Muse e poeti
Quando sentiamo parlare di film horror provenienti da una nazione come la Spagna, abbiamo (quasi sempre) la certezza che si tratti di prodotti ricercati e piuttosto interessanti. Perché, di fatto, tale nazione da lungo tempo strizza spesso l’occhio a questo nostro tanto amato genere, talvolta regalandoci anche delle vere e proprie chicche. Chi non ricorda, ad esempio, l’inquietante Baby’s Room (2007), diretto dall’acclamato Alex De La Iglesia e parte di una serie chiamata Peliculas para no dormir? Ecco, all’interno di tale serie, era presente anche un titolo girato con un budget limitato, ma assai d’effetto. Stiamo parlando di Affittasi (2006), diretto dal giovane regista Jaume Balaguerò, destinato ben presto a diventare uno dei nomi di punta del genere horror made in Spain, apprezzato anche al di fuori dei confini nazionali. Tale riconoscimento è ufficialmente arrivato (almeno da parte di chi non aveva avuto modo di accorgersi prima del suo talento) con le pellicole [REC] (2007), REC 2 (2009) e REC 4: Apocalipsis (2014). Grande attesa e grandi aspettative da parte sia i pubblico che di critica, dunque, ha sollevato l’uscita della sua ultima fatica: La Settima Musa, girato in Irlanda con un cast dal respiro internazionale (basti pensare anche soltanto alla presenza del grande Christopher Lloyd) e con importanti riferimenti anche al cinema (e, nello specifico, alla Trilogia delle Tre Madri) del nostro Dario Argento, da sempre modello per il regista spagnolo.
La storia qui messa in scena, dunque, è ambientata a Dublino. Il professore di letteratura Samuel Solomon non lavora da un anno, dopo il suicidio della sua ragazza. Egli, però, ha da tempo il sogno ricorrente di una donna che viene brutalmente uccisa durante un misterioso rituale. Tale donna verrà ben presto trovata morta in circostanze strane. Solo recandosi sul luogo dell’omicidio, Samuel avrà modo di incontrare Rachel, giovane ragazza madre che ha avuto il suo identico incubo. Avrà inizio, così, una lunga ricerca per scoprire la vera identità della donna, fino a giungere all’interno di un mondo terrificante controllato da figure che, nel corso dei secoli, hanno di volta in volta ispirato importanti artisti: le Muse.
Interessante commistione, dunque, questa creata da Balaguerò, che vede l’arte e la letteratura accostarsi al genere horror. La stessa pellicola, di fatto, prima di addentrarsi nei meandri del soprannaturale, si prende i suoi (giustificati) tempi: dapprima veniamo immersi nelle tranquille atmosfere della vita accademica del Trinity College. Sono velatissimi gli accenni a qualcosa di ben più inquietante che sembra attendere il protagonista. Poi, pian piano, vediamo il mondo delle Muse prendere il sopravvento sul mondo reale. Al punto, quasi, da non distinguere – a tratti – l’uno dall’altro. Non ha paura dei silenzi, né tantomeno delle attese, il nostro Balaguerò. Al contrario, è ben consapevole della gestione dei tempi e di come far sì che lo spettatore viva quel necessario crescendo di tensione che porta man mano alla “liberazione” finale. Stesso discorso vale per quanto riguarda gli effetti speciali e le cosiddette scene splatter: non v’è nulla di gratuito o di particolarmente autocompiacente. Tutto si amalgama alla perfezione al resto della narrazione, regalando al pubblico anche più di uno scossone emotivo. Così è stato per molti dei suoi precedenti lavori, così è, dunque, anche per questo suo La Settima Musa, rivelatosi, di conseguenza, un prodotto tutt’altro che scontato e con una marcata personalità, che, malgrado i sopracitati riferimenti al cinema di Argento, lo ha reso un lavoro del tutto nuovo e personale. Una vera e propria chicca da non lasciarsi scappare, all’interno del non sempre convincente palinsesto estivo.
Marina Pavido