Il cuore come un martello pneumatico
Per la sua opera prima dal titolo Les meilleures, presentata in concorso alla 36esima edizione del MiX Festival Internazionale di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer dopo l’uscita nelle sale francesi nel marzo scorso, Marion Desseigne-Ravel ha scelto di raccontare una storia legata a doppia mandata a un tema, quello dell’amore tra donne, già relativamente ben trattato al cinema e portato all’attenzione di innumerevoli spettatori da film come La vita di Adele o Carol. Ciò potenzialmente sulla carta abbasserebbe e non di poco l’attenzione e l’interesse dello spettatore di turno nei confronti della pellicola in questione. Ma vogliamo pensare, con la visione durante la kermesse milanese ce lo ha confermato, che quello di partire e sviluppare il plot da un tema così ampiamente dibattuto sia stato un rischio calcolato.
Consapevole dell’abbondanza di opere sul tema, la cineasta transalpina non ha avuto la presunzione di trattarlo da una prospettiva diversa o inedita, ma ha puntato su un approccio meno pretenzioso, volutamente low profile che non significa però meno attento e impegnato. L’autrice parte da un romanzo di formazione adolescenziale, nel quale chiama in causa anche la scoperta e l’esplorazione dell’identità di genere, per poi concentrarsi sulla tempesta di sentimenti che metta in subbuglio la mente e il cuore della protagonista. Lei è Nedjma, una diciassettenne che vive in un quartiere popolare di Parigi, con la madre e la sorella. Adolescente apparentemente sicura di sé, apprezzata e rispettata nel quartiere, è la leader indiscussa di una banda di ragazze. Un giorno Zina, una ragazza della sua età, si trasferisce nell’appartamento di fronte al suo. Zina appartiene alla banda rivale e dunque Nedjma non dovrebbe esserle amica. Ma l’incontro la sconvolge e destabilizza la sua vita. Il conflitto che deve risolvere è quello tra il mantenimento della propria reputazione e una passione che né le amiche né la sorella sono in grado di accettare e comprendere.
Les meilleures focalizza il plot sulla dolcezza fiorente e l’innocenza mai venuta che sopravvive dentro la protagonista, che contrasta con l’atmosfera dura del quartiere popolare parigino dove si svolge la storia. È questa contrapposizione a rendere il racconto coinvolgente e a dare un impronta precisa a un progetto che altrimenti non avrebbe avuto un appiglio significativo in grado di giustificare tanto lo sforzo artistico quanto quello più squisitamente produttivo ed economico. Del resto di amori contrastati tra donne e di spaccati di sopravvivenza in habitat ostili e difficili come le banlieue se ne contano innumerevoli e di certo non ne servivano degli altri.
Desseigne-Ravel è brava, oltre che saggia, nell’avere dipinto sullo schermo un ritratto amoroso intenso e non banale, dallo sguardo mai voyeuristico (vedi le scene d’intimità tra le due protagoniste), che parte dal basso e si nutre di sentimenti veri, quelli provati da due adolescenti alle quali prestano corpo e voci due autentici talenti come Lina El Arabi (Nedjma) ed Esther Rollande (Zina), che insieme offrono allo spettatore momenti di grande tenerezza. Il tutto calato in un contesto difficile ma non per questo restituito nel modo stereotipato con cui la cronaca nera o l’immaginario comune sono soliti raffigurare la periferia.
Francesco Del Grosso