Un rapimento quasi perfetto
Dopo Uomini di Dio (2010) che si basava sull’assassinio dei monaci di Tibhirine avvenuto nel 1996, per La rançon de la gloire Xavier Beauvois torna a farsi ispirare da un fatto realmente accaduto: la trafugazione del corpo di Charlie Chaplin nel 1977.
Si può omaggiare un maestro del cinema partendo da un fatto “macabro” e senz’altro poco piacevole? Il regista francese ci risponde, coi fatti, che ciò è possibile dimostrando il garbo e la delicatezza di chi sa di dover trovare il giusto equilibrio tra il tono dell’humor tipicamente francese, il dramma e il rispetto per un fatto realmente accaduto. Qual è il prezzo della celebrità? Si esaurisce dopo la morte? Pensiamo spesso che dopo la morte, dal punto di vista pratico ci sia “solo” una questione legata all’eredità, ma casi come quello di Chaplin e di Mike Bongiorno (più recente e vicino alla nostra realtà) ci suggeriscono un possibile risvolto di quella gloria così tanto sudata, ghiotta “preda” per le persone in difficoltà – com’è il caso dei due protagonisti del film – o di mitomani.
Cercando di omaggiare la peculiarità di Charlot senza peccare di arroganza, Beauvois e Comar costruiscono una sceneggiatura che dà un colpo al dramma e un colpo al riso sofisticato, per merito anche dei due protagonisti: Eddy (Benoît Poelvoorde) e Osman (Roschdy Zem). Il primo è appena uscito di galera e viene accolto da Osman per “principio”, come segno di riconoscenza; il secondo, è un immigrato che cerca di guadagnarsi da vivere in Svizzera per poter assicurare almeno la sopravvivenza alla sua famiglia. La realtà, però, incombe. Di fronte a una malattia della moglie (Nadine Labaki), la tentazione diventa troppo grande e queste motivazioni riescono quasi a giustificare un gesto così avventato, dettato dalla disperazione. Se Chaplin seppe interpretare diverse maschere del nostro tempo diventando lui un “tipo” inimitabile, ne La rançon de la gloire si tenta di omaggiarlo in ogni modo, da quello esplicito (vedi, ad esempio, i temi musicali da Le luci della città e Luci della ribalta) a quello più evocativo (dai temi alle figure che l’artista britannico ha messo in scena nel corso della sua carriera). Eddy e Osman si completano calibrando le note più farsesche con quelle più drammatiche ed è anche per questo che non si riesce a condannarli totalmente per il gesto compiuto, si prova quasi tenerezza per la messa in scena bonaria del rapimento. Il cineasta francese ha dichiarato di essersi fatto influenzare dalla commedia italiana, chissà se avrà visto La lingua del santo di Carlo Mazzacurati, anche lì due improbabili ladri, trafugavano qualcosa (in questo caso la reliquia di Sant’Antonio) e, resisi conto del valore, ne richiedevano il riscatto.
La rançon de la gloire si rivela un film godibile, che ci fa sorridere e riflettere, ricordandoci il potere magico del cinema e del circo. «Venghino, signori, venghino al più grande spettacolo del mondo»: lo avrà pensato la figlia di Osman mentre assisteva ai numeri del circo. Ecco un altro omaggio al mondo chapliniano, una delle arti più antiche del mondo entra nella vita di Eddy per caso, rivelando ancor più direttamente al pubblico il gioco della messa in scena con il personaggio che scopre le sue qualità clownesche. Il ruolo di ciliegina sulla torta lo assume la colonna sonora curata da Michel Legrand, pronta a farci fare un viaggio nel tempo in note e film che non abbiamo mai dimenticato e che incantano proprio come una magia. In bilico tra dramma e commedia, manca uno sviluppo acuto del senso del tragico – non basta il suggerimento di catarsi (che non vi riveleremo) – e Chaplin, invece, era un funambolico maestro nel passare da un registro all’altro.
Un’avvertenza particolare: restate fino ai titoli di coda.
Maria Lucia Tangorra