Qualche riflessione su “Madre notturna”, il film che ha trionfato al Ravenna Nightmare 2022
Le qualità del cinema di Daniele Campea non ci erano certo ignote, considerando che il precedente lungometraggio Macbeth Neo Film Opera aveva destato in noi una forte impressione. Ma il premio come Miglior Film raccolto al Ravenna Nightmare 2022 aveva rappresentato comunque una gradita sorpresa: Madre notturna è in effetti un’opera cinematografica tanto curata sul piano formale, stilistico, quanto suggestiva a livello atmosferico, eppure ricevere in Romagna l’Anello d’Oro per i Lungometraggi (Premio del Pubblico), sbaragliando una concorrenza internazionale così agguerrita, è dato da rimarcare. Ed è da questi magnifici ricordi ravennati che abbiamo voluto iniziare la nostra conversazione con Daniele, svoltasi a distanza di un paio di mesi da tale successo festivaliero…
D: Partiamo in un certo senso dalla fine. Per un regista indipendente come te, immaginiamo che abbia rappresentato davvero una grossa soddisfazione trionfare in un concorso lungometraggi di livello internazionale, come quello del Ravenna Nightmare. Cosa ti piace ricordare di questa esperienza? E quale sarà adesso il percorso di Madre notturna?
Daniele Campea: Il Ravenna Nightmare è stato il battesimo per il mio film, il primo festival al quale ha partecipato. Il fatto che questo abbia conciso anche con una vittoria non può che rendermi estremamente felice. È stata un’esperienza molto positiva sotto ogni punto di vista, a cominciare dalla splendida accoglienza da parte degli organizzatori, Franco Calandrini, Maria Martinelli e tutto lo staff, poi aver avuto modo di confrontarmi con film e registi internazionali, la presenza di un pubblico attento e stimolante, sono stati tutti elementi che hanno reso il debutto di Madre Notturna ancora più emozionante. Ora il film continuerà il suo percorso nei festival italiani ed esteri, nel frattempo stiamo lavorando per trovare una distribuzione nelle sale, che spero possa avvenire entro quest’anno.
D: Istintivamente abbiamo colto diverse analogie, a livello stilistico, ma volendo anche di natura tematica, tra Madre notturna e il tuo precedente lungometraggio, Macbeth Neo Film Opera. Soprattutto per quanto concerne l’impronta e l’impatto emotivo della colonna sonora. Ravvisi anche tu qualche “fil rouge” tra questi tuoi lavori?
Daniele Campea: Sicuramente ci sono diversi ingredienti che accumunano questi due film. Fin dai miei primi lavori ho approfondito la sperimentazione tra immagini e suoni, in modo che la musica non fosse semplicemente una colonna sonora per quello che vediamo sullo schermo, ma che le immagini stesse diventassero una “colonna visiva” per la musica. Macbeth è un film sperimentale che trova nella musica e nel montaggio la sua vera essenza, Madre Notturna segue un filo narrativo più classico, ma alla base ha la stessa ricerca stilistica, quella “Neo Film Opera” che è quasi un manifesto programmatico del mio lavoro cinematografico. Per questo il montaggio è la fase che preferisco in assoluto e che curo sempre personalmente, perché mi dà la possibilità di trovare formule nuove e alchimie particolari che in altri contesti non potrei approfondire. È anche la fase a cui dedico la maggior parte del mio tempo e delle mie energie, montare Macbeth ha richiesto più di sei mesi, per Madre Notturna ci è voluto quasi un anno.
D: Pochi personaggi, ma un cast di tutto rispetto, in Madre notturna. Ci potresti presentare rapidamente gli interpreti?
Daniele Campea: Ho avuto la fortuna di lavorare con attori meravigliosi, che hanno contribuito con le loro idee a rendere il film più ricco e carico di sfumature. Susanna Costaglione interpreta Agnese, una madre tormentata che torna a casa dalla sua famiglia dopo aver trascorso un lungo periodo in un ospedale psichiatrico. Susanna ha una fisicità incredibile ed una presenza scenica a dir poco ipnotica, che cresce sempre di più nel corso della storia. Edoardo Oliva interpreta Riccardo, marito di Agnese e medico, che cerca di tenere insieme i pezzi di una famiglia sull’orlo della distruzione. Edoardo, con la sua intensità calibrata al millimetro, è stato fantastico nel rappresentare le sottili ambiguità del suo personaggio, un uomo in apparenza integro e dedito alla famiglia, ma che nasconde più di uno scheletro nell’armadio. Sofia Ponente interpreta Arianna, la figlia adolescente della coppia, che ha un rapporto problematico con sua madre e un forte attaccamento verso il padre. Sofia è stata una vera sorpresa, è al suo debutto e non ha mai avuto esperienze davanti la macchina da presa, ma ha dimostrato un talento assoluto. Ha incarnato alla perfezione le contraddizioni del suo personaggio, le sue zone d’ombra e la vena dionisiaca che esprime nella danza. Abbiamo dedicato molto tempo alle prove, come in teatro, e questo ha permesso di ottenere delle prove attoriali a mio parere uniche.
D: Cinema indipendente, a nostro avviso, significa anche uscire dai soliti schermi e dalle consuete, trite ambientazioni, per esplorare nuovi territori. Il che può valere a livello estetico come pure per certe location poco battute, quindi a livello “geografico”. Ci è piaciuto molto il modo in cui hai rappresentato il cuore del nostro territorio. Come ti sei trovato a girare in Abruzzo?
Daniele Campea: Sono nato e cresciuto in Abruzzo e ho sempre avvertito un’energia magica provenire da questa terra. È un luogo di culti antichi, di paesaggi incantati, di forze naturali che si possono percepire nell’aria. Ho un legame creativo fortissimo con questa terra, traggo ispirazione dalle sue montagne, le sue foreste, i suoi laghi, le sue rocce. È come avere un teatro di posa di 10.000 chilometri quadrati a disposizione, le potenzialità sono enormi. Purtroppo, dal punto di vista cinematografico, l’Abruzzo non è ancora valorizzato come merita, la stessa Film Commission al momento esiste solo sulla carta e non ci sono finanziamenti per rilanciare il territorio. Spero che questa situazione cambi al più presto.
D: Il mito, i retaggi ancestrali, l’aspetto misterico del tuo film dialogano sottilmente con nuove inquietudini, date dalla sciagurata era pandemica. Cosa puoi dirci a riguardo?
Daniele Campea: Il lockdown è stato come un detonatore per raccontare la storia che avevo in mente, ma il film non tratta del Covid in senso stretto. Quella che cercavo era una situazione di isolamento forzato, come in un film di Polanski, con i protagonisti costretti a condividere gli stessi spazi per un periodo di tempo prolungato. Nel caso di una famiglia la convivenza sembra un concetto normale, ma con una pandemia che ti chiude in casa a fare i conti con i tuoi fantasmi le cose cambiano decisamente. Prima di girare questo film stavo lavorando ad un adattamento cinematografico delle Baccanti di Euripide, ma il Covid ha stravolto tutti i piani. Perciò, scrivendo Madre Notturna, mi sono portato dietro molte delle fascinazioni derivate dalle Baccanti: il tema della follia interpretata in chiave mitologica e non “clinica”, la potenza devastante dell’inconscio in rapporto alle deboli difese della coscienza, l’irruzione del perturbante, l’Ombra, il doppio…Come regista sono sempre stato attratto dal mito, dalla leggenda e dalla fiaba, sono tutte influenze che proietto in quello che faccio, anche se devo raccontare una storia ambientata nel mondo reale. In effetti vorrei esplorare sempre di più le tematiche fantastiche nei miei film, il cosiddetto “realismo” nel cinema lo trovo di una noia mortale.
D: Estremamente suggestiva anche la fotografia, specie negli interni in penombra o nelle scene notturne nei boschi. Come avete lavorato su questo elemento?
Daniele Campea: Abbiamo scelto di usare la luce naturale ogni volta che ne avevamo la possibilità, quelle location offrivano una tale bellezza fotografica che alterarla avrebbe significato rovinare tutto. Personalmente amo lavorare con le ombre e i chiaroscuri, permettono di ottenere atmosfere davvero magiche. Negli interni notte abbiamo optato per soluzioni minimali, lampade, abat-jour, piccole stufe, mentre nelle situazioni di giorno abbiamo usato soprattutto la luce diffusa dalle grandi finestre. Per gli esterni nel bosco non abbiamo usato nessuna luce artificiale, ma solo quando era necessario abbiamo lavorato con la tecnica del day for night.
D: Per concludere: come valuti attualmente la difficoltà di lavorare in modo indipendente in Italia?
Daniele Campea: Senza dubbio fare cinema indipendente in Italia è una sfida durissima, si incontrano ostacoli in continuazione, dalla mancanza di budget fino alla difficoltà di trovare una distribuzione adeguata, e inoltre è un settore sempre più affollato, spesso da prodotti scadenti. Con queste premesse è abbastanza comprensibile che molti siano scoraggiati o che, peggio ancora, rinuncino alla loro vera voce pur di lavorare nel cinema più commerciale. Parlando della mia esperienza personale posso dire che questa condizione, per quanto scomoda, mi ha però permesso di dedicarmi in completa libertà ai film che sento davvero miei, esplorando e sperimentando senza pressioni o particolari aspettative commerciali. Nessun grosso produttore mi avrebbe mai fatto fare Macbeth a quel modo, e molto probabilmente anche Madre Notturna avrebbe subito condizionamenti nella scelta del cast, per esempio. Credo che la cosa più importante in assoluto sia la fedeltà a se stessi, perché è da qui che si ricavano l’energia e l’entusiasmo per andare avanti, nonostante tutto.
Stefano Coccia