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Luigi Proietti detto Gigi

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VOTO: 5.5

Gigi the best!

L’inaspettata scomparsa di Gigi Proietti, avvenuta il 2 novembre 2020, ha gettato grandissima parte del popolo romano nello sconforto. Quel 2 novembre, giorno dei morti, era divenuto ancor più triste con la dipartita non solo di un formidabile e poliedrico artista, ma anche di un famoso concittadino che molti romani ormai da anni consideravano come uno di famiglia. In tal caso il documentario Luigi Proietti detto Gigi (2021) di Edoardo Leo, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2021, ha un titolo perfetto per descrivere il personaggio: quel diminutivo, che dagli anni Settanta ha sostituito il suo nome battesimale nei credits di pellicole e rappresentazioni teatrali, conferma quella semplicità, quel senso di amicizia e vicinanza come se gli si potesse dare del Tu, invece di un altezzoso e distanziante Lei. Proietti, come spesso è capitato a figure artistiche che hanno lasciato un profondo segno nel cuore dei romani, è stato definito l’ottavo Re di Roma (come avvenne con il calciatore Falcão, con Alberto Sordi e anche con Francesco Totti), e, per ironia della sorte, nel 1989 interpretò una rappresentazione teatrale, molto ben recensita, in cui interpretava tutti e sette i Re di Roma, e che chiaramente, per quel suo funambolico One Man Show, lui era l’ottavo Re.

Luigi Proietti detto Gigi ha avuto una produzione svoltasi in due fasi. Edoardo Leo, che agli esordi interpretò anche la trasposizione teatrale, sotto la regia di Gigi Proietti, del film Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca) (1970) di Ettore Scola, iniziò la realizzazione del documentario quando Proietti era ancora in vita, durante il suo ultimo anno (era in procinto di realizzare un’altra trasposizione shakespeariana). Attraverso le interrogazioni all’attore (e autore) romano, l’intento di Leo, oltre a confezionare un doveroso omaggio a uno dei suoi miti, era quello di ripercorrere la poliedrica e virtuosa carriera artistica. Spezzoni che chiaramente sono rimasti nel documentario finale, e confermano la vitalità di Proietti sebbene fossero i suoi ultimi mesi. Con la scomparsa di Proietti il documentario si è trasformato completamente in un atto di ossequio, piacevole per i fans (che possono gustarsi nuovamente alcune prodezze comiche del loro beniamino) e utile per quelle generazioni che non lo conoscono, oppure sanno poco della variegata carriera artistica di Gigi. Da questo punto di vista Luigi Proietti detto Gigi è un documentario ineccepibile, perché fornisce molta mole d’immagini d’archivio, tra cui alcune rare perle, che ci fanno nuovamente apprezzare l’artista, e anche il rischioso problema dell’agiografia, che difetta in molti documentari biografici, è evitata, poiché il lavoro di composizione di Leo è di mostrare solo il lavoro e i meritori successi di Proietti, evitando di intrufolarsi nella vita privata dell’attore. Comprensibilmente ci sono anche alcuni interventi della famiglia e conoscenti (la sorella e le due figlie, e un paio di amici collaboratori) per alcuna aneddotica, ma fortunatamente sono piccoli frammenti, a cui si aggiungono interventi di altri artisti, su cui si potrebbe eccepire sulla reale utilità. Sfortunatamente nel documentario manca un maggior approfondimento della carriera cinematografica di Proietti, esigua e meno eccelsa di quella teatrale, ma certamente non meno importante, valida anche per tracciare un completo profilo attoriale. Molto giusto l’inserimento di alcune clip del poco noto Dropout (1970) di Tinto Brass, che mostrano un giovane Proietti già super espressivo e ancora legato alle esperienze del teatro sperimentale, e palese l’inclusione di una clip di Febbre da cavallo (1976) di Steno, pellicola ormai divenuta un cult, però sarebbe stato anche legittimo almeno citare Le farò da padre (1974) di Alberto Lattuada, in cui Proietti ha un ruolo negativo (un uomo che circuisce un’adolescente ritardata), oppure la sua collaborazione con Sergio Citti, con cui ha lavorato in tre sue opere. Tra l’altro, Proietti con Citti ha fatto Casotto (1977), altra pellicola che con gli anni è divenuta un cult, soprattutto per la scena dei piedi zozzi, che è un must comico. Luigi Proietti detto Gigi è un giusto inchino all’arte di Proietti, che ha dato tanto al teatro ma anche molto al pubblico (risate su risate), peccato per la mancata completezza del profilo.

Roberto Baldassarre

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