Dentro o fuori
Se qualcuno ci chiedesse a caldo, dopo pochissimi istanti dalla fine dei titoli di coda, di sintetizzare con un aggettivo un film come La ragazza del mondo, non avremmo nessun dubbio su quale scegliere. Quello scritto e diretto da Marco Danieli, presentato lo scorso Settembre alle Giornate degli Autori della 73esima Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia e nelle sale a partire dal 9 novembre con Bolero, è un film assolutamente onesto. Non capita spesso, infatti, di imbattersi in una pellicola made in Italy, a maggior ragione in un’opera prima, che decide di calarsi in una realtà complessa e non facilmente accessibile come quella dei Testimoni di Geova, per provare a raccontarla senza pregiudizi di fondo e senza puntare il dito a prescindere. Danieli e il co-sceneggiatore Antonio Manca li mettono da parte, o almeno non cedono alla tentazione di assecondarli, per dare vita a un film che sceglie intelligentemente di narrare e mostrare le due facce della medaglia, con i rispettivi pro e contro, poiché non è detto che fuori dal suddetto movimento religioso, l’esistenza sia al 100% migliore e che non ci siano tutta un’altra serie di cose che limitano la libertà collettiva e individuale. Il mondo fuori non è poi tanto diverso, perché a suo modo può essere pericoloso o ingiusto. Questo è il messaggio di fondo. L’onestà, in tal senso, sta nell’approccio alla materia, che non deve per forza di cose andare in una sola direzione, ossia avversa nei confronti di qualcosa che magari non conosciamo e che proprio per questo ci spaventa, tanto da rigettarla.
Chi c’è dietro La ragazza del mondo ha deciso di non schierarsi da una parte o da un’altra, preferendo la neutralità, ma non per paura o furbizia, bensì per consentire allo spettatore di turno di farsi un’idea. Il fatto di non avere preso una posizione, in particolare contraria alla congregazione, non piacerà a molti, mentre per altri – noi compresi – è stata una decisione figlia di una grandissima maturità mista a una buona dose coraggio. Da questo punto di vista, chi ha portato sul grande schermo La ragazza del mondo, di coraggio ne ha dimostrato tanto, andando controcorrente. Schierarsi contro, in questo caso, sarebbe stata la scelta più sicura, ma per fortuna non è andata così. Il coraggio sta nel non avere dato retta alla massa, all’immaginario comune che il più delle volte si alimenta del sentito dire e della non conoscenza vera, attenta e profonda, delle cose e delle persone. Ed proprio questo osare, questo volersi prendere tutti i rischi del caso senza arretrare di un passo e senza farsi schiacciare o influenzare da una serie di timori reverenziali e di possibili critiche mosse da entrambe le parti, il dato che ci ha maggiormente impressionato della pellicola. E che piaccia oppure no, al di là delle sbavature, delle debolezze e delle imperfezioni, che possono emergere da un’analisi più o meno approfondita della timeline e degli elementi narrativi e tecnici che la compongono, si tratta di un dato che andrebbe tenuto seriamente in considerazione tutte le volte che si deve esprimere un giudizio su questo film e su operazioni analoghe. Per noi è stato così.
Ne La ragazza del mondo si parla di due “mondi” diametralmente opposti che, dopo essere entrati in rotta di collisione, iniziano ad attrarsi l’uno con l’altro. Questi due “mondi” sono in realtà un uomo e una donna, un ragazzo e una ragazza, lontani anni luce non solo caratterialmente, ma anche per i contesti in cui vivono. Quello di Giulia è un mondo antico e sospeso, fatto di rigore e testi sacri, che esclude con ferocia chi non vi appartiene. Quello di Libero è il mondo di tutti gli altri, di chi sbaglia, di chi si arrangia cercando un’altra possibilità e di chi ama senza condizioni. Quando Giulia incontra Libero scopre di poter avere un altro destino, tutto da scegliere. La loro è una storia d’amore purissima e inevitabile e per i due ragazzi inizia un intenso periodo di vita insieme, scelta che comporterà a Giulia una totale esclusione dal mondo dei Testimoni di Geova al quale appartiene. Libero farà a Giulia il dono d’amore più grande di tutti: la libertà di appartenere al mondo, un mondo nuovo, luminoso e pieno di futuro. Ma come vedremo non è detto che sia perfetto.
Quella che l’autore mette in quadro per affrontare una serie di temi delicati e universali (la possibilità di scegliere, l’amore, la ricerca della propria identità, i legami familiari, il desiderio di libertà e via dicendo) è, a conti fatti, l’ennesima variazione di Giulietta e Romeo, dove la storia d’amore travagliata e osteggiata di turno non può che avere l’inconfondibile e forte retrogusto shakespeariano, ma senza il tragico finale come chiusura del cerchio. Quello voluto da Danieli non raggiunge lo stesso livello di tragicità, ma a suo modo è in grado di non essere per nulla scontato, tantomeno riconciliatorio o accomodante. E questo è un altro aspetto che ci ha piacevolmente colpito, alla pari delle intense e partecipi interpretazioni di Sara Serraiocco e Michele Riondino, ben supportate dal resto del cast (particolarmente convincente quella di Pippo Delbono nella parte di Giacomo). Le loro performance davanti la macchina da presa alzano di molto l’asticella ben oltre la sufficienza, consentendo al film di accarezzare e schiaffeggiare a oltranza sia il cuore che la mente del fruitore, grazie a scene dal fortissimo impatto emotivo, come ad esempio quella del “processo” degli anziani della congregazione a Giulia in seguito alla scoperta della relazione sentimentale con Libero o quella dell’irruzione del co-protagonista durante una delle adunanze.
Francesco Del Grosso