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Incontro stampa con Giampaolo Morelli

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«Il mestiere del regista richiede grande umiltà»

7 ore per farti innamorare sarebbe dovuto uscire nei nostri cinema il 26 marzo, a causa dell’emergenza Covid19 viene lanciato direttamente on demand dal 20 aprile.
I produttori Fulvio e Federica Lucisano con il distributore Vision Distribution aderiscono così alla campagna #iorestoacasa e rendono disponibile il film che potrà essere acquistato su SKYPRIMAFILA Premiere, CHILI, INFINITY, RAKUTEN TV, GOOGLE PLAY, ITUNES, CG DIGITAL e TIMVISION.
Abbiamo avuto modo di partecipare, insieme ad altri colleghi, a un incontro stampa in streaming con Giampaolo Morelli, conosciuto per le sue tante interpretazioni, il quale ha scelto di esordire dietro la macchina da presa con un lungometraggio tratto dal suo omonimo romanzo (pubblicato nel 2013 e ripubblicato per quest’occasione da Edizioni Piemme) e di cui ha curato anche la sceneggiatura insieme a Gianluca Ansanelli.

«Valeria (Serena Rossi), donna avvenente e dal carattere deciso ma da sempre disillusa sull’amore, è un’implacabile maestra di rimorchio per uomini single ai quali insegna l’arte della seduzione, convinta che le relazioni fra le persone siano mosse da semplici stimoli biologici. Giulio (Giampaolo Morelli) è un giornalista di economia, uomo serio e po’ prevedibile, convinto invece che in amore non si possano attuare delle strategie. Quando, a un passo dalle nozze, la fidanzata Giorgia (Diana Del Bufalo) lo lascia per il suo capo Alfonso (Massimiliano Gallo), Giulio si ritrova scalfito nelle sue granitiche certezze, senza donna e senza lavoro. Deciso a riconquistare la sua ex andrà a lezione da Valeria, ma uno dei due dovrà cambiare idea. Perché innamorarsi è una scienza esatta o un mistero senza regole?» (sinossi ufficiale).

Approfondiamo con l’artista l’esperienza della lavorazione

D: Giampaolo, avresti mai immaginato di debuttare alla regia con un film in uscita in un momento così particolare per il cinema e di finire direttamente in streaming? Potrebbe essere anche un’opportunità, in generale, per la distribuzione?
Giampaolo Morelli: Sono innamorato da sempre del cinema ed è avvenuto vedendo le opere in sala per cui per me la magia del cinema è insostituibile. Una commedia romantica, qual è la mia, ha bisogno dell’atmosfera che si può respirare in sala: la risata, si sa, è contagiosa proprio come l’emozione. Quando mi hanno proposto di uscire in questo modo, ho avuto un attimo di gelo, sapevo che qualcosa sarebbe successo con il mio debutto alla regia, ma non pensavo questo (cerca di sdrammatizzare, nda). Poi mi sono detto: vabbè, se me lo tengo nel cassetto, chissà per quanto ci resterà. Per me i film hanno un tempo, poi ti invecchiano in mano. Così ho deciso di mostrarlo adesso e credo che, proprio in questo momento, possa aiutarci ad avere una parvenza di normalità… a molto più lunga grazie proprio alle piattaforme perché se ne può usufruire per molto più tempo. 7 ore per farti innamorare è una commedia leggera, pensata per intrattenere. Quale momento migliore per offrire alle persone la possibilità di acquistare il film direttamente nel proprio salotto?».

D: Quest’opera ricorda Hitch, con Will Smith, ma con un cambio di prospettiva…
G. Morelli: Tutto è iniziato qualche anno fa, prima di scrivere il romanzo. Avevo visto in rete l’avviso di uno che pubblicizzava i suoi corsi di rimorchio. Pensare che qualcuno potesse insegnare come sedurre mi sembrava assurdo. Approfondendo ho scoperto che sul web esisteva una vera e propria rete internazionale in cui la gente si scambiava regole e strategie. Ho cominciato contattando i guru italiani che mi sembravano più accreditati, mi sono presentato e ho domandato loro di provarmi come funzionavano le loro regole di rimorchio, anche perché non avevano una parvenza surreale, ma sembravano molto concrete. Hanno accettato di farsi microfonare, li ho anche ripresi da lontano. Si muovevano tra supermercati, piazze, negozi e tornavano a casa spesso col numero di telefono della ragazza. Mi hanno colpito anche gli alunni di questi “insegnanti”… Li portavano in giro come si vede nel film e tra loro non c’erano solo uomini che desideravano solo portarsi a letto una donna; ma anche uomini di una certa età, colti e sensibili, spesso completamente paralizzati nell’approccio con le donne. Indagando ho anche scoperto che in Inghilterra a insegnare c’era una donna perciò la mia coach è un personaggio femminile, anche perché chi meglio delle donne può far capire come desiderano essere corteggiate?

D: Nel lungometraggio si avvertono le atmosfere di tante commedie americane; è stato un genere che ti ha ispirato?
G. Morelli: Non è semplice affrontare un genere come la commedia romantica. Se realizzi un film più autoriale come opera prima, magari te la cavi meglio. Optare per una commedia romantica classica ti dà meno margini di errore in quanto deve intrattenere tutti. Nel mio caso l’aspetto più impegnativo consisteva nel trovare un buon equilibrio tra comicità e romanticismo, evitando per esempio di scadere nella sit-com o nella melensaggine. Gli americani sono dei maestri di questa tipologia cinematografica, quindi credo di aver tenuto conto della loro lezione, ma inconsapevolmente. Io vedo Napoli come una città che ha lo stesso potenziale di New York. In entrambe possiamo ambientare i gangster movie così come le storie d’amore. Per me Napoli è adattissima al romanticismo. Nelle nostre commedie, e secondo me questa è una pecca, ci sono spesso dei luoghi non luoghi, come se si avesse paura a raccontare l’identità o la bellezza delle nostre città. Volevo restituire una Napoli inedita, non la solita immagine da cartolina con sole, pizza e mandolini, ma una Napoli vera, borghese e bella.

D: Il film segna il tuo debutto dietro la macchina da presa. Come è stata questa prima volta? Hai dovuto affrontare avuto problemi tecnici?
G. Morelli: Non avrei mai immaginato di esordire proprio con questa storia. L’avevo raccontata in un romanzo, che già presentava una struttura filmica, ma non pensavo di curarne io la regia. Il set è una macchina complicata da portare avanti. 7 ore per farti innamorare è stato impegnativo, ma ho provato una grande gioia nell’accorgermi che tutti avevano aderito mettendosi a disposizione della storia, non solo il reparto tecnico, ma soprattutto gli attori, che sono saliti sulla barca, fidandosi di un collega che non aveva mai fatto questo lavoro. È poi è stato fondamentale avere accanto Serena Rossi, con cui avevo già lavorato in Ammore e Malavita e Song’e Napule. La sua presenza è stata rassicurante. Ho imparato che quello del regista è un mestiere che richiede grande umiltà, conta avere le idee chiare ma è fondamentale anche saper ascoltare gli altri, dagli attori al reparto tecnico, devi fare il possibile perché l’emozione attivi. Per il futuro si vedrà, di certo non mi è passata la voglia di fare l’attore.

D: Hai lavorato con registi molto diversi tra loro. Cosa hai preso da ognuno di loro?
G. Morelli: Sicuramente ciascuno di loro mi ha lasciato qualcosa e, a volte, è avvenuto il contrario. Talvolta mi son ritrovato a pensare che avrei fatto scelte diverse, non solo sul piano registico, ma anche nel modo di approcciarsi al prossimo.

D: Il cast di 7 ore per farti innamorare si è rivelato molto giusto…
G. Morelli: Gli interpreti sono tutto in un film. La produzione mi ha accontentato su tutte le scelte e questo è stato essenziale. Ogni ruolo è stato scelto con molta cura. Serena ha reso benissimo questa donna ironica e pungente, una che si protegge perché ferita ma capace anche di lasciarsi andare. A Massimiliano Gallo è toccata la parte di un antipatico che si accartoccia su se stesso fino a diventare ridicolo. Diana Del Bufalo punta più sul comico, quella sopra le righe; qui ha dato grande prova di talento nelle scene in cui è svampita o si fa sedurre. L’ho trovata molto delicata, autentica, leggera. Senza contare Vincenzo Salemme, il quale si è messo a disposizione per questo personaggio che avevo scritto proprio immaginando lui.

D: Citando una battuta del film: «togli l’audio e giudica le persone per le loro azioni». Rilanciandola su di te e riflettendo sulla situazione contingente…
G. Morelli: Togli l’audio l’ho sempre praticato, anche su me stesso. Ho sempre giudicato dalle azioni che compiamo e non da quello che diciamo. Parlare troppo non serve a niente. Per quanto riguarda ciò che stiamo vivendo, da un lato potrebbe essere un’occasione. Sono a casa con la mia famiglia, sto frequentando la prima elementare perché tutti i giorni seguo le videolezioni insieme a mio figlio maggiore, stiamo facendo italiano, matematica, la scansione in sillabe, le addizioni e adesso abbiamo iniziato le sottrazioni. Al di là di questo, la mia vita di quando non lavoro non è molto diversa dalla quarantena. Sono tendente al pigro, mi piace stare a casa con i bambini anche per compensare i periodi in cui giro e sono lontano. Devo dire però che questa situazione sta diventando un po’ troppo prolungata. Non credo che ne usciremo migliori, va bene cogliere l’occasione per guardarsi dentro, però c’è gente che ha perso il lavoro, la società – piaccia e non piaccia – è fatta in un certo modo e deve andare avanti. Quando tutto finirà torneremo alla nostra frenesia, ma dev’essere così. Non possiamo vivere reclusi in casa a guardarci dentro per uscire migliori, abbiamo guardato, quindi adesso basta. Abbiamo bisogno di esprimerci.

D: Senza spoilerare, è molto importante anche la funzione assunta dal personaggio incarnato da Salemme e si fa riferimento al giornalismo online, a quello cartaceo e alle fake news.
G. Morelli: Ho voluto creare un personaggio lungimirante (e non specifichiamo altro in merito a ciò che l’artista ci ha risposto per non rivelarvi il cambiamento di posizione nel corso della storia, nda). Sicuramente credo che, dopo questo periodo, ci sarà una voglia di contatto umano maggiore, internet non può sostituire gli occhi negli occhi. In merito alle fake news stiamo assistendo a una conoscenza maggiore della rete, prima si abboccava più facilmente, oggi si sta più attenti.

D: Nel lungometraggio giochi sull’effetto nostalgia attraverso un simpatico dialogo in cui citi Candy Candy e Lady Oscar. Quindi le cose che leggiamo o che guardiamo sono un bagaglio che ci può essere utile anche per conquistare una donna?
G. Morelli: Tutto quello che viviamo fa parte di noi e richiamare un sentimento nostalgico è sempre piacevole perché uno ha la tendenza a rivedere con una certa tenerezza quello che è stato.

D: Come hai operato sul piano della colonna sonora?
G. Morelli: Adoro ascoltare la musica in generale e per quanto mi riguarda la colonna sonora di un film è importantissima. Il film si apre con “Primavera” di Franco Ricciardi perché la primavera è un momento di cambiamento. È presente anche il brano “Abbracciame” di Andrea Sannino, canzone che ho scelto molto prima della pandemia e che in questo periodo di difficoltà è diventata un inno per Napoli. Lo prendo come un segno e spero mi porti fortuna. Ho optato pure per “Lemonade” dei di un gruppo napoletano, i Planet Funk, e altri pezzi che mi piacevano e che ritenevo funzionali alla storia.

Maria Lucia Tangorra

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