Ferite invisibili
Non è la prima volta che ci si fa rincuorare, in uno spazio di Resistenza cinefila come l’Apollo Undici, da qualche empatica e genuina reazione del pubblico di fronte ad eventi cinematografici dotati evidentemente di un’anima. Ma lo spettacolo cui abbiamo assistito la sera del 10 gennaio va anche oltre: cinema pieno e un applauso scrosciante, travolgente, al termine della proiezione di quel lungometraggio indipendente, La sabbia negli occhi, grazie al quale parecchi tra i presenti hanno appreso per la prima volta l’esistenza di un male terribile e invalidante, per quanto raro, ossia la Sindrome di Sjögren. E tra gli spettatori alcuni erano così colpiti, commossi, da alzarsi addirittura in piedi, al momento di applaudire! Certo, avrà influito anche la presenza in sala di Lucia Marotta, donna coraggiosa che da oltre 12 anni combatte per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sul dramma di questa malattia, da cui lei stessa è affetta in forma piuttosto aggressiva. E non a caso il film risulta prodotto da quella A.N.I.Ma.S.S (Associazione Nazionale Italiana Malati Sindrome di Sjögren) di cui la Marotta, fisico provato ma animo ancora battagliero, è Presidente. Qualsiasi altra considerazione non va ad inficiare il fatto che questo lungometraggio, diretto con sincera passione da Alessandro Zizzo, sia riuscito a centrare il bersaglio, cumulando così meriti di natura sociale e anche artistica.
Ambientato in Puglia, La sabbia negli occhi riesce difatti a incastonare il tema della malattia in un racconto delicato, sofferto, sulla crisi di coppia; un racconto che ingloba poi, articolandosi tra presente e passato (efficaci e urticanti qui i vari flashback), altri spaccati famigliari ugualmente in grado di generare emozioni a fior di pelle. In ciò la riuscita filmica del progetto deve senz’altro essere condivisa da Alessandro Zizzo con tutto il cast. A partire, ovviamente, da una coppia di protagonisti ottimamente assortita. Per noi sopra ogni altro aspetto vi è da elogiare la bravura e la sensibilità di Valentina Corti, nei panni di Beatrice. La giovane attrice ha dimostrato di saper tratteggiare con identica naturalezza sia il carattere aperto e solidale di questa insegnante, cui la Sjögren spalanca di fronte un abisso di sofferenze, incomprensioni e solitudine, sia la sua ferma reazione all’inarrestabile progredire della malattia. Tutto reso con grande umanità. Bravo dal canto suo Adelmo Togliani a rendere un personaggio indubbiamente difficile, scabroso, poiché non deve essere stato agevole immedesimarsi in Sergio, l’inadeguato marito di Beatrice che, complice un background famigliare poco felice, si dimostrerà vile e brutale nei frangenti più delicati di una convivenza già segnata dai suoi comportamenti anaffettivi e messa alla prova, poi, dalle condizioni di salute della compagna. Senza incorrere peraltro in fastidiosi manicheismi, La sabbia negli occhi pone in evidenza il peso delle reazioni individuali a esperienze quanto mai difficili da affrontare. Lo fa sovente con tatto. Sebbene poi gli aspetti più spigolosi della narrazione e opportune scene di alleggerimento contribuiscano a rendere più vivo un racconto cinematografico che sconta giusto verso la fine, forse, qualche eccesso di didascalismo rispetto alla condizione della protagonista. I toni però sono quasi sempre quelli giusti. E, piccola nota a margine, abituati noi a veder semmai citata nei corti qualche pellicola importante del passato, ci siamo fatti piacevolmente sorprendere dal processo opposto, decisamente più inconsueto; assistere cioè all’interno di un lungometraggio alla citazione di un cortometraggio, nella fattispecie Nuvola di Giulio Mastromauro, che secondo noi con il lavoro di Alessandro Zizzo ha in comune una certa tensione morale e quel mood tenero, umbratile, malinconico.
Stefano Coccia