Volere volare
Preapertura alla 14esima edizione della Festa del Cinema di Roma, uscita evento in sala con Fandango dal 21 al 23 ottobre e infine streaming su Netflix a partire dall’1 Novembre. È questo il percorso che attende nelle prossime settimane L’uomo senza gravità, esordio nel lungometraggio di finzione di Marco Bonfanti, già autore di pluridecorati documentari come Bozzetto non troppo e L’ultimo pastore, artefice di un vero e proprio caso distributivo passato alle cronache non più tardi di cinque anni fa.
Per la sua opera prima, ripensando ai precedenti dietro la macchina da presa, il regista milanese non poteva non fare incontrare la fiaba con il fumetto e così è stato. Il risultato è una pellicola che mescola senza soluzione di continuità entrambe le componenti per raccontare la storia di Oscar. Venuto alla luce in una notte tempestosa, nell’ospedale di un piccolo paese nel nord Italia, si capisce da subito che c’è qualcosa di straordinario in lui: non obbedisce alla legge di gravità. Fluttua in aria, si libra nella stanza più leggero di un palloncino, di fronte allo sguardo incredulo della madre e della nonna. Le due donne fuggono con il neonato e decidono di tenerlo nascosto agli occhi del mondo per molti, molti anni. Solo la piccola Agata conosce il suo segreto. Fino al giorno in cui Oscar decide che tutto il mondo deve conoscere chi è davvero “L’uomo senza gravità”…
Prende così corpo sullo schermo un nuovo capitolo delle fantasmagoriche avventure del supereroe di turno che tanto piacciono al cinema nostrano da Lo chiamavano Jeeg Robot in poi. Dono o maledizione resta il dilemma su e intorno al quale ruota il plot, anche se l’autore ci ha tenuto a precisare che «nonostante Oscar abbia un potere speciale, L’uomo senza gravità non è un film sul ‘super eroismo’ così come inteso oggi, ma la storia di un uomo semplice e puro che vuole essere accettato dal mondo. La storia di un essere umano dall’infanzia negata che, al termine di un lungo percorso alla ricerca del sé e dell’amore, comprenderà come, il tornare bambini, sia l’unico modo per vivere una vita davvero “senza gravità”».
E in effetti la scrittura sembra, a differenza di tante operazioni analoghe, andare a sottolineare altri aspetti che allargano gli orizzonti narrativi e drammaturgici di un film che punta deciso su una sorta di realismo magico. Sulla timeline aleggia una sensazione di déjà-vu, ma è un riflesso incondizionato legato alla presenza di personaggi e situazioni che si rispecchiano in tanto cinema di matrice fantastica. Ciononostante, l’attenzione si sposta efficacemente su temi comunque universali, a cominciare dalla difficoltà di essere puri, ingenui e leggeri (in tutti i sensi) in un mondo opaco votato alla pesantezza. Con le disavventure esistenziali di Oscar, che a una radiografia più attenta del suo identikit genetico rivela un incrocio tra Pinocchio e Forrest Gump, Bonfanti vuole focalizzare l’attenzione sulla diversità in quanto ricchezza, disegnando le traiettorie di un romanzo di formazione carico di humour e di spunti di riflessione mai banali.
Il che genera una visione piacevole, capace di strappare sorrisi in più di un’occasione. Al resto ci pensano gli effetti più o meno speciali di buona fattura che consentono all’Oscar delle diverse fasce d’età di fluttuare sotto gli occhi di chi lo circonda e del pubblico di turno. Bonfanti dimostra di avere le idee chiare su quale tipo di cinema portare avanti e siamo sicuri sulla bontà di tale scelta. E in questo caso sia Elio Germano che il resto del cast a disposizione (Michela Cescon, Elena Cotta e Silvia D’Amico) ne agevolano e non poco il primo passo.
Francesco Del Grosso