Come una figlia
I figli sono di chi li ama e di chi li fa crescere. Essere genitori non è un diritto acquisito per nascita, ma un diritto che va conquistato. Concetto, questo, ampiamente ribadito da un film come L’estate di Cléo (Àma Gloria), la cui visione è fortemente consigliata a chi sostiene il contrario. Qui alla morte di una madre e all’assenza-presenza di un padre, amorevole si ma troppo concentrato sul lavoro, si sostituisce una tata che per la giovanissima protagonista diventa una mamma a tutti gli effetti. È un rapporto di sincero e potente infatti quello tra Cléo, sei anni, e la sua tata Gloria, un legame del tutto simile a quello che lega madre e figlia. Così, quando la donna deve tornare a Capo Verde per prendersi cura della sua famiglia, la separazione è dolorosa. Ma c’è ancora tempo, c’è ancora un momento per stare insieme: con il permesso del padre, Cléo viaggia fino al Paese natale della sua tata e passa con lei un’ultima estate carica di dolcezza e speranza. Un’esperienza indimenticabile per imparare a crescere e gettarsi con coraggio nell’incertezza del futuro.
La regista francese Marie Amachoukeli, al secondo film dopo il lavoro a sei mani di Party Girl, per l’occasione rielabora i ricordi d’infanzia per raccontare la storia di un amore assoluto, visto dalla prospettiva bassa e miope di una bambina attraverso lo sguardo ravvicinato di una macchina da presa che restando sempre attaccata ai personaggi crea un’intimità tale da arrivare a radiografare in maniera ultra-sensibile gli stati d’animo degli stessi. Il risultato, disponibile nelle sale con Arthouse di I Wonder Pictures a partire dal 21 marzo 2024 dopo l’anteprima mondiale alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2023, è un’opera che parla di affetti, legami e relazioni indissolubili. Lo fa filtrato dalla lente di un realismo magico e i contenuti del calssico capitolo di un romanzo di formazione, con tutti i temi normalmente in dotazione a coloro che come la cineasta e sceneggiatrice parigina si confrontano con il coming-of-age e le tematiche universali ad esso collegate.
L’estate di Cléo è un film fatto di tante piccole cose che messe insieme lo rendono speciale. La chiave sta nel tocco delicato e nell’accuratezza che caratterizzano la scrittura e la messa in quadro, quest’ultima incorniciata da un 4:3 che dona centralità ai personaggi e ci fa entrare in sintonia con loro. Il ché consente allo spettatore di notare la grandissima alchimia che si è venuta a creare tra Louise Mauroy-Panzani e Ilça Moreno Zego, ma soprattutto di apprezzare le loro interpretazioni capaci di sprigionare verità e una commozione mai forzata che scalda e accarezza le corde del cuore. Completano degli inserti animati estemporanei dove la tecnica del graffiato si mescola con il trompe l’oeil, dando all’impianto realistico dei pizzichi di poesia. Qui si materializzano sogni, ricordi e proiezioni di entrambe, portando la storia su un piano onirico, lirico e astratto.
Francesco Del Grosso