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Laurin

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VOTO: 8.5

Una favola gotica

Quando è uscito, alla fine degli anni 80, l’ha fatto quasi in sordina; riscoperto in questi anni dagli appassionati del genere e presentato, rimasterizzato, al 39° Fantafestival dallo stesso regista, Laurin di Robert Sigl è un capolavoro di surrealismo. Una piccola città portuale tedesca in anni a cavallo tra il 19° e il 20° secolo; un misterioso individuo che uccide bambini; la protagonista Laurin, che scoprirà il mistero. Questi gli ingredienti base; ma la vera sostanza del film sono l’atmosfera, le immagini, i colori, le metafore utilizzate dal regista per esprimersi e comunicare il tema del film.

Laurin ha 9 anni e un papà marinaio. Alla vigilia di un suo ennesimo imbarco, la mamma accompagna il marito al porto, mentre la piccola, rimasta a casa con la nonna, vede un bambino alla finestra che chiede aiuto; quasi fosse solo un sogno, lascia che venga catturato da un uomo misterioso. Più tardi, nel bel mezzo di una tempesta, ritroviamo quello stesso uomo sul ponte intento a gettare il corpo senza vita del bimbo; vista che causerà l’accidentale e prematura morte di Flora, mamma di Laurin, di ritorno dal porto. Da qui, la storia si concentra sulla storia della piccola rimasta orfana e sulla figura del figlio del pastore Van Rees, prima marinaio con il padre della bambina ed in seguito nuovo maestro della scuola locale, nonché sul mistero dei bimbi scomparsi.

Thriller cerebrale più che horror movie, Laurin intriga con i suoi personaggi e gli intrecci psicologici tra di loro, affascina ed inquieta con le immagini e la colonna sonora, che creano una atmosfera misteriosa e surreale al tempo stesso. Un alone di sessualità repressa aleggia impalpabile, ma a detta dello stesso regista, nel film non si parla di pedofilia; i bambini rapiti ed uccisi non vengono scelti per essere abusati ma piuttosto per essere protetti dalle violenze di cui sono già vittime innocenti, in una sorta di transfert dell’assassino. La stessa figura di Laurin risulta ambigua, prima impassibile testimone del rapimento di un piccolo zingaro, in bilico tra incubo e realtà, quindi bambina problematica unita da un legame di amicizia al figlio segreto del pastore, infine attratta dal suo insegnante; aleggia su di lei il mistero del gatto assassinato, il sottile confine tra la sua innocenza ed una colpevole anima.

Definire Laurin, includerlo in un unico genere sarebbe perciò riduttivo; il film è capolavoro di surrealismo, thriller psicologico, horror: una favola gotica che racchiude in sé tutte la caratteristiche su descritte e le amplifica sensorialmente con l’uso magistrale di immagini e musica, quasi fosse uno splendido dipinto animato musicale. Atmosfera oscura, luci ed ombre, splendido uso dei colori, una brillante colonna sonora ossessionante ed ultraterrena, personaggi ambigui, all’estremo limite tra bene e male, un cane misterioso che forse rappresenta la Morte stessa; il film è povero di dialoghi ma ricco di piccoli dettagli, di metafore, una emozionante poesia visiva che si tramuta in favola per adulti toccando temi che si insinuano sotto la pelle e fanno venire i brividi. In Laurin ritroviamo le atmosfere dei film gotici italiani degli anni ’60 e ’70, così come i mondi creati sullo schermo da registi come David Lynch o Guillermo del Toro, cui Robert Sigl si accosta, dirigendo con rara maestria il suo Laurin e rendendolo un classico senza tempo.

Michela Aloisi

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