Vitelloni porteñi
In principio ci fu la pellicola I vitelloni ( 1953) di Federico Fellini, ritratto dolce e amaro – e con tratti surreali – di un gruppo di giovani ragazzi spensierati in una piccola città italiana, predisposti più al gioco e a conquistare le ragazze che affrontare il presente e incamminarsi in un percorso di maturazione. Poi ci fu Gli innamorati (1955) di Mauro Bolognini, altra storia di giovani uomini propensi allo svago e non alla serietà. A seguire, su questo solco “felliniano”, si aggiunsero altre due pellicole similari, ma ambientate nell’Italia meridionale: Leoni al sole (1961) di e con Vittorio Caprioli, e I basilischi (1963) di Lina Wertmüller, al suo esordio registico. Per finire questa concisa lista cinefila, si associa a questo gruppo di film Mean Streets (1973) di Martin Scorsese, che tra “mafia movie”, ricordi dell’infanzia e religione, abbozza i personaggi come quei vitelloni felliniani. Tutto questo incipit è per rendere evidente che Los Vagos di Gustavo Biazzi è un’ennesima variazione di quella lontana storia provinciale felicemente schizzata da Federico Fellini. Non più la provincia italiana in bianco e nero, e nemmeno la Little Italy di New York degli anni Settanta, ma al centro c’è lo sfondo natalizio e afoso dell’Argentina porteña.
Los Vagos, visto al Festival Cineuropa 32, tradotto in italiano significa “I pigri”, ma può avere anche la valenza de “I vaganti”. Sceneggiato dallo stesso Gustavo Biazzi, più noto come direttore della fotografia e che con questa pellicola esordisce nel lungometraggio, è un tentativo di disamina su un gruppo di giovani indolenti nell’Argentina odierna. Cogliendoli nel momento delle vacanze natalizie, li vediamo che passano il loro tempo tra feste alcoliche, spiaggia, after hours, quieti barbecue e perenne ricerca di ragazze con cui fare sesso. Vediamo questi giovani, quindi, crogiolarsi pigri nella loro giovinezza e allo stesso tempo vagare solo dove c’è divertimento. Di questa compagine di vitelloni Biazzi si focalizza sul protagonista Ernesto, un ragazzo spavaldo e bugiardo, che preferisce demandare a domani gli impegni e galleggiare nel presente, piuttosto che prendere decisioni serie come gli rimbrotta sempre la fidanzata. Tornato bruscamente alla realtà, a causa dell’inaspettato addio della fidanzata stanca dei suoi atteggiamenti immaturi, Ernesto si ritrova a dover fare i conti con se stesso. Lo vediamo nelle scene finali triste e meditabondo che cerca di rimettere ordine alla sua vita (la sistemazione dell’appartamento a Buenos Aires). Los vagos è certamente una commedia giovanilistica, con un onesto tentativo serio d’indagine sociologica, ma vuole essere anche una narrazione di formazione. Stringendo la narrazione e la macchina da presa sul giovane Ernesto, il regista Biazzi tenta di mostrare il tardivo percorso di maturazione del protagonista. Le ultime battute filmiche, ammantate anche da una fotografia più scura, ci mostrano Ernesto sempre presente nel gruppo di amici festanti, ma lui è distaccato e la sua risata per l’evento gioioso è forzata e poco convinta.
Roberto Baldassarre