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Jupiter’s Legacy

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VOTO: 8

Supereroi con superproblemi

Il fumetto supereroistico è cambiato nel corso dei decenni. Si è evoluto, ha stravolto le proprie caratteristiche, da semplice branca del fumetto di fantascienza e di avventura è diventato un contenitore atto a veicolare messaggi più complessi ed eterogenei. Uno dei periodi di maggiore rinnovamento del fumetto supereroistico è rappresentato dagli anni ottanta e dagli autori che in quel periodo esordirono. In anni più recenti il nome che più di altri risalta, in quest’epoca post-modernista e iconoclasta, è quello dello scozzese Mark Millar, dal cui fumetto questa serie, Jupiter’s Legacy, è tratta per opera dello showrunner Steven S. DeKnight già al lavoro su Buffy, Angel e Smallville.
La serie segue il lavoro che già da diverso tempo Millar ha messo in opera di decostruzione della mitologia del supereroe. Come autore Millar forse non è stratificato ed aperto a più livelli di interpretazione come Alan Moore o immaginifico come Neil Gaiman; non a caso due autori appartenenti alla grande generazione di innovatori degli anni Ottanta. Ma conosce e possiede l’argomento e la sua lucidità di analisi ha davvero pochi eguali, l’unico che ci viene in mente, e il paragone è tutt’altro che improvvido, è Leo Ortolani con il suo Rat Man. La prima stagione, o volume, si distingue per una grande attenzione alla messa in scena dei diversi caratteri ed alla costruzione delle dinamiche tra di essi. Il lavoro è enorme e forse può rappresentare un appesantimento che si avverte verso il finale, ma si tratta di un’interferenza flebile, decisamente sovrastata dalla ricchezza delle scenografie e dal livello degli interpreti: Josh Duhamel, Ben Daniels e Matt Lanter su tutti offrono un’interpretazione sfaccettata ed intrigante dei loro personaggi. A tutto questo si somma, sempre per la parte grafica, un’idea di regia che dimostra l’intenzione di replicare il più fedelmente possibile le tavole del fumetto originale. Nel vedere la serie, inoltre, una domanda non strettamente legata al mondo dei supereroi sorge su quanto sia diventato seminale di lavoro di Lovecraft. Tutta la sotto-trama che mette in mostra l’origine dei supereroi appare fortemente ispirata all’opera del solitario di Providence, fino al punto di richiamare esplicitamente nella sua struttura il racconto “Il richiamo di Chtulhu”. Se è Lovecraft l’ispiratore principale per il tempo delle origini, per il tempo attuale tale compito pare essere stato affidato a Shakespeare. Tutta la prima stagione, in questo senso, può essere letta come il preludio, o anche primo atto, di una tragedia shakespeariana. Il personaggio di Ben Daniels, in particolare, ne mostra chiaramente le caratteristiche, ma non è certo il solo. Con una prima stagione nella quale appare evidente l’intenzione di presentare personaggi e situazioni, che quindi lascia con un forte senso di attesa ed interruzione dopo la fine dell’ultimo episodio, non ci resta, soprattutto chi è digiuno del fumetto originale, che aspettare la seconda stagione.

Luca Bovio

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