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Los silencios

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VOTO: 7.5

Vite al confine

Per fuggire dal conflitto armato colombiano Nuria e Fabio, insieme alla madre Amparo, arrivano su una piccola isola nel mezzo dell’Amazzonia, al confine tra Brasile, Colombia e Perù. Del padre si sono perse le tracce. Mentre la madre tratta con la scuola elementare locale, con avvocati e funzionari per trovare una sistemazione e un lavoro, il marito misteriosamente riappare nella loro nuova casa.
Come si intuisce dalla lettura della sinossi, in Los silencios convergono diverse sfumature di dramma che a dose più o meno elevate contribuiscono alla scrittura prima e alla sua messa in quadro poi. Nella pellicola scritta e diretta da Beatriz Seigner, presentata in concorso al 29° Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina dopo un fortunato percorso nel circuito internazionale iniziato alla “Quinzaine des Réalisateurs” di Cannes 2018, il dramma familiare si va a mescolare con quello sociale nel momento in cui la protagonista e la sua prole si trovano a dovere fronteggiare insieme alla comunità locale le sirene di qualche multinazionale intenzionata a costruire sull’isola un casinò e degli alberghi di lusso. La lotta per la sopravvivenza quotidiana di una famiglia, alle prese con la mancanza di un lavoro, l’iter per il riconoscimento dello status di rifugiati e le esigenze giornaliere, si sovrappone a quella per difendere la nuova casa e la terra che la ospita dagli interessi di ricchi e spietati imprenditori. Una battaglia, questa, su due fronti sempre aperti che vedono impegnati Amparo, suo marito fuggiasco e i due figli. Proprio la presenza di quest’ultimi e del peso specifico che rivestono nell’economia generale del racconto apre nella timeline parentesi da romanzo di formazione che aggiungono ulteriori stratificazioni al tutto.
La cineasta brasiliana ha messo dunque moltissima carne al fuoco, ciononostante è riuscita a gestirla e a trarne un’opera, la seconda sulla lunga distanza dopo la prima co-produzione tra Brasile e India dal titolo Bollywood Dream, capace di emozionare senza suonare continuamente le corde della tragedia umana e sociale. Per farlo lavora con la medesima attenzione sulle micro e sulle macro dinamiche tra i personaggi, passando per un efficace In & Out tra il dentro e il fuori delle disagiate mura domestiche. Sia chiaro, tanto il plot quanto le one lines che lo compongono non offrono nulla di nuovo sul piano drammaturgico e narrativo, poiché di storie come quelle al centro di Los silencios troppe ne abbiamo viste transitare sul grande e piccolo schermo, ma sono la verità e il realismo che trasudano dall’approccio, dalla direzione degli attori (molti dei quali non professionisti) e dalle interpretazioni stesse (spiccano quelle di Marleyda Soto e della piccola María Paula Tabares Peña, rispettivamente nei panni di Amparo e Nuria) a fare la differenza.

Francesco Del Grosso

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