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La Festa prima delle Feste

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VOTO: 5.5

Un mega party ti salva il lavoro

Sorpresa: gli Stati Uniti di oggi (già ci troviamo nell’era Trump, non ancora ufficialmente iniziata?) non riconoscono il valore delle lotte sindacali. Anche perché, mettendo in scena una commedia, difficilmente in esse si troverebbe qualche spunto divertente. Ne La Festa prima delle Feste (l’originale Office Christmas Party rende meglio l’idea del film…) ci si trova davanti ad una classica situazione-limite: il C.E.O. di un gruppo di società a conduzione famigliare sparse per l’America vuole chiudere la sede di Chicago. Incidentalmente la sorella (Jennifer Aniston in versione più o meno antipatica, sempre spiritosa quando si tratta di ridere sulla propria immagine) vorrebbe “terminare” la direzione della ditta gestita dal fratello (il T.J. Miller della serie televisiva Silicon Valley, per l’occasione ancora fricchettone dal cuore d’oro). In mezzo i dipendenti Jason Bateman e Olivia Munn, forse innamorati ma con un recente, dispendioso divorzio alle spalle per il primo.
Con tali premesse il minimo che ci si possa attendere è proprio una trascinante commedia demenziale. Obiettivo senz’altro centrato per ciò che riguarda il secondo aspetto, quello relativo alla demenzialità; più di qualche dubbio affiora invece sulla vis comica orchestrata dal duo registico dal pedigree non eccelso Josh Gordon e Will Speck, capaci di imbastire situazioni oltremodo al limite, in apparenza ai confini del trash ma sempre rimanendo con il classico piedino all’interno dei confini del politically correct. Arriviamo quindi al punto dolente di una commedia che punta quasi tutte le proprie carte sulla verve del cast, venendo ampiamente ricompensata dalla simpatia generale degli interpreti. Si avverte però la presenza di un buonismo di fondo che interpreta lo spirito natalizio sin troppo alla lettera (altro che l’evergreen Una poltrona per due di John Landis…) e al tirar delle somme rende pronto alla redenzione anche un personaggio come quello di Jennifer Aniston, sulla carta perfetto catalizzatore di acrimonia e perciò ancor più degno di un approfondimento tridimensionale. La Festa prima delle Feste resta dunque sui binari – molto di routine, in questo periodo storico per il genere di riferimento – del divertimento fracassone senza minimamente lasciar trasparire la più piccola allusione al malessere che esso possa nascondere. Tutto si scioglie nel lieto fine di prammatica che manda a casa il pubblico soddisfatto di essersi fatto un po’ di risate senza scomodare la propria coscienza su argomenti quali crisi economica e disoccupazione, senza che un’unghiata beffarda arrivi a collocare l’insieme in una dimensione da cinema non del tutto scacciapensieri.
In fondo dispiace un pochino, perché i soldi spesi dalla produzione si vedono tutti e quel grattacielo ridotto in parte a zona di guerra dopo il mitico party pre-natalizio che risolverà, in un modo o nell’altro, le spinose questioni sul tappeto avrebbe meritato una mano – anzi due, in questo caso – registica più consapevole del periodo che stiamo vivendo. Molto difficile, dunque, che La Festa prima delle Feste venga additato, tra una trentina d’anni, come lungometraggio specchio del proprio tempo. Più facile che cada in un, più o meno piacevole, oblio solo a pochi minuti dal termine della sua visione. Del resto tutto scorre, al giorno d’oggi, ad una velocità così elevata che fermarsi un attimo può risultare persino controproducente. Allora chi cerca divertimento senza angoli da smussare ne La Festa prima delle Feste, sarà molto probabilmente accontentato.

Daniele De Angelis

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