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Intervista a Ryūsuke Hamaguchi

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Dal Giappone un nuovo autore

Nuova stella nel panorama del cinema nipponico, Ryūsuke Hamaguchi sta collezionando successi festivalieri. A breve distanza dall’Orso d’argento Gran Premio della Giuria della Berlinale 2021 con Il gioco del destino e della fantasia, a breve anche nelle nostre sale, il giovane autore ha ottenuto il premio alla miglior sceneggiatura al Festival di Cannes 2021, con Drive My Car, un adattamento libero di un racconto del grande scrittore Haruki Murakami. Hamaguchi si era fatto conoscere a Locarno 2015 con Happy Hour mentre Asako I & II era già stato in concorso a Cannes 2018. Attivo anche come sceneggiatore, ha firmato lo script dell’ultimo film di Kiyoshi Kurosawa, Wife of a Spy, presentato all’ultima Mostra di Venezia.
Abbiamo incontrato Ryūsuke Hamaguchi durante il 74° Festival di Cannes.

D: All’inizio di Il gioco del destino e della fantasia c’è un lungo dialogo tra due amiche in macchina, il che sembra anticipare Drive My Car. Perché il tuo interesse per questo tipo di situazioni? Hai deciso per questo di adattare il racconto di Murakami?
Ryūsuke Hamaguchi: Quando ho girato la scena in Il gioco del destino e della fantasia era già stato deciso che avrei realizzato Drive My Car. Nel primo film si tratta di storie brevi messe insieme, su un mio copione originale. È stato un contesto dove ho potuto provare qualcosa. Quindi questa scena dove c’è un lungo dialogo in auto era proprio in preparazione a Drive My Car.

D: Nel testo originale di Murakami, il protagonista è un attore teatrale, nel film è anche un regista. Come mai?
Ryūsuke Hamaguchi: Ho aggiunto questa connotazione di Kafuku come regista per diverse ragioni. La principale è che volevo che avesse una connessione con Takatsuki, l’attore, e il materiale originale non lo permetteva abbastanza. Questo è stato un altro modo per me di inserire la domanda: «Cosa possiamo fare per dare agli attori un po’ di esperienza di recitazione».

D: Hai inoltre sviluppato il sottotesto di Zio Vanja di Čechov, che nel racconto è appena citato. Come mai?
Ryūsuke Hamaguchi: Ho valutato che Zio Vanja avesse alcuni elementi che si univano bene con Drive My Car. Questo modo di vivere una vita, che era già finita, si relaziona bene all’esperienza di Kafuku. E Kafuku non è qualcuno che parla molto di sé stesso e molte battute e dialoghi dello Zio Vanja riflettevano i suoi pensieri. Questo ha anche aiutato il pubblico a comprendere meglio cosa stava passando Kafuku.

D: Zio Vanja compare a diversi livelli, tra i quali anche nell’audio in macchina. Qui hai sviluppato ancora un elemento presente in Murakami?
Ryūsuke Hamaguchi: Utilizzare l’audiocassetta in auto per preparare le sue battute era presente anche nel racconto, ma usare la voce della moglie è un’idea originale. Questo per mettere in scena il fatto che Kafuku sia ancora imprigionato dall’idea di sua moglie, che quindi continua a parlarle. È sempre la stessa cosa e non c’è alcuna evoluzione.

D: L’ambientazione a Hiroshima è pure un’invenzione del film, la novella vede i personaggi spostarsi tra i quartieri di Tokyo Ebisu e Ginza. Come mai?
Ryūsuke Hamaguchi: Molti chiedono perché Hiroshima ma in realtà si tratta di una coincidenza. Il copione originale raccontava che Kafuku sarebbe andato a un festival internazionale a Busan, che era una delle città oltremare più vicine al Giappone. Ma poi c’è stata la crisi del Covid e girare all’estero era impossibile. Dovevo farmi venire in mente un altro luogo e Hiroshima è stata una città davvero amichevole e disponibile in tutta la lavorazione, inoltre era una località ideale. Con tutte queste domande che mi vengono fatte mi rendo conto di quanto Hiroshima sia un nome pesante, ma penso che alla fine ci sia una somiglianza tra questa storia e Hiroshima. Ci chiediamo quanto siamo vittime ma anche responsabili del dolore e delle lotte che ci sono state. Il Giappone ha invaso alcuni paesi e quindi era responsabile, ma Hiroshima, la città, era solo una vittima di quella tragedia. Quindi c’è questo equilibrio, questo dubbio tra l’essere vittima e l’essere esecutore e tutto questo si aggancia alla trama. Quindi alla fine l’aver girato a Hiroshima era in buon equilibrio con la storia.

D: Ha qualche significato invece il fatto che Misaki, l’autista, sia originaria dell’Hokkaido, l’estremo nord del Giappone?
Ryūsuke Hamaguchi: Misaki viene dall’Hokkaido ed è cresciuta in un ambiente difficile, come è raccontato nella storia originale. Il perché del viaggio alla fine del film è dovuto al fatto che Kafuku non rivela molto di sé stesso, ma c’era bisogno che parlasse a un certo punto, c’era bisogno che si aprisse. Perché questo fosse possibile nel film in maniera naturale, era necessario un lungo viaggio in auto dove ci fosse un grande momento di silenzio e poi la rivelazione. Ecco perché il viaggio tra Hiroshima e l’Hokkaido: è una distanza molto ampia e si trattava della location perfetta per loro. Così la storia poteva andare avanti.

D: Per questa idea del viaggio ti sei ispirato a qualche road movie?
Ryūsuke Hamaguchi: Sì, ogni volta che ci sono dei viaggi nei miei film significa che sono direttamente influenzato da Wenders e Kiarostami. Di Wenders serbo un ricordo molto caro di Paris, Texas.

D: Un’altra grande invenzione rispetto alla novella, è questa idea del teatro rappresentato da attori che parlano ciascuno una lingua diversa. Come mai?
Ryūsuke Hamaguchi: Questo cast multilingue non può comunicare a parole ma deve farlo tramite altri mezzi e in qualche modo tutti si avvicinano tra di loro perché sono più stretti dal punto di vista emotivo. Mi ricordo una scena del film di Ozu, Viaggio a Tokyo, dove ci sono Chishū Ryū e Setsuko Hara che parlano, e c’è una certa distanza ma allo stesso tempo sono emotivamente molto intimi e questa intimità è possibile solo perché c’è appunto questa distanza fisica. Credo che questo fosse quello che volevo descrivere nella relazione tra Kafuku e Misaki.

D: Sei sempre stato attento alla condizione femminile in Giappone, è il tema centrale di Happy Hour. Qui abbiamo il personaggio di una donna che fa l’autista, una professione tradizionalmente considerata maschile.
Ryūsuke Hamaguchi: Non ho mai pensato di concentrarmi sullo stato sociale quando facevo riprese con delle donne. Per me c’è sempre di più un focus sul punto di vista emotivo e quindi è stata una sorpresa quando ai festival molte persone mi dicevano: «Oh questa è la condizione sociale delle donne giapponesi». In quel momento ho realizzato quanto riprendere lo stato emotivo delle donne sia, alla fine, anche riprendere il loro stato sociale e da lì ho iniziato a sviluppare maggiore interesse nel girare questo tipo di scene. Per quanto riguarda Misaki, è un personaggio che viene direttamente da Murakami, tutti i meriti vanno a lui. Ma l’avere questa nuova figura femminile mi ha permesso di avere questo punto di vista sulle donne lavoratrici, che sono orgogliose di fare il loro lavoro e vogliono essere responsabili a riguardo. Credo che questo mi abbia anche permesso di mettere in scena un nuovo tipo di figura femminile.

Giampiero Raganelli

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