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La ragazza dei miei sogni

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VOTO: 6

Le carte non mentono

Non poteva non cominciare da Bari e dal Bif&st, dove ha avuto il suo battesimo di fuoco tra gli eventi speciali della giornata inaugurale dell’ottava edizione, l’avventura festivaliera e distributiva (l’uscita nelle sale è fissata il 27 aprile con Draka Distribution) di La ragazza dei miei sogni. Riconoscibilissima è, infatti, la cornice che fa da sfondo al nuovo film di Saverio Di Biagio, ossia le strade, le piazze e i vicoli del Capoluogo pugliese. Ed è proprio lì che il regista capitolino ha ambientato la sua opera seconda, trasposizione per il grande schermo dell’omonimo romanzo di Francesco Dimitri.
La ragazza dei miei sogni ci porta al seguito di P., un trentenne insoddisfatto, condizionato da molte situazioni che gli impediscono di vivere come vorrebbe: la morte dei genitori, l’asettica redazione giornalistica in cui lavora; Mario il suo coinquilino, tanto spigliato quanto superficiale; Margherita la ragazza di cui è invaghito e alla quale non riesce a dichiararsi. Un giorno P. conosce Sofia, bella e intrigante, somigliante alla ragazza che sogna tutte le notti; tra i due esplode un sentimento incontenibile ed egli sembra  finalmente aver trovato la ragazza dei suoi sogni. Ma Alessandro, giovane dalla doppia vita e con la passione per l’occulto, un vecchio amico che P. rincontra dopo anni, finirà per metterlo in guardia dalla dolce Sofia della quale è ormai innamorato. Attraverso un mondo pieno di retroscena misteriosi, P. scoprirà che incanto e magia possono avere molti significati mentre amare può voler dire morire.
Una volta letta la sinossi della pellicola, coloro che hanno avuto la possibilità di sfogliare le pagine del libro del 2007 si renderanno subito conto di qualche piccolo, ma significativo cambiamento nel processo di trasposizione dalla carta allo schermo, a cominciare proprio dall’ambientazione che dalla Roma moderna e chiaroscura descritta da Dimitri si tramuta nella Bari misteriosa e dark dipinta da Di Biagio con la complicità della fotografia di Francesco Di Giacomo. Gli altri ritocchi riguardano, invece, le figure che animano dall’interno la storia: il protagonista non è un ventiseienne ma trentenne, mentre il nome del personaggio interpretato da Nicolas Vaporidis non è più Dragon ma Alessandro. Quest’ultimo, nelle mani dello stesso scrittore diventa un DJ esperto di magia nera e non un cantante metal-punk. Si tratta di qualche cambiamento che ai fini drammaturgici non sposta più di tanto gli equilibri e quindi non destabilizza, né influenza negativamente, lo sviluppo del racconto e dei personaggi. Il fatto che lo script sia stato affidato allo stesso Dimitri, esperto di letteratura fantastica e paranormale, ha impedito che nella fase di passaggio dall’opera letteraria a quella cinematografica si disperdessero sia l’essenza che le caratteristiche fondamentali della matrice originale. Il contrario, ossia uno stravolgimento e un allontanamento drastico, sarebbe stato a nostro avviso deleterio e poco saggio. Il film, infatti, prova, riuscendoci però solo in parte, ad assecondare quelli che sono gli ingredienti principali e i punti di forza del romanzo, ossia la velocità e l’intensità di un racconto che non ha bisogno di chiamare in causa vampiri, serial killer o fantasmi in salsa orientale, ma si appoggia a una storia molto verosimile nell’ambientazione e nei personaggi che la vivono. In tal senso, l’opera seconda del regista romano restituisce in pieno questi ultimi due aspetti, perdendo per strada solo quella velocità narrativa che ha permesso al romanzo di tenere sempre e comunque alta la tensione.
Con La ragazza dei mei sogni Di Biagio cambia completamente direzione rispetto a Qualche nuvola, passando dal dramma a sfondo sociale della pellicola d’esordio al cinema di genere, per la precisione al fantasy urbano. Il cineasta dimostra di sapere cambiare pelle e di sapersi adattare alle mutazioni interne del racconto. La dimostrazione viene dal modo in cui gestisce le diverse anime della storia, alternando e mescolando senza soluzione di continuità la componente fantastica con quella sentimentale. Il risultato è un mix che, dopo un’iniziale fase di rodaggio, inizia ad acquisire dopo il primo giro di boa una maggiore scorrevolezza e a creare una buona suspense grazie a un’efficace linea mistery. Ciò che non consente, però, al risultato finale di esprimere al meglio le suddette doti è la discontinuità nelle interpretazioni davanti la macchina da presa, dove a offrire una performance più convincente è, sorprendentemente, Vaporidis, a differenza di un Reggiani che fa registrare non poche incertezze.

Francesco Del Grosso

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