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Inexorable

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VOTO: 6.5

Attrazione fatale

Alla ricerca disperata di ispirazione, per dare un seguito al suo bestseller “Inexorable”, Marcel Bellmer decide di trasferirsi con la moglie e la figlia nella villa che appartiene alla famiglia della consorte. Ogniqualvolta si tirano in ballo scrittori in crisi e dimore perse nel mezzo del nulla la mente viene invasa subito da brutti presagi e torna di default a Jack Torrance, ai suoi sventurati “affetti” e all’Overlook Hotel, il gigantesco e lussuoso albergo perso tra le Montagne Rocciose che fa da inquietante cornice alle macabre vicende di Shining.
Le cose nel film Inexorable di Fabrice du Welz, presentato in concorso alla 31esima edizione del Noir in Festival in attesa della futura uscita nelle sale nostrane con Koch Media, però prendono altre pieghe rispetto agli eventi inquietanti e soprannaturali che si consumano prima sulle pagine del romanzo omonimo di Stephen King e poi nell’adattamento per il grande schermo di Stanley Kubrick. Le esistenze dei protagonisti della settima fatica dietro la macchina da presa del cineasta belga vengono comunque messe a dura prova quando una giovane ragazza di nome Gloria entra nelle loro vite e inizia ad aggirarsi per la casa. Sembra affascinata dal lavoro letterario di Marcel e determinata a mettere radici nella famiglia. Questa presenza che diventa sempre più insidiosa porta alla luce i misteri del passato.
Più che all’horror soprannaturale du Welz rivolge dunque lo sguardo al noir, mescolando il nero al rosso sangue del crime e al giallo del thriller, quello ruota intorno alla figura della ragazza che entra nella quotidianità della famigliola di turno destabilizzandola e minandola dall’interno. Con questa tavolozza di colori l’autore dipinge sullo schermo una storia molto cupa, che scruta l’incontro inevitabilmente fatale tra una misteriosa ragazza e una coppia dell’alta borghesia. Per farlo il regista belga prende a modello i thriller erotici degli anni Novanta come Basic Instinct, Inserzione pericolosa o La mano sulla culla, confezionando un racconto che viene sorretto principalmente dalla tensione sessuale innescata all’interno del classico triangolo lui, lei e l’altra. Triangolo che trova degli efficaci vertici in un Benoît Poelvoorde alle prese con un personaggio diverso dal solito e nelle due contendenti Alba Gaia Bellugi e Mélanie Doutey, rispettivamente nei panni di Gloria e della moglie di Marcel.
Da dietro la macchina da presa invece du Welz attinge nuovamente alla sua sensibilità gotica e romantica, quella che ha caratterizzato la messa in quadro di molte sue opere precedenti, tra cui la più recente dal titolo Adoration. Qui, come nel film del 2019. quella sensibilità riesce a trovare un equilibrio con una dimensione realistica. Elementi che generalmente non riescono sempre a coesistere in un progetto audiovisivo. Il risultato è un film nel quale si respira aria pesante, che trasuda morbosità dal primo all’ultimo fotogramma utile, raccogliendo nei trenta minuti finali quello che la scrittura aveva seminato nei sessanta precedenti. Dopo un sali e scendi continuo, la temperatura inizia vorticosamente a salire raggiungendo quella di ebollizione. A quel punto Inexorable mostra finalmente il suo lato migliore.

Francesco Del Grosso

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