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Magic Mike XXL

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VOTO: 6

Together Again

Mike Lane (Channing Tatum) parrebbe aver messo la testa a posto. Da stripper notturno a piccolo imprenditore proprietario di una fabbrica di mobili il passo non è breve, ma lui lo ha compiuto. Da anni. Almeno fino a quando non arriva una telefonata degli ex-colleghi che gli annunciano la dipartita di Dallas (l’indimenticabile Matthew McConaughey nel primo film, per l’occasione solo evocato e purtroppo liquidato in fretta). Ovviamente è uno scherzo, solamente il pretesto per un nuovo – e forse ultimo – viaggio insieme nel fatato mondo dello strip-tease dedicato ad un pubblico femminile.
Verrebbe davvero voglia di considerare anche Magic Mike XXL alla stregua di un passatempo, una marchetta tra amici utile a riunire la combriccola più o meno allegra dell’originale allo scopo di farsi quattro risate insieme. Stesso cast maschile, a parte la rilevante assenza di McConaughey. Steven Soderbergh che scala da director a produttore esecutivo affidando il timone della regia al proprio assistente storico Gregory Jacobs, con il medesimo sceneggiatore a fare da raccordo (Reid Carolin). Ma quelli che a prima vista sembrerebbero piccoli scarti verso un prodotto in grado di mantenere una certa coerenza di fondo, si rivelano invece passaggi decisivi verso un’operina a tratti anche piacevole ma mai in grado di trovare una strada personale nella realizzazione. Concettualmente Magic Mike XXL avrebbe avuto le carte in regola per assomigliare a certi road-movie anni settanta caratterizzati da disillusione e disincanto, con i personaggi pronti ad un ultimo exploit prima dell’inevitabile rientro nei ranghi causa motivi anagrafici. Niente di tutto ciò, a parte il recupero nostalgico del vecchio logo della Warner Bros. Abbandonati tutti i raffinati riferimenti cinefili – tanto cari ad un autentico “giocoliere” della materia come Steven Soderbergh – che facevano del film primigenio un’eco nemmeno troppo lontano delle classiche commedie della Hollywood del tempo che fu, il lungometraggio (ma lungo, lungo: una sfrondatina alle quasi due ore di durata avrebbe senz’altro giovato…) di Jacobs si rivela più che altro un divertissement riservato ad un’audience femminile di ogni età, capace di schivare con accuratezza qualsiasi esplorazione del cosiddetto “lato oscuro” di un mondo come quello del divertimento sessuale notturno.
Nessun personaggio viene realmente approfondito, sia nel comparto maschile che in quello femminile. Solo corpi in libera uscita, nel tentativo di appagare gli appetiti puramente voyeuristici – tranne pochissime eccezioni nella trama – di spettatrici al di qua e al di là dello schermo. Dibattere sulla parità dei sessi in quanto a strumentalizzazione del corpo è davvero un esercizio pleonastico che il film si guarda bene dal compiere; semmai Magic Mike XXL finisce con il proporre la morale, tanto sacrosanta quanto banale e stantia, secondo la quale il godimento sessuale (femminile) non può e non deve vincolarsi alla carta d’identità. Lo testimonia in misura sin troppo didascalica il segmento narrativo ambientato nella opulenta magione della sempre splendida cinquantasettenne Andie McDowell, quasi una terapia di gruppo nei confronti di attempate signore che confessano ai nostri eroi spogliarellisti le frustrazioni sessuali di un’intera vita. Se poi ci aggiungiamo la figura retorica di Rome (un’irriconoscibile Jada Pinkett Smith, perlomeno dai tempi di Collateral. I guasti del lifting…) come Virgilio al femminile alla riscoperta di uno show business inesorabilmente mutato con lo scorrere del tempo nonché una chiusura coreograficamente travolgente all’insegna della materializzazione dei più reconditi desideri femminili per mano dei nostri amici intrattenitori, allora il punto d’arrivo di Magic Mike XXL diventa ancora più chiaro: donne in platea e uomini, possibilmente, al guinzaglio al loro seguito.
A meno che Magic Mike XXL non sia stato in realtà concepito come una sorta di parodia mascherata di certi serial di successo al femminile come Desperate Housewives o Sex and the City, soprattutto all’annessa mentalità lucrativa dei loro creatori. Confessiamo allora in candida onestà che non ne abbiamo affatto compreso la finezza…

Daniele De Angelis

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