Una divertente avventura classica targata Disney
Londra, 1916: Lily Houghton (Emily Blunt) e suo fratello McGregor (Jack Whitehall) si impossessano di un prezioso manufatto, un’antica punta di freccia, che è la chiave per trovare un leggendario albero i cui petali, si dice, sono in grado di guarire qualsiasi malattia. Ma siamo in piena Grande Guerra e i notevoli poteri magici promessi fanno gola anche al tedesco Principe Joachim (Jesse Plemons), che vuole servirsene per accaparrarsi la vittoria e regnare sul mondo. A bordo del suo U-Boat, aiutato da un intero equipaggio, si mette in caccia dei fratelli Houghton giungendo fino in Brasile. Qui infatti durante il ‘500, apparentemente, alcuni Conquistadores guidati dal nobile e spietato Aguirre (Edgar Ramirez) sono quasi riusciti a mettere le mani sugli agognati petali, ma solo per rimanere vittime della jungla amazzonica che, punendoli per i loro crimini, li ha condannati ad una eterna non-vita.
In questa già rocambolesca situazione, serve un coraggioso capitano per aiutare gli esploratori britannici a navigare un fiume che, secondo un’antica mappa, dovrebbe condurre all’albero fatato, schivando gli agguati di Joachim, i pericoli naturali e soprattutto le stregonerie dei redivivi Conquistadores: chi se non Frank (un Dwayne Johnson mai così guascone), proprietario di uno scassatissimo vaporetto e che sbarca il lunario conducendo ignari turisti per “crociere nella jungla” un po’ farlocche? L’avventura è servita e ne vedremo delle belle.
Basato su una vera attrazione di Disneyland, attiva nientemeno che dal 1955 (omaggiata durante la sequenza d’apertura), e rimandato più volte a causa della pandemia planetaria da Covid-19, Jungle Cruise di Jaume Collet-Serra fa ampio uso delle abilità del regista nel campo dell’azione e dell’horror. Ne scaturisce una serie di spassosissime peripezie, dove succede di tutto e in cui trovano spazio molti degli ingredienti classici della narrativa pulp, utilizzando un periodo storico che calza a pennello: inseguimenti, creature soprannaturali, templi nascosti, magia, eroi senza macchia e avversari cattivissimi. A proposito della ricostruzione dell’epoca è impossibile non fare un plauso alla ricchezza degli ambienti, delle scenografie, dei costumi, dell’oggettistica. Dalle malfamate bettole sul fiume, ai colorati indigeni e ai loro villaggi nascosti, ai sorprendenti panorami, ogni cosa diventa parte di una pellicola che tecnicamente è ineccepibile. La computer grafica ovviamente aiuta sempre in questi casi, ma qui viene miscelata con attenzione, senza farla diventare un ingombrante e fastidioso protagonista. L’animazione tradisce la sua presenza solo quando entra in scena il “cucciolo” di Frank, il giaguaro femmina Proxima che, completando l’eterogenea squadra di avventurieri, non poteva essere rappresentato da un autentico felino. E si vede. La tecnologia non permette ancora di rappresentare in modo soddisfacente animali così complessi, ma è poca cosa di fronte alla notevole perizia che emerge nella realizzazione della pellicola.
Con ogni probabilità la Disney cerca qui di trovare un nuovo “franchise” multimilionario, bissando i successi della saga de I pirati dei Caraibi. Non sappiamo se accadrà o meno, per ora il risultato è un prodotto intelligente, ideale per chiunque abbia nostalgia delle atmosfere alla Indiana Jones (cui questo Jungle Cruise deve moltissimo) e che, naturalmente, nonostante un interessante colpo di scena, non aggiunge nulla di nuovo a quello che deve essere il copione di un film del genere. Una struttura ben architettata che ne avrebbe fatto, siamo sicuri, un successo istantaneo negli anni ‘80. Probabilmente la sua lunga durata, più di due ore, non è l’ideale per i bambini, ma le famiglie che sapranno armarsi di un pizzico di pazienza in più non rimarranno deluse da questo affascinante viaggio.
Massimo Brigandì