L’animatrice di cui si può ammirare il lavoro in “Orfeo” si racconta
Orfeo di Virgilio Villoresi è uno dei film italiani più sorprendenti degli ultimi anni. E nella pregevole, stratificata ricerca estetica messa in campo per l’occasione l’animazione gioca senz’altro un ruolo importante. In prima fila, nel team di animatori che hanno partecipato al progetto, vi è peraltro la talentuosa Anna Ciammitti, che avevamo incontrato una decina di anni fa al Future Film Festival di Bologna, dove in concorso vi era tra gli altri l’irresistibile Pos eso del cineasta iberico Sam, cui anche lei aveva collaborato. Abbiamo approfittato quindi della presenza di Orfeo nelle sale per tracciare un bilancio di questa sua più recente esperienza ma anche delle precedenti esperienze artistiche.
D: Ci si è conosciuti, Anna, una decina di anni fa al Future di Bologna, quando un lungometraggio d’animazione spagnolo al quale avevi lavorato, Pos eso di Sam, piacque molto e ottenne anche una Menzione Speciale della Giuria. Che ricordi hai di quella esperienza? E più in generale cosa ha rappresentato l’ambiente cinematografico spagnolo per te, lavorativamente e a livello di formazione?
Anna Ciammitti: Sì, ci siamo conosciuti a Bologna e fui davvero felice di ritirare il premio nella mia città. Avevo lavorato un anno a Valencia su Pos Eso, un film che ha richiesto in totale quattro anni di lavorazione. Come spesso accade nei progetti a basso budget, i tempi si allungano perché il team è ridotto: in quel primo periodo eravamo una decina di persone, e solo uno o due animatori.
Fino ad allora avevo lavorato principalmente in stop motion su serie animate per bambini in plastilina: nello studio di Rodolfo Pastor a Barcellona (dove ho conosciuto Sam, allora animatore, che mi spronò a proseguire in questa direzione passandomi la sua grande passione) e poi nello studio di Fusako Yusaki, anche detta la “Regina della plastilina”, a Milano.
Pos Eso è stato il primo lungometraggio per cui ho seguito la costruzione dei personaggi e ho animato scene complesse, tra cui una sequenza con molti personaggi che venivano ammazzati in modi tremendi con gran spargimento di sangue… rigorosamente in plastilina. In quel momento Valencia era una fucina di animazione, ho conosciuto professionisti straordinari che lavoravano anche per altri studi. Sono tornata a Milano con un bagaglio professionale decisamente più ricco.
D: Facendo un piccolo passo indietro, cosa puoi dici invece sia di come è nata la tua passione per l’animazione che di questa particolare predilezione per i lavori in stop motion?
Anna Ciammitti: Vivevo immersa nel mondo del disegno e del fumetto, quando alla Biennale di Venezia vidi un’opera di William Kentridge che mi folgorò. Poi arrivarono Švankmajer, Starewicz
(con le sue animazioni degli insetti), i fratelli Quay… la materia che viene plasmata per ricreare mondi inconsci e immaginifici. Entrai nel vivo di questa professione quando mi presero nello studio Rodolfo Pastor di Barcellona, io cercavo un lavoro perché volevo rimanere lì dopo l’Erasmus, ed entrare nel loro studio mi parve un sogno, proposi di prendermi gratis per tre mesi (io intanto avrei ricevuto dei soldi da una borsa di studio) e loro accettarono ben volentieri, poi rimasi quasi due anni, da lì iniziò la mia formazione vera e propria.
D: Da una horror-comedy come Pos eso al variegato universo fantastico di Orfeo, sembrerebbe che ti senta estremamente a tuo agio non soltanto con certi mondi di fantasia, ma anche con una loro declinazione “dark”, finanche orrorifica. Ti piace quindi lavorare su un immaginario legato a determinati generi?
Anna Ciammitti: Il genere che sento più affine e che impregna anche i miei lavori personali è sempre stato quello legato al mondo onirico, dove i simboli, le associazioni assurde e potenti e l’esoterico cercano un contatto con la realtà. Quindi il realismo magico, il viaggio, le metamorfosi… che scavano nella fantasia e nell’inconscio, che inevitabilmente porta con sé la sua parte oscura e affascinante. Da questo punto di vista sento molto vicina l’estetica di Villoresi.
E no…non amo per niente l’horror, a meno che non sia in plastilina, anche perché non riesco a vederlo senza rimanerne impressionata a vita!
D: Venendo al dunque, come è avvenuto l’incontro con Virginio Villoresi e il tuo coinvolgimento in questo suo progetto cinematografico, Orfeo, così originale e innovativo? T’ha affascinato per esempio il fatto che nel film ci sarebbe stata una commistione di scene “live action” e parti animate?
Anna Ciammitti: Lavoro con Virgilio da dieci anni: possiamo dire che ci siamo preparati a questo film a lungo. Le centinaia di spot realizzati insieme contengono già molte delle tecniche poi utilizzate in Orfeo. Una grande differenza è stata la scelta della pellicola super 16mm: abbiamo dovuto fare i conti con una luminosità ridotta dovuta alla mini–macchina fotografica inserita nel mirino della Bolex — che ci forniva un’anteprima — e con l’incognita del risultato, che arrivava solo due giorni dopo lo sviluppo.
L’interazione tra stop motion e attori è stata una bella sfida, ci alternavamo con l’attore sulla stessa scena e lui poteva aspettare ore prima del ciack seguente. Mi piace molto come tecnica, in linea con certi cult delle prime sperimentazioni: da King Kong, agli Argonauti (con gli scheletri di Harryhausen che prendono vita), passando per Svankmajer fino a Chi ha incastrato Roger Rabbit?, e in alcuni momenti anche La storia infinita…in realtà sono davvero pochi i film che hanno un’interazione animazione-attori, e tutti stupendi.
D: Come si è sviluppato poi concretamente, in Orfeo, il lavoro di quel piccolo team di animatori del quale facevi parte? E come vi siete adoperati per tradurre in immagini il mito di Orfeo e Euridice, l’opera di Buzzati da cui è partita l’ispirazione e naturalmente le idee di Villoresi, il regista?
Anna Ciammitti: In Orfeo ho iniziato lavorando alle animazioni disegnate in 2D: migliaia di silhouette dei personaggi in lontananza — Orfeo, Eura, i diavoli, la civetta — poi animate a sostituzione sul set. Poi al sogno di Orfeo in stop motion: il mondo che si scioglie, il treno, la statua a cui cade la testa, ecc … e alle animazioni su vetro con polvere nera e oro. Per l’animazione dei pupazzi abbiamo lavorato sempre in due, insieme alla bravissima Stefania Demicheli, con una sincronia sorprendente. Umberto Chiodi ha realizzato le animazioni disegnate a linea sottile, compresi i titoli di testa.
I disegni di Buzzati del Poema a fumetti sono stati la base per la costruzione delle scenografie e dei pupazzi, realizzati dagli scenografi Carelli, Locatelli e Stefan, che sono rimasti molto fedeli all’originale con qualche piccola variazione.
D: Per quanto riguarda l’animazione a passo uno, ci sono esempi del passato o anche recenti che apprezzi particolarmente e che continuano a stimolarti, sul piano creativo?
Anna Ciammitti: Apprezzo le animazioni manuali, personali e artistiche, quelle che con grande libertà rompono gli schemi formali e lasciano emergere l’impronta dell’autore.
D: Per finire, sei già coinvolta in qualche altro progetto cinematografico?
Anna Ciammitti: Si, ci sono dei progetti in divenire… ma per ora non posso ancora parlarne.
Stefano Coccia
La cover e le foto della gallery sono di Rachele Salvioli









