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L’Insonne – Ouverture

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VOTO: 7

Incubi nella Firenze by night

Ve lo dice il Fasso, io il metal ve lo passo.” Con questa temeraria uscita di DJ Fasso a Radio Strega, location del film tra le più emblematiche, vi possiamo introdurre una delle tante prerogative che a nostro avviso rendono L’Insonne – Ouverture un prodotto valido, molto ben confezionato; ovvero la colonna sonora, che, ondeggiando tra hard rock ed heavy metal di band dal carattere fieramente “indie” come Metibla, Helligators ed Alchem, conferisce il ritmo giusto al racconto.

Ma ovviamente c’è molto altro da dire su L’Insonne – Ouverture, che sta avendo un’interessante vita festivaliera, tant’è che approdando infine al 37° Fantafestival si è ritrovato in concorso nella categoria “Miglior Cortometraggio Italiano”, sebbene la durata di circa tre quarti d’ora ce lo faccia già considerare un mediometraggio.
Grazie alla traccia seducente e al contempo robusta rinvenuta nella serie a fumetti L’Insonne, ideata da Giuseppe Di Bernardo e Andrea J. Polidori negli anni ’90 a Firenze, quello diretto con polso sicuro da Alessandro Giordani è un ottimo esempio di mistery all’italiana che si nutre di suggestioni non soltanto musicali, ma anche ambientali, sociali e di “semplice” sviluppo dei personaggi, raffigurati qui in maniera quanto mai tosta. A partire dalla protagonista Desdemona, tormentata DJ di Radio Strega cui la bella Chiara Gensini, anima dark e piglio autoritario, sa attribuire un passo decisamente moderno, da eroina (e donna) emancipata che non si tira mai indietro davanti al pericolo. Una Firenze by night che già dalle prime inquadrature sembra pulsare di storie morbose e casi irrisolti è il suo terreno di caccia. La vediamo così muoversi, con invidiabile disinvoltura, dalla sua postazione radiofonica alle corsie di una clinica privata, dove si sospetta stiano accadendo fatti terribili…

L’indagine da lei svolta tiene sempre col fiato sospeso. Merito, questo, di un prodotto che a dispetto dei non tanti mezzi a disposizione è girato in maniera secca, pulita, tanto da valorizzare anche quei rari interventi in computer grafica che, con taglio quasi espressionista (vedi le minacciose ombre tentacolari sulle pareti), accompagnano la protagonista (e conseguentemente lo spettatore) in fulminee discese oniriche. Piace quindi come l’alone di mistero che ne deriva si sovrappone ai risvolti più cinici, di certo crudeli, per quanto legati al progressivo distorcersi di sentimenti forti come quelli derivanti dalla maternità (è del resto il racconto “Cuore di mamma” di Rossella Martina, la più diretta fonte di ispirazione), delle scelte compiute dagli ambigui personaggi cui l’agguerrita Desdemona sta dando la caccia. Il limite è forse nel carattere un po’ affrettato che assume a tratti la detection, quasi fosse il “peccato originale” di aver comunque optato per un mediometraggio, come durata. La buona fattura del lavoro prodotto da Giorgio Beltrame e Daniele Urciuolo impone ad ogni modo una riflessione: approcci simili meriterebbero senz’altro di approdare più facilmente alla convenzionale estensione del lungometraggio o magari alla serialità; mette ad esempio un po’ di tristezza pensare che, fino a qualche decennio fa, la RAI proponeva anche serie televisive pensate per chi ama certo cinema di genere, mentre le fiction di oggi stemperano ad arte simili tensioni, regalandoci buonismo continuo, medici in famiglia, posti al sole o al massimo qualche Don Matteo dal sorriso eternamente stampato in faccia. L’oscurità non viene più coltivata come si deve. E quando si incrocia per caso uno sguardo come quello rivelatosi ne L’Insonne – Ouverture, l’auspicio sarebbe che chi porta sullo schermo racconti del genere avesse più possibilità di farsi avanti e sviluppare i propri progetti.

Stefano Coccia

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