Resistere e andare
Esistono artisti che fortunatamente riescono a mantenere una coerenza nel proprio percorso (non è affatto scontato) ed Emma Dante è tra questi, pur mettendosi in gioco in ogni progetto che realizza. Ci preme subito chiarire che chi ha avuto modo di assistere allo spettacolo de “Le sorelle Macaluso”, ritroverà nel film dei punti di contatto, uno spirito inconfondibile che già si era respirato in platea e che, questa volta, potrete avvertire in sala attraverso la potenza del linguaggio cinematografico. Le nostre donne sono: «Maria, Pinuccia, Lia, Katia, Antonella. L’infanzia, l’età adulta e la vecchiaia di cinque sorelle nate e cresciute in un appartamento all’ultimo piano di una palazzina nella periferia di Palermo. Una casa che porta i segni del tempo che passa come chi ci è cresciuto e chi ancora ci abita» (dalla sinossi ufficiale). E sono proprio i luoghi, a partire dalla casa, che diventano co-protagonisti, compreso il vuoto che lascia chi se ne va.
Come nella sua opera di esordio, Via Castellana Bandiera (presentato sempre a Venezia nel 2013), la regista siciliana parte da ciò che più conosce, inclusi i posti della città dov’è nata e cresciuta, Palermo – in particolare ci riferiamo allo stabilimento privato Charleston. Sia quando lavora sul palcoscenico che per lo schermo dimostra di avere una grande attenzione verso il tempo, lo spazio e il corpo dell’attore, inevitabilmente esplorati in maniera diversa attraverso l’obiettivo della macchina da presa.
Non è un caso che il primo capitolo sia l’infanzia, certamente è la prima fase che attraversiamo, ma è anche il primo momento dove impariamo a muovere i passi, abbiamo la curiosità e la spontaneità dei bambini (che non temono di andare oltre un limite) e sono anche gli anni che segnano l’adulto di domani. Nell’incipit de Le sorelle Macaluso, la più piccolina, Antonella (Viola Pusateri), con altre sorelle, sta creando un buco nella parete. Cade la polvere del cemento per terra e lo spettatore non può non notarlo perché per quanto sia dovuto a un’azione, ognuno di noi può leggerci anche un ulteriore significato (anche anticipatore). Si cerca la luce naturale in un’abitazione illuminata principalmente da luci calde, talvolta, funeree.
«Il suo teatro ha da sempre affrontato le contraddizioni del presente scomponendo la contemporaneità in mille caleidoscopiche sfaccettature attraverso una ricerca formale che utilizza la precisione della gestualità degli attori e la ricercatezza delle luci. Ne risulta un teatro che costruisce una struttura di rimandi visivi e uditivi che agiscono sullo spettatore. Dopo l’esordio con la “Trilogia della famiglia siciliana” Dante va componendo spettacoli intensi, originali e destinati a far discutere, come “Bestie di scena” in cui racconta il lavoro dell’attore, la sua fatica, il suo abbandono totale fino alla perdita di ogni vergogna. I suoi testi sono sempre stati, da “’mPalermu” in poi, evocatori di mondi, di relazioni, di dinamiche di potere, di confini a volte invalicabili, di gesti che non riescono a farsi azione e di tensione al riscatto». Questa riflessione di Simona Scattina in “Quando manca il lieto fine. Le principesse di Emma Dante” è assolutamente applicabile anche all’approccio etico e umano dimostrato in ambito cinematografico e a ciò che vuole scandagliare, sbattendoci in faccia come siamo, come spesso sa fare solo lei.
Nella prima parte dell’opera seconda di quest’artista avviene un incidente che determinerà la vita di tutte fino alla vecchiaia. Esistono degli elementi ricorrenti che uniscono Settima Arte e palcoscenico: la grande attenzione al cibo (spia il più delle volte di malessere) e la decisione di caratterizzare ciascun personaggio con un’azione riconoscibile, da quando è ragazza fino alla vecchiaia (ad esempio Pinuccia si mette il rossetto nello stesso modo e in egual maniera continuerà a immaginare di porlo sulle labbra della più piccolina). Ne Le sorelle Macaluso c’è tanta semplicità per rappresentare la condizione umana e sociale, ma al contempo una sottigliezza nei sotto testi che richiamano ‘all’ordine’ uno spettatore attivo – lo stesso colombaio che serve a far sopravvivere le sorelle nella quotidianità non assurge solo a questa funzione. Tenendo conto del lavoro di ciascuna che rafforza quello collettivo e ne è strettamente connesso, pur emergendo le peculiari personalità, ci sembra doveroso citare tutte le interpreti (oltre a colei che è stata già nominata) che danno corpo e volto alle tre stagioni della vita: Katia (da giovane Alissa Maria Orlando, da adulta Laura Giordani e da anziana Rosalba Bologna), Lia (da giovane Susanna Piraino, da adulta Serena Barone e da anziana Maria Rosaria Alati), Pinuccia (da giovane Anita Pomario, da adulta Donatella Finocchiaro e da anziana Ileana Rigano), Maria (da giovane Eleonora De Luca, da adulta Simona Malato).
Proprio come il cerchio magico (più visibile – anche solo idealmente – in teatro) e la ruota della vita, tutto tornerà a un punto importante, quanto e se queste donne saranno trasformate, a voi scoprirlo e/o deciderlo.
«Ma tu che vai, ma tu rimani
Vedrai la neve se ne andrà domani
Rifioriranno le gioie passate
Col vento caldo di un’altra estate
Anche la luce sembra morire
Nell’ombra incerta di un divenire
Dove anche l’alba diventa sera
E i volti sembrano teschi di cera»
da “Inverno” di Fabrizio De André (nel film cantata da Battiato).
Le sorelle Macaluso è il quarto film italiano in Concorso Ufficiale alla 77esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ed è già nei nostri cinema grazie a Teodora Film.
Maria Lucia Tangorra