Un uomo solo nel silenzio
Chi conosce il lavoro di José Luis López-Linares saprà che oltre alla direzione della fotografia, della quale si occupa ormai dalla fine degli anni Settanta e che lo ha portato a collaborare dietro la macchina da presa a film e serie di importanti colleghi del panorama internazionale, a intervalli regolari si dedica anche alla regia. Lo ha fatto e continua a farlo periodicamente dirigendo documentari che si focalizzano principalmente sulle arti figurative e sulle biografie di alcuni dei suoi illustri esponenti. L’ultimo in ordine di tempo è Francisco José de Goya y Lucientes, eccezionale ritrattista, celebrato pittore della corte spagnola, narratore acuto e spietato osservatore dei vizi, dei paradossi umani e dell’ipocrisia moderna, universalmente riconosciuto come uno dei giganti della storia dell’arte. Già raccontato in passato da cineasti del calibro di Milos Forman in L’ultimo inquisitore e Carlos Saura in Goya, il dissacrante pittore e incisore spagnolo, rivive sul grande schermo, così come gran parte delle sue celebri opere, nel ritratto che il direttore della fotografia e regista madrileno, già autore del pluripremiato film campione d’incassi Bosch – Il giardino dei sogni, gli ha voluto dedicare dal titolo L’ombra di Goya, presentato in anteprima mondiale alla 75esima edizione del Festival di Cannes e in uscita il 6, 7 e 8 marzo con Nexo Digital.
Per dipingere questo ritratto audiovisivo incentrato su un artista che, come pochi altri, ha saputo mostrare gli incubi, le ossessioni e i fantasmi degli esseri umani, ma anche le straordinarie creature fantastiche che nascono dalle loro menti dissacranti, López-Linares ha chiamato a raccolta un team di dodici specialisti di tutte le discipline, guidato dal compianto Jean-Claude Carrière, con lo scopo per nulla semplice, data la complessità della materia prima e del soggetto presi in esame, di cercare di decifrarne la ricca e sinuosa opera, lo stile inconfondibile e i tratti caratteristici. Il risultato è un affascinante racconto corale, nel quale il composito corteo di esperti e appassionati scelti dal regista, tra cui figurano Julian Schnabel e il già citato Carlos Saura, esplorano le infinite sfaccettature del genio aragonese di Fuendetodos. Da qui, dal piccolo paese situato nella Sierra Gorda, dove nacque nel 1746, che Carrière è partito in compagnia della macchina da presa di López-Linares per un viaggio a tappe, fisico ed emozionale, alla scoperta di Goya. Proprio il ritorno nei luoghi dove l’artista ha lavorato o che custodiscono le sue opere, che lo sceneggiatore, drammaturgo e cineasta francese si reca per mettere insieme i tasselli di un mosaico esistenziale e professionale. Un faccia a faccia che si tramuta in un incontro intenso e potentissimo, fuori dal tempo e dalla spazio, in cui un Carrière nelle vesti del Virgilio di turno accompagna lo spettatore e la cinepresa nell’universo di Goya. Un universo, quello del dissacrante pittore spagnolo, nel cui immaginario e nelle cui creature fantastiche predominano i temi della rivoluzione, del carnevale e della rivolta all’ordine precostituito. Una capacità speciale di indagare i mondi alla rovescia in cui vengono ribaltate tutte le gerarchie: quelle tra servi e padroni, quelle tra uomini e animali, quelle tra maschile e femminile.
La guida acuta e le riflessioni illuminanti di Carrière, che non manca di individuare i legami artistici tra il pittore e il regista Luis Buñuel (l’essere entrambi originari dell’Aragona, oltre alla sordità e alla predilezione per una narrazione di tipo surrealista), con cui lo sceneggiatore francese ha avuto una storica e indimenticabile collaborazione, diventano il filo rosso che percorre la narrazione del documentario. A questo si va ad aggiungere il coro polifonico di voci degli altri intervistati che, attraverso le rispettive competenze e punti di vista, amplia e arricchisce ulteriormente l’analisi.
L’ombra di Goya si presenta al contempo come un biopic e un saggio analitico sul protagonista, indirizzato agli appassionati della grande Arte e nello specifico ai cultori del celebre pittore spagnolo, ma capace allo stesso tempo di andare oltre i soli fini didattici e informativi. Il docu-film di López-Linares supera questi confini, prestando la visione a un pubblico di non soli addetti ai lavori, cosa che normalmente non accade con prodotti audiovisivi di questo tipo. Il ché ne allarga gli orizzonti distributivi e di conseguenza i potenziali fruitori. La dimostrazione sta anche nel fatto che abbia avuto il suo battesimo sulla prestigiosa Croisette.
Francesco Del Grosso