Da Eden a The Flag: qualcosa è cambiato
Declan Recks, regista. Eugene O’Brien, sceneggiatore con esperienze da attore alle spalle. Li avevamo conosciuti circa 10 anni fa, quando avevano accompagnato in giro per l’Italia un dramma sulla crisi di coppia sottile e intimista, Eden, che rappresentava per l’appunto il lungometraggio d’esordio di Declan Recks. Tale film aveva riscosso un certo interesse sia a Ravenna che a Roma, dove era nato da poco un nuovo festival dedicato al cinema irlandese, l’Irish Film Festa. Ed è proprio alla decima edizione dell’Irish Film Festa che li abbiamo ritrovati entrambi!
Quest’anno loro due, che continuano a fare squadra insieme, hanno portato alla Casa del Cinema un’opera ben diversa, The Flag, commedia capace di divertire e di creare al contempo una certa empatia, nei confronti delle peripezie cui va incontro un protagonista all’inizio così sfortunato ed eppur combattivo. Ma è attraverso il ricordo del nostro precedente incontro che ha avuto inizio questa lunga conversazione.
D: Eugene, Declan, prima di parlare del nuovo film, The Flag, vogliamo dire qualcosa su come nacque la vostra collaborazione artistica, qualche anno fa?
Eugene O’Brien: Declan ed io siamo della stessa contea, in Irlanda, ma non ci eravamo mai incontrati finché io non ho fatto il provino per un cortometraggio che stava realizzando. Non ho avuto la parte, ma visto che a riuscirci è stato un giovane Cillian Murphy, nessuno si sorprenderà! Poi mi ha buttato dentro a un altro cortometraggio del 1998 ambientato in una lavanderia, sicché in realtà è stata quella la prima volta che abbiamo lavorato insieme. Poi ho finito di scrivere un testo teatrale intitolato Eden che è stato un successo e lì ho rinunciato alla mia vita da attore. Declan infatti era interessato a farne un film, così la nostra collaborazione ha cominciato a ingranare come è successo pure per la serie televisiva Pure Mule. Da allora abbiamo lavorato a stretto contatto.
Declan Recks: Ho incontrato per la prima volta Eugene quando faceva l’attore. Lo avevo inserito nel cast del corto di cui avevo appena iniziato le riprese e lui mi raccontò di una pièce teatrale che stava scrivendo, Eden. Ho letto il testo e l’ho opzionato subito perché per me aveva tutte le potenzialità per un adattamento cinematografico. Questo è avvenuto intorno al 2001, ci sono voluti altri sei anni prima che il film venisse realizzato. Ma nel frattempo abbiamo anche collaborato nel 2005 per una mini-serie TV intitolata Pure Mule, che ha avuto grande successo in Irlanda ed è proprio per questo che ci siamo ritrovati nella posizione di ottenere i finanziamenti per Eden. Da allora abbiamo sviluppato diversi progetti destinati al cinema o alla TV.
D: Facendo parte da anni del pubblico dell’Irish Film Festa a Roma, il vostro lavoro lo abbiamo conosciuto prima sotto una luce più intimista, drammatica. Ci potete parlare, ad esempio, di come sia giunta l’ispirazione per Eden, lungometraggio d’esordio di Declan, e per i successivi progetti portati avanti insieme?
Eugene O’Brien: Eden ha preso vita come testo da me scritto nel 2000. È stato in programma all’Abbey, teatro nazionale d’Irlanda, nel 2001, ed è subito diventato un successo. Era uno spettacolo con due personaggi fatto di monologhi interconnessi tra loro, allorché marito e moglie tentano di descrivere un weekend importante, nelle loro vite infelici. Era un frammento di vita molto colorato, in quanto ricco di personaggi e storie da pub irlandese, per quanto vi si percepissero anche una pacata disperazione e tanta solitudine. Gran parte delle scene sono state girate in una città della stessa area in Irlanda da cui proveniamo Declan ed io. I due personaggi indirizzavano a noi, il pubblico stesso, ma in realtà non avrebbe mai dovuto rappresentare una vera e propria confessione ad alta voce. Quindi, adattandolo per lo schermo, abbiamo fatto in modo che i personaggi non parlassero così tanto. Soprattutto l’uomo. Perciò è stata una sfida trasformare un testo di tante parole in una storia per il cinema. È diventato un film di sguardi dove il non detto ha altrettanta importanza di quanto viene detto. Siamo stati benedetti da una notevole interpretazione dell’attrice Eileen Walsh che era apparsa anche in Pure Mule. Questo è invece un dramma televisivo in sei parti che focalizzava l’attenzione su un diverso personaggio principale a ogni episodio, personaggio le cui vicende andavano a delinearsi durante i weekend facendosi strada tra bevande alcoliche e sbornie da smaltire. Ancora, come in Eden, ci si era concentrati sugli aspetti privati, sull’intima disperazione, ma con un linguaggio più comico ed un po’ di colore.
Declan Recks: Eugene ha già risposto alla domanda riguardante l’ispirazione da cui nasce Eden, per quanto concerne me una volta letto il testo sapevo che quello lì era un mondo che conoscevo bene, con temi che mi interessano molto. È un film sulle piccole cose, sull’incidere di certi piccoli momenti nei rapporti di coppia, cose che quando si sommano possono avere enormi impatti su una relazione. Il testo è stato scritto come fossero due monologhi da parte dei personaggi principali, Billy e Breda. Quindi la sfida più grande nell’adattamento della pièce teatrale era illustrare ciò che sta succedendo nelle teste dei due personaggi con un linguaggio visivo e drammatico.
Dopo Eden ho continuato a lavorare in televisione, mentre sviluppavo altre idee cinematografiche. Ho avuto la possibilità di lavorare su un paio di progetti in Irlanda del Nord, in particolare la serie televisiva Scup, scritta da Colin Bateman per la BBC e la TG4, incentrata su un giornale irlandese nel cuore della zona occidentale di Belfast. Più di recente ho finito il film The Truth Commisioner, adattato dal libro di David Park. Il film immagina le ripercussioni che una Commissione per la Verità e la Riconciliazione, concepita sul modello sudafricano, potrebbe avere sulla vita di coloro che sono stati coinvolti nei Troubles. Il film ha avuto la sua premiere al Dublin Film Festival nel 2016 ed è stato programmato per la prima volta su un network televisivo dal canale BBC 2 nel Regno Unito.
D: Qual è stata, invece la fonte di ispirazione che vi ha spinto a concepire insieme una commedia come The Flag?
Declan Recks: Avevamo lavorato con il produttore Rob Walpole ad abbozzare una commedia dai contorni anche drammatici su un imitatore di Elvis al tramonto e sul suo bracco destro, un ex DJ. Ma avevamo difficoltà a farlo funzionare, per cui abbiamo abbandonato il progetto. Nello stesso periodo c’erano molte discussioni in Irlanda circa l’ormai prossimo anniversario della rivolta del 1916. Rob aveva scoperto una lettera che il nonno aveva scritto, affermando di aver personalmente issato la bandiera irlandese sul GPO a Dublino, durante la domenica di Pasqua del 1916. Si chiese se c’era qualcosa di notevole nella storia e Eugene pensava di sì. Abbiamo deciso che avrebbe dovuto essere una commedia, poiché un sacco di altri film e prodotti televisivi concepiti intorno al centenario si stavano rivelando tremendamente seri e pieni di spirito reverenziale. Pensammo allora che non sarebbe un male spingere verso un po’ di divertimento, che rimettesse in gioco noi stessi e il concetto di nazionalità.
Eugene O’Brien: The Flag ha un timbro molto più comico dei precedenti lavori fatti insieme. È stato deliberatamente progettato come un veicolo per lo humour travolgente del comico e attore irlandese Pat Shortt. L’idea è venuta al nostro produttore Rob Walpole, che ci ha mostrato una lettera di suo nonno con certe affermazioni riguardanti l’aver piantato il tricolore irlandese sul tetto del GPO in quei frangenti drammatici, come accennava prima Declan. Così abbiamo servito in tavola qualcosa che partisse dalle tante sfortune di un lavoratore edile irlandese a Londra, che se ne va poi alla ricerca di una bandiera per dimostrare che suo nonno non era un bugiardo e dare così alla propria vita un qualche scopo e significato. Perciò abbiamo costruito la storia su un canovaccio leggero, tale da sostenere un film che catturasse davanti allo schermo tutta la famiglia. Ma è stata dura. Come la metti la metti, la commedia è una grande sfida! Cercare di far ridere la gente è più difficile di mettere ordine nella scrittura di un dramma!
D: Il linguaggio, gli accenti, le diverse parlate, sembrano avere una particolare importanza nel film. Cosa potete dirci in merito?
Declan Recks: Credo che Eugene sia probabilmente il più adatto a parlare di tali aspetti.
Eugene O’Brien: Ci stavamo giusto divertendo con gli stereotipi su irlandesi ed inglesi, su come ci percepiamo l’un l’altro. Un po’ come i nostri protagonisti, quando cercano di scimmiottare il modo in cui suppongono che un militare inglese parli ed agisca. E lo stesso per quanto riguarda il loro relazionarsi agli stereotipi sull’Irlanda… ad esempio quel voler imitare gli operai irlandesi… parlando a raffica con accento campagnolo e slang, per confondere i soldati britannici. Molto leggero e divertente è anche il modo di prendere in giro la pomposità britannica. Adesso siamo tutti amici. La regina è venuta anche a trovarci … ma ancora amiamo batterli in qualsiasi sport! Saranno sempre il “vecchio nemico”, ma siamo cresciuti abbastanza da essere in grado di prenderli bonariamente in giro, senza che questo significhi supportare l’IRA! Difatti c’è un rifiuto molto consapevole di usare armi da fuoco nella trama, per entrare nella caserma a riprendere la bandiera senza colpo ferire.
D: Qual è stata la relazione che si è sviluppata sul set con gli attori, in particolare con lo straordinario protagonista Pat Shortt e l’emergente Moe Dunford?
Declan Recks: Sapevamo dal principio che Pat Shortt era interessato alla parte. Rob aveva ottenuto una sintetica descrizione della sceneggiatura e gliela aveva portata, chiedendogli se fosse interessato. Quando ha detto di sì, Eugene ha poi potuto caratterizzare il suo personaggio con lui in mente, cosa che gli ha permesso di far esprimere a Pat molti dei suoi punti di forza. Sapevamo della crescita di Moe sia dal palcoscenico teatrale che dai film, lui è un grande talento. Lo abbiamo coinvolto assieme a Pat in un test con la videocamera per vedere quale fosse la chimica tra loro, si sono subito rivelati un gran duo. La parte era molto diversa da qualsiasi cosa Moe avesse fatto in precedenza e lui l’ha abbracciata completamente. Penso che uno col talento comico di Pat, posto vicino a lui, lo abbia aiutato molto. C’è stata un sacco di ri-scrittura sul set, qualcosa che normalmente non si farebbe su un dramma, ma Eugene stava sempre sul pezzo per aggiungere nuove battute o riarrangiare tutto ciò che veniva fuori delle prove sul set.
Eugene O’Brien: Pat è un grande attore comico e il personaggio è stato scritto per giocare sui suoi punti di forza. Sul set è stato insostituibile, come una lavagnetta da cui spuntavano di continuo battute e idee nuove. Moe è un attore incredibile di cui la gente sentirà parlare ancora a lungo. Moe ama discutere ogni cosa… ci pensa parecchio… immagina… laddove invece Pat preferisce non parlare un granché… si mette a fare le cose e basta… ed è comunque una gioia lavorare con entrambi.
D: Nel film avete usato tanta ironia, sebbene affettuosa, nei confronti di un evento importante della storia irlandese come l’Easter Rising del 1916. Cosa ha cambiato ciò nella scrittura del film? E come è stato recepito dal pubblico?
Eugene O’Brien: Sembra che il pubblico lo abbia proprio apprezzato il film. È stato mostrato in TV il giorno di Natale sul principale canale nazionale e abbiamo raggiunto un pubblico enorme. La gente era stanca di contributi impegnativi e seriosi sulla rivolta. Avevano avuto quel genere di cose per un anno, così erano pronti per un trattamento più leggero e ironico del soggetto.
Declan Recks: Quando abbiamo deciso di fare una commedia su un evento che ha così tanta importanza per il popolo irlandese, penso che siamo stati sempre molto consapevoli del fatto che qualcuno non avrebbe approvato. Ma credo sia importante che una nazione acquisti la capacità di auto-esaminarsi non solo attraverso il dramma, ma sapendo ridere all’occorrenza di se stessa. Eravamo altrettanto consapevoli di non volere che il film fosse anti-britannico. Era più importante essere anti-establishment. I nostri eroi in realtà stanno combattendo contro il sistema, rubando la bandiera. Stanno riprendendo qualcosa che appartiene alla loro gente e in cambio si stanno prendendo una rivincita nei confronti di politici e istituzioni, che, a detta di molti, hanno tradito quella stessa bandiera negli ultimi anni.
D: Quali sono state, invece, le vostre impressioni su questa decima edizione dell’Irish Film Festa?
Eugene O’Brien: Partecipare al festival ha rappresentato una gioia. Un ottimo programma messo insieme da Susanna Pellis, ed è stato bello confrontarsi con tutti. Siamo stati molto fortunati ad avere questa opportunità di mostrare il nostro lavoro a un pubblico italiano. Il festival è cresciuto molto in quanto ad ambizione e obiettivi, da quando vi abbiamo partecipato nel 2009 con Eden. Possa continuare a lungo!
Declan Recks: Credo che Susanna abbia fatto un lavoro straordinario quest’anno. Lei mette sempre insieme una fantastica raccolta di film irlandesi e quest’anno non è stata da meno. La nostra ultima presenza qui era stata nel 2009 e il festival è cresciuto in scala, ma non ha perso il suo fascino. Il pubblico è molto attento e il Q&A rappresenta sempre un punto di forza. È uno dei pochi festival dove, da regista, si cerca di vedere il maggior numero possibile di film. Tale merito va accreditato a Susanna e al suo team, spero quindi di essere abbastanza fortunato da tornarci in futuro!
D: Infine, state lavorando insieme ad altri progetti?
Declan Recks: Abbiamo sempre avuto cose nuove da portare avanti, ma c’è un progetto in fase avanzata e si chiama April Falls. È qualcosa che abbiamo sviluppato con una giovane attrice irlandese e speriamo di poter iniziare a girare verso la fine di quest’anno.
Declan Recks: Siamo sempre al lavoro su progetti comuni. L’ultimo si spera di poterlo realizzare molto presto. È un film più personale di The Flag, con una protagonista femminile. Una tragi-commedia agrodolce sulla vita di una donna, destinata a cambiare nel giro di un anno.
Stefano Coccia