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Lèmuri, il bacio di Lilith

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VOTO: 7

Nosferatu è donna

Parte da lontano un’operazione cinematografica come quella che ha portato alla realizzazione di Lèmuri, il bacio di Lilith. Non solo perché il lungometraggio – recuperato per il concorso della nuova sessione di IndieCinema 2021 – è in effetti datato 2008; soprattutto perché è negli albori della Settima Arte che l’opera diretta dal siciliano Gianni Virgadaula trova la sua autentica ragion d’essere. Una rivisitazione, cioè, estremamente accurata in chiave filologica del Mito del Vampiro girata come si trattasse di un film dell’epoca del muto, con tanto di didascalie nonché commento musicale “invadente” a sottolineare i principali momenti narrativi dell’opera. Un ritorno al passato quantomai necessario allo scopo di ritrovare inquietudini ed angosce perdute, troppo spesso oggi sacrificate sull’altare di un overdose di immagini – non solo cinematografiche, purtroppo – destinate a ridisegnare i confini ultimi di ciò che è ancora possibile definire orrorifico.
La diegesi ci conduce nella Germania del 1928 (ottimamente ricostruita in Sicilia), dove uno spettrale bianco e nero suggerisce l’imminente avvento di fantasmi (di stampo nazionalsocialista) ben reali pronti ad agitarsi nella coscienza collettiva. Nella cosiddetta Contrada del Lupo vive nel proprio lussuoso castello il barone Ludwig von Reder, ancora segnato dalla prematura scomparsa della moglie Lusilla. A suo servizio il losco Balduin, che rapisce ed uccide le giovani ragazze dell’adiacente villaggio. Un’atmosfera opprimente che raggiungerà il suo culmine quando von Reder troverà una lettera vergata dalla consorte prima della morte in cui essa rivela di essere una “non morta” pronta a tornare per donare l’immortalità eterna al marito, attraverso il suo morso. La lettera è firmata Lilith Helm, un’antenata di Lusilla accusata di stregoneria e bruciata al rogo. Le due dimensioni temporali iniziano a sovrapporsi, aumentando il disagio nella già tormentata psiche del barone.
Come si evince da queste scarne note narrative non è nella nuda trama che si possono riscontrare i pregi principali dell’opera. E’ anzi la sceneggiatura, sin troppo adagiata sulle convenzionalità di un genere antico quasi come la Storia del Cinema, a costituire il tallone d’Achille di un lungometraggio altrimenti realizzato con un evidente e viscerale amore nei confronti di una Settima Arte ormai appartenete al passato più remoto. L’intelligenza sopraffina di Lèmuri, il bacio di Lilith sta tutta nel ribaltamento di determinati stereotipi, in primis quello che ha sempre visto il vampiro come affascinante maschio seduttore e l’atto del succhiare il sangue palese metafora di un rapporto sessuale ovviamente scevro di qualsiasi coinvolgimento sentimentale. Il regista e sceneggiatore Virgadaula invece racconta di un mondo cupo, nel quale non sono i lupi le belve feroci da cui guardarsi ma gli essere umani, capaci di qualsiasi gesto empio. E dove il sentimento più puro troverà la propria concretizzazione estrema solamente nel processo post-mortem, in un’accezione che il cinema di genere ha sempre considerato negativamente, alla stregua di fonte primaria di terrore. Anche per tutti questi motivi non disturbano affatto gli elementi formali intrisi di modernità inseriti nel corso del film, come ad esempio l’immagine del celebre L’urlo, dipinto di Edvard Munch a simbolizzare un caos in vita di impossibile risoluzione, destinato alla pace solo con la morte.
Dietro un’opera talmente rifinita a livello stilistico da correre persino il rischio di qualche ingiusta accusa di “formalismo” si cela al contrario una suggestiva istanza dalla valenza quasi filosofica: l’esistenza come forma transitoria di passaggio verso una realizzazione compiuta. Un inferno – o al limite un purgatorio denso di paure – da attraversare con fatica e sacrificio con l’obiettivo di una vita eterna trascendente da qualsivoglia ideologia religiosa o di altra natura. Ed è questo a lasciare il segno in un esperimento cinematografico non a caso destinato a rimanere un unicum nella filmografia di Virgadaula. Almeno sino ad ora.

Daniele De Angelis

Il lungometraggio è disponibile per la visione sulla piattaforma IndieCinema

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