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Loro chi?

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VOTO: 5

Truffa chiama truffa

Ok. Risparmiamoci la solita litania sulla commedia all’italiana ormai da decenni incapace di graffiare, di fare satira sul variegato corpus sociale che compone il Belpaese. Accettiamolo come fatto acquisito, sorta di involuzione delle Belle Arti che ha colpito un po’ tutti i campi, dalla letteratura sino al cinema. La domanda centrale allora diviene un’altra: è ancora possibile, nell’ambito del cinema italiano, divertire con intelligenza oppure i due concetti finiscono inevitabilmente con l’elidersi l’un l’altro? Premessa: Loro chi?, esordio nella finzione per entrambi i registi Fabio Bonifacci e Francesco Miccichè, ci prova, a cimentarsi nella titanica impresa. Senza però nemmeno riuscire ad avvicinarsi ad un esito positivo. Eppure il punto di partenza poteva prestarsi ad un risultato di qualche interesse. In fondo realizzare un film sulle truffe in un paese dove il fregare il prossimo è divenuta quasi regola di vita, a maggior ragione in tempi critici come quelli che stiamo vivendo ora, avrebbe potuto partorire un’opera, a proprio modo, “esemplare” poiché in grado di farsi metafora di un qualcosa di più grande. Non è stato così perché gli autori hanno deciso di giocare d’accumulo invece che di fine intelligenza, generando perciò un effetto straniante che inibisce persino quei (rari) momenti di pura comicità in cui la risata avrebbe dovuto e potuto scattare spontaneamente. Eppure un ripasso veloce di classiche pellicole sull’argomento, tipo l’evergreen La stangata (1973), avrebbe senz’altro giovato nella ricerca di un senso della misura.
Loro chi?, infatti, manifesta dopo pochi minuti di proiezione inesorabili segnali di pigrizia. Il plot si attorciglia attorno all’usurata trama del fregato che si unisce al truffatore, evitando qualsiasi allargamento della macchina da presa al contesto sociale, se non per descrivere una grottesca forma di servilismo di massa verso chi si mostra potente (di nome e di fatto: attenzione alla scarsissima fantasia nella scelta dei nomi fittizi…) ma non lo è affatto. Loro chi? diventa perciò rapidamente un film di figurine inserite goffamente in una sequela interminabile di situazioni pseudo-beffarde, che isolate formano tutt’altro che un lungometraggio compiuto. Anche giustamente ci si affida al talento carismatico dell’inafferrabile re della truffa Marco Giallini, affiancandogli lo sprovveduto – almeno in apparenza – Edoardo Leo, bravo ma ormai a rischio fossilizzazione nel ruolo di vittima predestinata da parte di congiure operate da destini avversi. La coppia attoriale dimostra una buona intesa comica, tuttavia è tutto il resto a venir meno. E il film sembra tramutarsi, per lunghi tratti, in un banale pretesto per un tour nell’Italia più turistica – da Trento alla Puglia, passando ovviamente per la Capitale – alla ricerca di finanziamenti assortiti per coprirne i costi. Finanziamenti poi ottenuti, come si legge dai titoli di testa, per un film al solito dichiarato di un “interesse culturale” perlomeno dubbio.
Alla fine, chi cercherà divertimento a buon mercato e senza pretese magari lo troverà anche, soprattutto rispetto ad altri lungometraggi italioti del medesimo genere. Chi osserverà i dettagli rimarrà perplesso di fronte, ad esempio, a presunte gag di stampo maschilista sull’omosessualità femminile. Gli amanti della bella scrittura cinematografica avranno la tentazione di uscire prematuramente dalla sala, nonostante il curriculum di un certo valore, nello specifico settore, del co-regista Fabio Bonifacci, per l’occasione accreditato come unico autore di soggetto e sceneggiatura. Viene dunque il dubbio che il film stesso si sia, più o meno inconsapevolmente, adeguato alla tematica trattata; degno figlio di un certo nostro cinema a sua volta generato da un paese dove è sufficiente ascoltare le parole di una classe politica da deprecare in toto per comprendere, senza nemmeno il piacere del dubbio speranzoso, il modo in cui finiremo. O, meglio, nel quale siamo già da tempo finiti.

Daniele De Angelis

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