dell’autore Ham Tran, uno che forte della sua formazione registica nella californiana UCLA ha saputo dare in tempi recenti un salutare scossone al panorama del cinema vietnamita, la proiezione di Maika: The Girl From Another Galaxy ci ha posto davanti un film d’intrattenimento divertente, godibile e a tratti anche toccante, nel toccare il tema dell’amicizia; per quanto la natura derivativa di certi schemi narrativi sia del tutto evidente.
Singolare, però, che tra le fonti di ispirazione oltre a quelle d’Oltreoceano ve ne sia una che dice molto della storia politica del paese, più in particolare degli stretti rapporti avuti in passato coi vari membri del Patto di Varsavia. Lo spunto iniziale e il titolo stesso del lungometraggio rimandano infatti a una vecchia serie televisiva cecoslovacca, diventata famosa in Vietnam negli anni in cui il blocco comunista era decisamente compatto, ed ispirata ai racconti dello scrittore ceco Václav Pavel Borovička.
Momento cardine è quello in cui il piccolo Hung, ancora scosso per la scomparsa della madre da tempo malata, sta guardando in televisione un episodio della datata ma ancora popolare serie fantastica: da lì a poco anche lui si troverà a vivere un’avventura incredibile, dovuta all’arrivo sulla Terra per l’avaria della sua astronave di una piccola aliena gentile, che assumerà per l’appunto il nome di Maika. Ciò che ne deriva è un caleidoscopio di situazioni rocambolesche difficile da descrivere in poche righe. Con sullo sfondo una galleria di villain perlopiù buffi, grotteschi, che si meriteranno infine una bella lezione o per il loro continuo vessare l’onesta e laboriosa popolazione del quartiere dove vivono Hung e suo padre, come nel caso della scalcinata gang malavitosa locale, o per i tentativi di fare prigioniera la piccola extraterrestre e sfruttarne così i poteri.
Frutto di una produzione cinematografica alquanto ambiziosa e capace di combinare tra loro toni e scenari diversi, Maika: The Girl From Another Galaxy ha comunque nel mood così retrò che richiama i blockbuster indirizzati ai teenager degli anni ’80 la sua carte vincente, ribadita peraltro da quelle vivaci sequenze iniziali che hanno quasi il sapore della dichiarazione di poetica: su tutte l’avvincente e ipercinetica battaglia aerea tra l’aeroplanino radiocomandato deliziosamente vintage del protagonista e il meno romantico drone comandato invece dal vicino di casa, bimbo paffutello e viziato. Due filosofie a confronto. A parte i tratti maggiormente americaneggiati della narrazione, vanno poi segnalati – e apprezzati – gli elementi più inclini a rappresentare il Vietnam di oggi. Molto suggestiva è ad esempio la scelta di ambientare un segmento importante di questo agile raccontino cinematografico al Sun World Ba Na Hills, esotico parco divertimenti le cui attrazioni vengono frequentemente immortalate dagli scatti dei turisti.
Stefano Coccia