È sempre colpa nostra
Partiamo da un fatto, i problemi del mondo, siano essi ambientali o sociali, sono causati sempre e soltanto dall’uomo. Il primo approccio dell’essere umano è quello del conquistatore e del padrone. Questo è l’inizio di tutti i problemi: la totale mancanza di rispetto verso l’universo che ci circonda. Devono esserne ben consapevoli David Fincher e Tim Miller, autori della serie antologica Netflix Love, Death & Robots, di cui è ora disponibile il terzo volume.
Dopo il parziale passo falso del secondo capitolo il progetto ritorna sulla giusta carreggiata mostrando un maggiore controllo del materiale in una raccolta che appare più omogenea e ragionata. Abbiamo oramai capito come ogni stagione non sia meramente un insieme di cortometraggi blandamente collegati, ma tenuti insieme dal filo conduttore di un tema di base che ogni opera sviluppa poi autonomamente. Per il primo volume il tema era il rapporto tra esseri umani, il secondo verteva sul legame tra uomo e tecnologia, il terzo esamina invece il tema del rapporto tra gli esseri umani ed il mondo che li circonda. Che l’ambientazione sia horror, fantascientifica, comica o fantasy cambia poco, la dolorosa consapevolezza dell’incapacità umana di guardare oltre il proprio egoistico orizzonte è sempre presente. È tanto più chiaro nel corto Un brutto viaggio (Bad Travelling) diretto dallo stesso Fincher e basato sul racconto di Neal Asher. La quasi totalità dei corti sono realizzati con tecnica digitale, virata negli stili più diversi.
Si differenziano parzialmente Morte allo squadrone della morte (Kill Team Kill) diretto da Jennifer Yuh Nelson, poco interessante ma divertente, e La notte dei minimorti (Night of the Mini Dead) diretto da Robert Bisi e Andy Lyon e tratto dal racconto di Jeff Fowler e Tim Miller.
Si tratta di una gustosa parodia del genere “apocalisse zombie” che richiama nel titolo un famoso videogioco platform. Animato con un passo uno velocizzato richiama in effetti tale genere video-ludico e trascina, è proprio il caso di dirlo, lo spettatore attraverso la storia in quello che potremmo anche definire un vertiginoso video di game-play. Il fattore derivativo di alcuni dei contributi, contiamo anche Sepolti in sale a volta (In Vaulted Halls Entombed) diretto da Jerome Chen, smaccatamente lovecraftiano sia nella concezione che nello sviluppo, è però evidente. Ma l’opera più interessante della raccolta è Jibaro diretto e scritto da Alberto Mielgo. Un’opera di disegno digitale stilizzata nella quale la profondità 3D lascia parzialmente spazio ad un impasto di sfumature e colori primari che ne avvicinano l’estetica a quella dell’arazzo. Ed è questa, probabilmente, la vera struttura del corto, un arazzo di colori e forme animato, senza dialoghi, con la storia che procede solo grazie a pochi dettagli sonori ed all’espressività delle immagini. Il degno coronamento di un’interessante raccolta che si offre come una cornucopia di esperienze visive il cui valore singolo viene certamente aumentato da una visione unica di tutte da parte dello spettatore.
Luca Bovio