Interprete del film di Petr Václav, “Il Boemo”, presentato al Trieste Film Festival 2023
Uno dei volti più interessanti e particolari del cinema italiano. Con un talento assai duttile. Questo pensiamo di Diego Pagotto, sin da quando lo scoprimmo nel cast di un gran bel film girato da Federico Rizzo, Fuga dal Call Center. E da allora abbiamo avuto modo di apprezzarlo, sempre incisivo anche qualora si tratti di un piccolo ruolo, tra gli interpreti di altri lungometraggi che abbiamo amato molto, come ad esempio L’uomo che verrà e Red Land (Rosso Istria). Per cui è stato davvero un piacere ribeccarlo a Trieste, nella parte di uno scaltro impresario musicale, all’interno del variegato e azzeccatissimo cast internazionale di quel film in costume, Il Boemo, che il cineasta ceco Petr Václav ha voluto dedicare alla biografia e alle opere del compositore Josef Mysliveček. Ecco cosa ci ha raccontato Diego Pagotto di questa nuova esperienza!
D: Innanzitutto, Diego, come è avvenuto il tuo ingresso in questa co-produzione internazionale, Il Boemo?
Diego Pagotto: Ciao Stefano, piacere di ritrovarti, il mio ingresso in questa co-produzione è avvenuto in modo classico, tramite l’agenzia che mi ha proposto per il ruolo, così mi è stato chiesto di fare il provino per il film. Eravamo nel 2020, in piena pandemia, quindi invece di fare il provino in presenza, ci siamo organizzati a distanza in video chiamata Skype con il regista, è stata l’occasione per conoscersi, parlare del ruolo e provare le battute.
D: Riguardo al tuo personaggio, un navigato impresario che pare rapportarsi con molta arguzia e scaltrezza al mondo dell’opera lirica e degli stessi salotti veneziani dell’epoca, come ti sei preparato?
Diego Pagotto: Bella domanda, un po’ mi mette in difficoltà, nel senso che è passato molto tempo e non me lo ricordo così bene. Ho un’ottima memoria a breve termine ma a lungo termine i ricordi si fanno più confusi. In linea generale posso dire questo: è molto più facile fare un ruolo da protagonista rispetto ad un piccolo ruolo che ha poche battute, questo perché nei piccoli ruoli non c’è la struttura necessaria per dare una reale vita al personaggio, le connessioni con gli altri personaggi non sono così forti e spesso non c’è una storia del personaggio su cui creare i rapporti con gli altri personaggi e la stratificazione del personaggio stesso. Secondo me la cosa migliore, quando si parla di piccoli ruoli, è puntare l’attenzione sullo studio della singola scena più che sul personaggio in sé, senza eccedere nella struttura del personaggio che altrimenti potrebbe, alla fine, apparire eccessivamente sopra le righe, col rischio di scivolare nella mancanza di credibilità. Di sicuro nella scelta della resa del personaggio hanno inciso particolarmente i suggerimenti del regista che erano molto specifici, perciò ho cercato di rispettare il più possibile le indicazioni che mi venivano date.
D: Al Politeama Rossetti, durante il Trieste Film Festival, abbiamo assistito alla presentazione del lungometraggio da parte dell’autore, il cineasta ceco Petr Václav. Ci è parso un artista dall’indole ironica, naif, anche un po’ istrionica. Come è stato lavorare con lui?
Diego Pagotto: Sì, anche a me ha dato questa impressione, lo ricordo come una persona originale, piena di vitalità ed entusiasmo; come dicevo anche in precedenza il suo apporto è stato fondamentale, anche nella direzione degli attori, in quanto le richieste sul taglio della scena e le indicazioni sull’indirizzo del personaggio erano molto precise e puntuali e questo è stato di grande aiuto.
D: Più in generale, che impressioni hai ricavato da questo set internazionale, che ha coinvolto così tanti interpreti?
Diego Pagotto: Il mio è stato un ruolo abbastanza piccolo, due pose in tutto, di cui una girata in Italia e una a Praga, con un ruolo così piccolo è difficile farsi un’idea precisa del set e cominciare ad instaurare dei legami, diventa più facile se ci sono diversi giorni di lavorazione, come ad esempio in Faccia d’angelo, in cui ho lavorato per circa due mesi e c’è stato il tempo per creare legami di amicizia. A questo proposito, nel film Il Boemo ho ritrovato Elena Radonicich con cui avevamo recitato insieme in Faccia d’angelo. Nonostante il breve tempo che ho passato sul set de Il Boemo ho un ricordo piacevole delle giornate di lavorazione.
D: Cosa puoi dirci invece, nello specifico, della piccola magia rappresentata dal recitare in un film in costume?
Diego Pagotto: Sicuramente magia è la definizione più appropriata, i costumi sono stati allestiti con grande cura e fedeltà alla moda dell’epoca, in più la mia prima posa era a Praga, al teatro dell’opera, che è un luogo di uno scenario incantevole e trovarsi lì in costume suscita sensazioni che sembrano far vivere l’atmosfera di quel tempo. Il costume inoltre, se ben curato, oltre ad essere funzionale per il film crea quasi un incantesimo nel far nascere suggestioni psicologiche legate sia al personaggio che all’epoca, è sicuramente un effetto psicologico ma è suggestivo.
D: In quali altri progetti cinematografici sei impegnato al momento? E tracciando qualche bilancio, visto che ti avevamo conosciuto quale interprete di film che si sono a volte rivelati piccole pietre miliari del cinema indipendente in Italia, che idea ti sei fatto negli anni della distanza che intercorre tra produzioni più grosse e ciò che può essere considerato “indie“?
Diego Pagotto: Attualmente non sono impegnato in alcun progetto ma tengo le dita incrociate che possano arrivare nuove opportunità. Ci sono sicuramente grandi differenze tra grosse produzioni e produzioni indipendenti, aldilà delle comprensibili differenze di budget, che sono quelle più facilmente visibili, la maggiore differenza si nota a livello di opportunità lavorative.
Per un attore come me che non ha un nome riconosciuto aspirare ad un ruolo da protagonista o coprotagonista in un film ad alto budget è quasi impossibile, nel cinema indipendente invece l’occasione può anche arrivare, ad esempio a me è capitato nel film Altri cannibali di Francesco Sossai, un film indipendente in cui le risorse economiche pressoché nulle sono state sopperite dall’impegno di attori e tecnici che hanno dato il massimo per raggiungere un risultato al di sopra di ogni aspettativa e che alla fine ha dato vita ad un film veramente interessante e che mi sento di consigliare per la visione.
In “copertina” un’immagine del film di Francesco Sossai, “Altri cannibali”, con Diego Pagotto assieme a parte del cast
Stefano Coccia